La
situazione manifatturiera attuale è molto diversa da quella di un anno fa, quando
inflazione e costi energetici rappresentavano la preoccupazione principale, accanto alla guerra in Ucraina e alle tensioni tra Cina e Usa. Oggi la geopolitica, con il
blocco del Canale di Suez, occupa la scena. L’inflazione, nel frattempo, è calata, ma i conflitti continuano a compromettere il flusso delle filiere.
Quindi in un momento di crisi congiunturali e squilibri strutturali, ci siamo chiesti: quali sono le necessità delle imprese?
Giorgio Marsiaj, Presidente dell’Unione Industriali di Torino, non ha dubbi: occorre cultura e bisogna mutuare dal Giappone un saper fare, tecnologico e organizzativo, in grado di farci recuperare produttività ed efficienza.
Gli imprenditori dovrebbero anche ‘rassegnarsi’ a managerializzare l’azienda e ad aggregarsi con gruppi più grandi, in grado di portare know how per accrescere la forza competitiva. Nessuno si salva da solo, questo il messaggio. A maggior ragione in un momento nel quale
la crisi della Germania può compromettere la performance di molte delle nostre imprese.
Inoltre, aumenta il debito pubblico, le
risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ci sono, ma devono essere spese in progetti controllabili, e dovrebbero essere utilizzate anche per aiutare le piccole e medie imprese (PMI) a fare un salto dimensionale. Il problema riguarda quindi la
conciliazione tra dimensione e adeguamento delle strutture produttive. Per raggiungere l’obiettivo si auspica una maggiore collaborazione tra sistema industriale e universitario, in modo da generare
occasioni preziose di trasferimento tecnologico.
E poi c’è il tema occupazione, che è aumentata anche quando si è fermata la crescita e, a farne le spese è la produttività:
se il numero di occupati sale quando si arresta la crescita si contrae il valore aggiunto per ogni occupato. A complicare lo scenario, la difficoltà di reperire risorse con competenze specifiche. Ma, oltre al
problema di trovare tecnici specializzati, che affligge industrie di ogni comparto, i salari si sono ridotti in temini reali. E questo contribuisce ad
aumentare le disuguaglianze.
Che cosa fare? Per ricercare la produttività perduta le sole tecnologie non bastano e, per questo
, il Piano Industria 4.0 trova una naturale evoluzione in un paradigma che mette al centro lo sviluppo umano: Industria 5.0 sposta l’attenzione su sostenibilità e sviluppo della persona. La tecnologia deve aiutare
l’essere umano a liberare la propria creatività, un aspetto particolarmente rilevante per un contesto manifatturiero che può vincere con la personalizzazione di massa. Per mansioni ripetitive,
le macchine sostituiscono il lavoro umano.
Ma ci sono compiti che richiedono giudizio, creatività e capacità decisionali basate su elementi al di fuori degli
schemi probabilistici dell’Intelligenza Artificiale (AI) che vanno ben oltre la semplice esecuzione di una routine: sono i lavoratori che esprimono queste capacità a portare innovazione e non saranno logicamente sostituibili dall’AI. Ne è ben consapevole il management di molte aziende, che
investe su giovani in grado di portare passione e creatività. Il vero motore del nostro Made in Italy.
Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 sceglie di diventare imprenditrice partecipando all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige Sistemi&Impresa e pubblica dal 2008 su Persone&Conoscenze la rubrica che ha ispirato il libro uscito nel 2009 Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie pubblicato nel 2012.Le riflessioni sul lavoro femminile hanno trovato uno spazio digitale sul blog www.dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager.