Coeclerici è una società saldamente presente sul mercato dal 1895, tuttora guidata dalla famiglia Clerici. Il Gruppo opera in 4 settori: Trading, Mining, Shipping e Logistics. L’azienda dunque, tra le varie attività, acquista e vende carbone e risale a tre anni fa l’acquisizione di una miniera in Russia, dalla quale viene estratto circa il 20% del carbone che poi viene venduto. L’azienda, il cui headquarter è a Milano, è presente con 12 sedi nel mondo e, per supportare un processo di internazionalizzazione e crescita, ha avviato un processo di centralizzazione e standardizzazione delle procedure indispensabile per garantirsi il giusto controllo. Il tutto è partito dalla ristrutturazione dei processi collaborativi dell’area documentale. DocFlow il partner di riferimento. Abbiamo incontrato Mauro Gandolfi, Information Technology Manager del Gruppo che ci ha raccontato di come lo sviluppo tecnologico stia supportando la crescita del business del gruppo.A cura di:Chiara LupiCoeclerici è una realtà in crescita, ci può raccontare da dove siete partiti per immaginare uno sviluppo tecnologico a supporto del vostro business?Abbiamo acquisito varie aziende nel mondo e questo ha portato la nostra realtà a interrogarsi. Siamo partiti dalla necessità di integrare i sistemi informativi. Fino al 2009 ogni sede del nostro gruppo si autogestiva. Ognuno aveva il proprio sistema contabile, i propri server e persone che si occupavano della gestione. Nel 2009 si è deciso invece che Milano doveva essere il fulcro di tutta la distribuzione dei servizi informatici per tutte le sedi del mondo.
Per tutte le aziende, a maggior ragione per quelle che operano su scenari internazionali, è indispensabile lavorare con una logica di snellimento ed efficientamento dei processi interni.
La collaborazione con DocFlow parte da qui?
Le esigenze erano legate a due fattori principali: l’efficienza e il controllo. Il fatto che ogni sede avesse applicativi differenti generava un ‘caos informatico’. Si è allora deciso che il governo centrale dovesse partire dalla sede di Milano e da qui dovevano partire gli input per seguire alcune regole. Per far questo si è dovuto lavorare per step e la prima cosa da fare è stata esternalizzare l’infrastruttura e i nostri server. Garantire un servizio a Russia, Singapore o Miami considerando i differenti fusi orari significava o avere qui persone h24 oppure esternalizzare il servizio a chi poteva garantire l’help desk. Quindi abbiamo esternalizzato con una logica precisa: il fornitore deve garantire la funzionalità degli apparati server gestiti in outsourcing, mentre l’azienda ha la proprietà di tutti gli applicativi. Ulteriore motivazione che ci ha portato a intraprendere questo percorso, oltre alle esigenze di controllo e certificazione del dato, è stata la volontà di condivisione delle informazioni e la facilità di reperimento delle stesse.
I vari step di implementazione hanno seguito la logica di uniformità e integrazione…Siamo partiti dall’installazione di un sistema per virtualizzare tutti i server e questo consente a tutte le sedi di collegarsi con l’Italia per avere un desktop virtuale e poi abbiamo installato Oracle: perché tutte le società del gruppo e tutti gli uffici del gruppo potessero utilizzare un unico gestionale, uguale per tutti. Questo per avere procedure uguali, metodologie di inserimento di note spese identiche, piano dei conti univoco e certificazione del dato. L’unico modo era avere un sistema centrale, controllato dalla sede principale, ma usato da tutti.
Questo per quanto riguarda l’impianto infrastrutturale. Ma i processi collaborativi?Rispetto a questo, a seguire, abbiamo fatto la seguente considerazione: pur con un gestionale innovativo, tutta la documentazione delle fatture (attive e passive) era gestita autonomamenente dai vari uffici. Abbiamo cercato quindi di capire cosa faceva il mercato in termini di distribuzione e ricezione della comunicazione. E ci serviva qualcosa che si legasse a doppio filo con il nostro sistema Oracle ERP.
E qui immagino entri in scena DocFlow…Infatti. Con DocFlow abbiamo iniziato un progetto per poter digitalizzare le fatture passive (il primo progetto è partito da qui): con un sistema di codici a barre riprodotto sul documento, che si rifà a un riferimento del nostro Erp, con un passaggio di metadati notturno, siamo riusciti a legare la registrazione della prima nota in Oracle alla scansione della fattura vera e propria. Da qualsiasi punto si sta lavorando è possibile richiamare la fattura, legata alla registrazione che si sta visualizzando o inserendo. Questo è un progetto che è partito con le sedi italiane del nostro Gruppo.
