Robot e AI, alleati o nemici in fabbrica?
Si teme la perdita di lavoro, ma la disoccupazione è ai minimi
Se questo è lo scenario di diffusione dei robot, quali impatti possiamo attenderci dunque sull’occupazione? In che misura i robot ‘sostituiscono’ i lavoratori, aumentando la disoccupazione? Rischiamo di assistere a rivolte luddiste come quelle che, all’inizio del XIX secolo, portarono alla distruzione di molti telai in Inghilterra. L’idea che le macchine possano sostituire il lavoro umano ha origini antichissime. Già Aristotele, nel libro primo della Politica affermava: “Se ogni strumento riuscisse a compiere la sua funzione o dietro un comando o prevedendolo in anticipo […] così anche le spole tessessero da sé e i plettri toccassero la cetra, i capi artigiani non avrebbero davvero bisogno di subordinati né i padroni di schiavi”. Per 2mila anni questa è rimasta una curiosa fantasia, fino a quando la Prima Rivoluzione industriale (e poi le successive) ne hanno avviato la potenziale realizzazione. John Maynard Keynes, in un discorso letto agli studenti del Winchester College nel 1928, introdusse il concetto di disoccupazione tecnologica: “Abbiamo contratto un morbo, la disoccupazione tecnologica. Scopriamo sempre nuovi sistemi per risparmiare forza lavoro, e li scopriamo troppo in fretta per riuscire a ricollocare quella forza lavoro altrove”. Keynes ipotizzava che – entro un secolo – gli orari di lavoro potessero ridursi a sole 15 ore settimanali. Naturalmente ciò, almeno fino a oggi, non è avvenuto, in quanto l’aumento di produttività (che pure è stato circa il doppio di quello ipotizzato dall’economista britannico) è sfociato nella crescita esponenziale delle produzioni (sia in quantità sia, soprattutto, in creazione di nuovi prodotti), piuttosto che nella riduzione dell’impiego di manodopera a parità di quantità prodotte: tra il 1700 e il 2008 il Prodotto mondiale è cresciuto di 137 volte, a fronte di una crescita della popolazione di ‘solo’ 11 volte circa, il che significa che la produzione di ricchezza pro capite è aumentata di un fattore moltiplicativo pari a 12.Nicola Costantino (Bari, 1951), ingegnere, è Professore Ordinario di Ingegneria Economico Gestionale presso il Politecnico di Bari, del quale è stato Rettore dal 2009 al 2013. Autore di circa trecento pubblicazioni a carattere internazionale e nazionale, prevalentemente sui temi del Supply chain management e del Construction management, ha svolto attività di ricerca e didattica in Usa, Regno Unito, Danimarca, Spagna, Cina. In qualità di Direttore tecnico di una delle maggiori imprese generali di costruzioni italiane, ha curato la realizzazione di importanti opere di ingegneria industriale e civile in Puglia e Basilicata (centrale Enel di Brindisi Sud, numerose centrali telefoniche, centri di meccanizzazione postale, nuova chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, ecc.). È stato consigliere di amministrazione di Tecnopolis Novus Ortus e del Centro Laser di Bari. È stato Amministratore Unico di Acquedotto Pugliese Spa dal 2014 al 2016 e Presidente del Consiglio di Amministrazione di Retegas Bari Spa dal 2016 al 2021. Attualmente è componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.