Supply chain sostenibili in cima alle priorità delle aziende
I clienti chiedono supply chain più sostenibili ma le aziende si trovano a dover fare i conti con un quadro di riferimento poco chiaro
Richieste sempre più pressanti da parte del mercato hanno portato la sostenibilità della supply chain in cima alle priorità delle imprese di tutto il mondo. È quanto emerge da un’indagine internazionale condotta da DNV GL – Business Assurance, ente di certificazione leader a livello mondiale, e dall’istituto di ricerca GFK Eurisko su oltre 2.061 professionisti che operano in aziende di diversi settori in Europa, Nord America, Centro Sud America e Asia.
Gestione sostenibile della supply chain
Quando si tratta di scegliere un fornitore o di prendere decisioni di acquisto, il 96% delle aziende tiene conto degli aspetti legati alla sostenibilità, primo fra tutti dell’impatto ambientale (56%). Salute e sicurezza dei lavoratori (51%) e aspetti economici (43%) vengono subito dopo. Si sta sviluppando un approccio strutturato: il 42% delle imprese adotta policy formali per la sostenibilità della supply chain; la percentuale sale al 57% per le aziende di grandi dimensioni.
Perchè una gestione sostenibile
L’80% delle imprese è stata oggetto di pressioni per dimostrare la sostenibilità della propria supply chain direttamente dai clienti, che si sono rivelati il gruppo di stakeholder più interessato in materia. In materia di sostenibilità della filiera, i clienti oggi esercitano un peso maggiore delle autorità (33%) e di altri stakeholder esterni, come le comunità locali (7%), le ONG (4%) e i sindacati (2%), che sembrano svolgere un ruolo marginale.
Iniziative di spicco
Sebbene la maggioranza ritenga di essere solo all’inizio, le aziende stanno già compiendo sforzi concreti per rendere più sostenibili le proprie supply chain. A oggi, l’iniziativa più comune è costituita dagli audit sui fornitori. Il 41% delle imprese dichiara di averne intrapreso uno negli ultimi tre anni. L’adozione e comunicazione di una policy ad hoc risultano piuttosto diffuse tra le grandi aziende (1 su 3). Al contrario, fra le piccole imprese, solo il 15% vi ha provveduto e il 36% non ha intrapreso alcun tipo di iniziativa. Tra settori più attivi, spicca il Food & Beverage, con il 47% delle società che ha condotto audit e il 36% che ha adottato e comunicato politiche per la sostenibilità della filiera. In media, tuttavia, le iniziative sono limitate. I due terzi delle aziende estendono le attività solo ai fornitori di primo livello, ossia a quelli da cui acquistano direttamente, senza poter esercitare un controllo reale su ciò che avviene a monte.
Principali ostacoli e vantaggi
Essenzialmente, i fattori che frenano le aziende sono due: la mancanza di risorse economiche, che non sorprende in tempi di crisi, e la mancanza di un quadro di riferimento chiaro e armonizzato. Richieste contraddittorie da parte dei clienti (22%), mancanza di consenso su come procedere (21%) e resistenze da parte della supply chain (20%) sono problemi ricorrenti. Nonostante queste difficoltà, i benefici superano i costi per il 40% degli intervistati, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento della capacità di soddisfare le esigenze dei clienti (54%).
Prospettive future
In futuro, le aziende continueranno a lavorare sulla sostenibilità delle supply chain perché si aspettano che contribuirà sempre di più al successo sul mercato, sia per soddisfare le richieste dei clienti (+2%), sia per guadagnare vantaggio competitivo (+19%), accrescere la quota di mercato (+17%) e migliorare la reputazione del marchio (+7%). Il 66% delle imprese confida di migliorare la sostenibilità della propria filiera entro i prossimi tre anni. Luca Crisciotti, CEO di DNV GL – Business Assurance, ha commentato: “Con la globalizzazione e la moltiplicazione degli intermediari, una supply chain sicura e difendibile è importante per evitare problematiche che possono incidere sulla performance dell’azienda. Sotto la spinta delle pressioni dei clienti, la sostenibilità degli approvvigionamenti sta diventando un requisito sempre più importante. Le aziende che non prenderanno provvedimenti faranno fatica a reggere la competizione.”
A che punto siamo?
Attualmente, esistono miriadi di schemi, norme e approcci per garantire la sostenibilità della supply chain. Alcuni settori – come l’automotive e l’aerospaziale – dispongono di standard qualitativi articolati che, in alcuni casi, comprendono anche aspetti di sostenibilità. Allo stesso modo, il settore degli alimentari, molto focalizzato sulla sicurezza del cibo, ha adattato alcune delle pratiche alla documentazione degli aspetti di sostenibilità delle forniture. La distribuzione alimentare al dettaglio dispone di uno schema che esamina la performance dei fornitori dal punto di vista sociale, in relazione soprattutto alle pratiche di gestione del personale e alle condizioni di lavoro. Ci sono, poi, schemi specifici di responsabilità sociale, responsabilità sociale di impresa e schemi di approvvigionamento ‘equo e solidale’ per le derrate agricole primarie. Esistono, inoltre, società di servizi che selezionano e pre-qualificano i fornitori per particolari settori (come quello dell’Oil & Gas) che stanno iniziando a includere nelle proprie valutazioni gli aspetti legati alla sostenibilità di filiera. Con una tale varietà di opzioni, le grandi aziende spesso preferiscono sviluppare standard interni, che integrano i principi contenuti in norme e direttive internazionali e specifiche proprie. Con l’aumento delle pressioni da parte degli stakeholder, uno sviluppo degli standard e delle linee guida in modo più uniforme e armonizzato è inevitabile. I primi passi sono evidenti, se si considerano i singoli settori; non dovrà quindi sorprendere l’emergere nel breve periodo di standard di settore per la sostenibilità della supply chain.
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