Poi?
Questa prima implementazione ci ha portato a considerare che avremmo potuto ricevere dall’estero tutta la fatturazione dei vari uffici dislocati, per avere dalla nostra sede centrale in Italia la possibilità di visualizzare in qualsiasi momento della giornata la situazione fatture – e qui torniamo alle esigenze di controllo –. Prima, per avere una fattura, dovevamo attendere la trasmissione di un documento via fax, che non poteva essere legato ad alcuna registrazione, o via mail, anche in quel caso di difficile condivisione e con un dispendio di tempi notevole. In questo modo abbiamo realizzato questo tipo di integrazione, in tutte le nostre sedi.
Il ripensamento del disegno dei processi è dunque partito dall’area documentale. Chi gestisce tutto questo?La responsabilità del sistema informativo è in capo a me e la complessità è tanta. C’è una persona che ha la responsabilità dell’help desk e poi io ho la responsabilità dei sistemi informativi del gruppo. Tutto il resto è demandato all’esterno. Quando c’è un disegno che prevede di uniformare processi e tecnologie in diverse sedi nel mondo, parliamo di un progetto che non può essere governato da più teste.
Quando avete iniziato a fare queste valutazioni?I primi studi risalgono al 2007 e i primi step si sono realizzati nel 2009.
Uniformare tutte le procedure in tutte le sedi non deve essere stato facile…Mentirei se le dicessi il contrario… Fortunatamente la persona che sponsorizzava il cambiamento era Giacomo Clerici, che si è battuto per far sì che le persone comprendessero il cambiamento e lo applicassero.
La gestione del cambiamento è uno degli aspetti più complicati…Abbiamo passato un primo anno molto difficile. Le persone che da 15 anni usavano lo stesso sistema hanno avuto difficoltà di adattamento, visto che il sistema precedentemente era stato sviluppato internamente e costruito sulle esigenze dell’azienda. Era un gestionale su misura. E un Erp come Oracle che copre fasce di aziende molto ampie, non è stato facile da calare all’interno di una realtà come Coeclerici.
E l’integrazione con le soluzioni DocFlow?Questo aspetto è stato più semplice. Primo perché l’azienda ha compreso i nostri desiderata molto velocemente. La soluzione DocFlow è stata progettata per adattarsi in maniera totalmente aderente ai nostri processi interni e questo ha generato una bassissima ‘conflittualità’. La flessibilità di questi strumenti ne facilita l’adozione poiché vengono modellati sui processi aziendali.
Possiamo parlare della medesima semplicità di adozione anche nelle sedi estere?Ci siamo accorti che anche all’estero c’è stato un adattamento semplice all’utilizzo di DocFlow nel senso che, dove c’erano difficoltà di catalogazione oggi, con semplici operazioni di scansione, abbiamo a disposizione l’archivio di documenti che un tempo erano ‘sparsi’ all’interno di File System. La registrazione della prima nota in Oracle dà l’input alla soluzione DocFlow rispetto a ‘dove’ questo documento dovrà essere archiviato.
Il primo impatto è di solito organizzativo. Come avete lavorato sulle persone per formarle e adattarle al cambiamento?Il ripensamento dell’organizzazione interna è stato il motore di queste scelte. E formare le persone non è stato semplice. Non ci si deve dimenticare che i nostri interlocutori erano persone fortemente orientate ad usare la carta e restie a cambiare abitudini. Abbiamo cercato di far capire loro che avere un foglio di carta sulla scrivania o un’immagine sullo schermo non sarebbe stato poi così diverso. Anzi! Sarebbe stato più facile condividere i documenti e, soprattutto, si sarebbero semplificate tutte le procedure.
In un primo momento, cos’è cambiato?Innanzitutto la fattura non arriva più dove è stato fatto l’ordine ma direttamente in amministrazione. L’amministrazione poi dovrà farne una scansione in modo da creare il legame con il sistema documentale. Ci sono passaggi obbligatori, registrazione e scansione al fine di abilitare la correttezza delle procedure ed evitare l’arresto del processo.
Abituare le persone al cambiamento non è facile, in un primo momento si passano fasi problematiche…Sì, ma dipende anche molto dall’azienda, perché se l’azienda non è forte e non impone un processo, e le metodologie scelte, non si possono fare passi avanti. Il processo deve essere top down. Ci abbiamo impiegato due anni ma questi processi hanno un impatto solo su una parte dei nostri dipendenti, 936 in tutto; solo 200 sono infatti le persone divise nei vari uffici nel mondo che sono state toccate da questo cambio organizzativo.
