In un sistema industriale che cambia pelle, diventa necessario anche
rivoluzionare i processi che stanno alla base dell’organizzazione aziendale. Nelle imprese deve entrare una nuova prospettiva, senza la quale la tecnologia rischia di essere inutile o non sfruttata appieno. Proprio di questo, oltre che delle potenzialità delle nuove tecnologie, si è parlato durante
la tappa torinese 2019 di FabbricaFuturo, il convegno promosso dalla casa editrice ESTE e dalla sua rivista
Sistemi&Impresa rivolto a tutti gli attori del mercato manifatturiero.
Si parte da una domanda: “Le rivoluzioni tecnologiche che stanno coinvolgendo tutti i settori del mondo imprenditoriale, dal Manufactoring al Food, sono
una necessità o un’opportunità?“. Mentre ormai si sta diffondendo la convinzione che sia un bisogno affrontare questi cambiamenti per poter competere sui mercati internazionali,
c’è ancora tanto lavoro da fare per far emergere quali sono le opportunità e le potenzialità di questi cambiamenti.
L’innovazione è un modo di essere di tutta l’azienda e la tecnologia è solo uno strumento. “Il male del nostro sistema – spiegano
Alfio Nucifora, Head of innovation di Var Bms, e Lorenzo Marinaccio, Partner Var Bms – è la bassa produttività e quindi la scarsa propensione all’investimento.
Le tecnologie smart consentono di efficientare i processi, un percorso che porterà l’azienda dallo stato attuale a quello di impresa intelligente perché si gestiscono tutti i processi, non solo la produzione”. La domanda più comune, che spaventa molti, è
quanto costi tutto ciò e quale sia il reale ritorno dell’investimento. “Conviene investire massicciamente perché così si riescono a tenere bassi i costi. Ma non si deve necessariamente comprare tutta la linea nuova, ci sono strumenti evoluti che rendono le macchine smart e sono più economici. Per questo conviene farsi accompagnare in un percorso di crescita che analizzi le necessità”, aggiunge Nucifora.
Allineamento tra processi e tecnologie
Dello stesso avviso,
Enrico Barbato, Senior consultant di Considi, che considera fondamentale
l’allineamento tra processi e tecnologie nell’era 4.0. Un esempio? Nella fabbrica dove si produce la Model 3 di Tesl,a il visionario imprenditore Elon Musk ha dovuto ammettere un suo errore: c’è troppa tecnologia e questo limita la produzione a meno vetture di quante si ci aspettava. “Prima della tecnologia, bisogna rendere stabili i processi. Se non si contagiano le persone alla riduzione dello spreco si rischia di vanificare gli sforzi.
Il lean thinking è un attivatore dell’industry 4.0″.
Quindi, conferma il
Fondatore di Techmass, Andrea Massenz, “la tecnologia non è rimozione del cartaceo ma
revisione dei processi. Se non si fa questo si rischia solo di ‘tecnologizzare’ gli sprechi”.
Una cultura diversa che
Pwc sta sostenendo attraverso la Fondazione Ergo che con il
progetto BellaFactory che vuole promuovere un modello di fabbrica inteso come posto sicuro, pulito, coinvolgente in cui lavorare bene e che ponga le risorse umane al centro del processo produttivo. BellaFactory è un programma di audit e certificazione volontaria degli stabilimenti i cui criteri si basano si benchmark internazionali.
Una filosofia cui crede
Reda, specializzata nella produzione di tessuti in lana Merino per l’abbigliamento maschile, tanto da aver scritto a caratteri cubitali sul suo stabilimento
“Il cambiamento è inevitabile”. Un cambiamento che è di mentalità, di metodo operativo e di menagement aziendale. E anche la consapevolezza etica diventa uno stimolo per fare innovazione attraverso il Corporate social innovation. “Le aziende che non si occupano del propri lavoratori e della loro formazione devono essere trattate come le imprese che inquinano, quindi quelle che lo fanno devono avere incentivi”, è convinto
Andrea Donegà, segretario generale Fim Cisl Lombardia.
La sfida è governare i dati
Mentre le persone restano fondamentali in ogni passaggio, la risorsa più preziosa sia per i processi sia per i prodotti è rappresentata dai dati. “
Dati che devono essere sicuri, perché se l’azienda è una porta aperta non servono e, anzi, si rischia che chiunque possa usarli”, sottolinea
Marco Stangalino, sales specialist IoT di Cisco. La sicurezza è proprio una delle tre caratteristiche essenziali per diffondere la tecnologia in impresa, insieme alla scalabilità e alla gestione della complessità. “Sono 30 anni che facciamo reti eppure abbiamo dovuto rivedere nostre basi con Industria 4.0 – dice Stangalino – Un esempio è la capacità di calcolo che viene polverizzata e diffusa”. Per questo diventa fondamentale la
personalizzazione dei sistemi: non ci sono soluzioni
plug and play.
“Connettere la macchina e raccogliere dati non è l’arrivo, ma il punto di partenza per conoscere meglio i nostri processi. Non è più tempo della ricerca di base sull’Intelligenza Artificiale, ma dell’implementazione. Siemens ha investito molto in soluzioni scalabili che si possono poi ulteriormente rendere precise grazie ai propri dati”, afferma
Edoardo Bricchi, Portfolio Development Manager Siemens Italia.
Tania Cerquitelli, Professore associato presso il Dipartimento di Automazione e Informatica del Politecnico di Torino analizza proprio i modi per estrarre valore dai dati. “Uno dei problemi principali è l’etichettatura dei dati. Gli algoritmi di Machine learning servono a
dare valore ai dati ma poi questi stessi dati vanno spiegati per reagire di conseguenza. Su questo passaggio è possibile creare ulteriore valore. Sapere che la macchina si romperà non serve se poi non si sa perché e come intervenire”.
Un caso di applicazione pratica di questo approccio è l’azienda
Bausano & Figli, arrivata oggi alla terza generazione, che progetta e produce linee di estrusione per le materie plastiche e rientra nel gruppo di aziende manifatturiere italiane che, con successo, stanno implementando un
processo di digitalizzazione. “Se si vuole innovare il prodotto si deve partire in casa dal processo, così si ha già una mentalità pronta e il prodotto si rinnova più facilmente. Noi l’abbiamo fatto in un tempo breve, un anno e mezzo”, conferma il
Vice Presidente, Clemente Bausano.