La dematerializzazione lungo tutto il ciclo di vita del prodotto ‘documento’ porta con sé esigenze legate alla compliance, soprattutto se si opera su scala internazionale. Come si è affrontato e risolto il problema?In questo momento abbiamo deciso con DocFlow di limitarci alla legislazione italiana: la conservazione sostitutiva che ci permetterà di eliminare il documento cartaceo rispetta quindi l’aderenza alla normativa italiana. Naturalmente stiamo valutando anche la possibilità di centralizzare il processo di conservazione sostitutiva, che segue normative differenti nei diversi paesi.
Quando si sviluppano queste soluzioni, supportando i processi collaborativi, queste si rivelano un sostegno allo sviluppo del business. Cosa ci può dire?L’effetto principale è il controllo: siamo riusciti a ottenere un controllo effettivo sul lavoro delle sedi estere dove prima ricevevamo report mensili su quello che era l’andamento dell’azienda mentre oggi accendiamo il pc e in tempo reale visualizziamo la situazione. Oltretutto questo ci consente di superare le difficoltà legate alla mobilità delle persone che nel sud est asiatico, ad esempio, è elevatissima. Con processi standardizzati, che limitano l’interpretazione individuale, possiamo contare su una reportistica più affidabile. Oggi abbiamo un sistema uguale per tutti e tutto questo abilita anche la certificazione del dato. Tutto questo rappresenta un vantaggio notevole per il management che può contare su un cruscotto molto semplice che fornisce dati certi, sulla base dei quali è possibile disegnare delle strategie e costruire degli scenari
Quali altri progetti avete in cantiere?Sul ciclo attivo abbiamo fatto un lavoro di generazione delle fatture attive e di conservazione e archiviazione direttamente da Oracle. Inoltre, abbiamo un progetto non ancora partito legato alla fatturazione elettronica. Vorremmo dare ai nostri clienti la possibilità di scaricarsi la fattura direttamente da un portale che rendiamo disponibile attraverso il database di DocFlow. I cambiamenti tecnologici devono avere una forte sponsorship e, fortunatamente, la famiglia Clerici ha capito che l’It supporta il business dell’azienda e ora lavoriamo per velocizzarlo.
Tra le prossime attività, quali possiamo citare?Pratiche Iso, riorganizzazione dell’archiviazione dei documenti dell’ufficio legale. L’idea è dare strumenti di servizio che non snaturino il modo di lavorare delle persone ma che riescono a dare un sistema ordinato. L’obiettivo è informatizzare tutte le varie divisioni. Per la parte commerciale standardizzare anche l’approvazione alle varie offerte, in modo da costruire uno strumento di storicizzazione delle informazioni.
L’obiettivo è fornire ai decisori dati certi. È così?Esattamente. Deve arrivare sul tavolo di chi decide un dato certo e noi abbiamo agevolato la soluzione del problema.
Nel sentirla raccontare non avverto il problema di molti responsabili dei sistemi informativi che devono ‘vendere’ i progetti di innovazione prima di tutto ai CEO. In questa azienda percepisco esserci una forte sponsorship da parte della proprietà e questo è un fatto molto positivo, se pensiamo che portare innovazione all’interno delle imprese familiari, non è un fatto semplice…Mi rendo conto della difficoltà, ma questa è un’azienda gestita con grande lungimiranza e, soprattutto, il mio superiore diretto, Giacomo Clerici, è un innovatore appassionato di tecnologia. Da quanto sto raccontando si intuisce che non avvertiamo due problemi di cui lei ha accennato nella sua domanda: il passaggio generazionale e il processo di adozione di tecnologie innovative.
Dal suo punto di vista, come è cambiato il suo modo di lavorare e come affronta il futuro della sua azienda ora che può contare su una piattaforma che sostiene il business in modo proattivo?I passi che abbiamo compiuto hanno rappresentato un forte trampolino che apre il mondo a una possibilità di Unified Communication per avere sotto controllo non solo i dati ma anche quello che le persone fanno all’interno dell’azienda. I tempi che vengono impiegati nell’esecuzione dei processi si sono snelliti e puntiamo a snellirli ulteriormente. Garantire dall’Italia la fruizione dei servizi è fondamentale: nel momento in cui ho un modello ben definito e funzionante in Italia sono certo che sarà funzionante anche all’estero. E tutto questo mi consente di avere a disposizione strumenti che mi permettono di guardare con maggiore lucidità a quello che sarà il futuro dell’azienda.