Reti e Tlc abilitatori dell’Impresa 4.0, serve maggiore fiducia nel digitale
L’Industria 4.0 trova il suo fondamento nelle connessioni e nell’analisi dei dati. Connettività, disponibilità e certezza di banda rappresentano il presupposto per portare le aziende a intraprendere un percorso di ‘trasformazione digitale’ e per affrontare l’aumento di dati e delle applicazioni per gestirli, che devono sempre essere disponibili. L’interconnessione tra macchine, persone e informazioni, all’interno della fabbrica e lungo tutta la catena del valore garantisce l’aumento della competitività del nostro comparto manifatturiero, per questo la connettività rappresenta un fattore di successo determinante.
Questo scenario presuppone quindi una disponibilità di banda per accedere ai servizi sempre maggiore, più affidabile e sicura. Eppure l’Italia, secondo recenti statistiche, si posizione al 25esimo posto, su 28 Stati membri, per indice di digitalizzazione ed è al 61esimo posto nel mondo per velocità media di connessione. A maggio 2017 è emerso che solo il 2% dei numeri civici italiani viaggia in Rete a 100 Megabit al secondo (Mbps) in download, mentre il 30% naviga a 30 Mbps; il 41% rientra nei bandi di gara pubblicati nel 2017 e il 28% è ancora scoperto. Di questo passo, nel 2020 l’11% dei civici sarebbe ancora senza fibra e il 48% a 30 Mbps.
Persino Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico, ha ammesso di recente che a questi ritmi è impossibile raggiungere gli obiettivi di Governo sulla banda larga entro il 2020. A fine settembre 2017, però, il Senato ha approvato il Disegno di legge che stanzia quasi 100 milioni di euro, dal 2017 al 2023, per i piccoli comuni, quelli che contano su meno di 5mila abitanti o che sono situati in territori montani o rurali, finanziando tra l’altro la diffusione della banda larga. “È necessario avere la consapevolezza che la digitalizzazione è necessaria per lo sviluppo del business e che servono per questo investimenti mirati, come per i data center perché se così non fosse il rischio è che le infrastrutture diventino un ostacolo all’investimento”, commenta Alberto Degradi, Senior Manager di Cisco.
Le PMI e la scarsa fiducia nel cloud
Il digitale ha cambiato il paradigma della Rete e le esigenze dei CIO, come spiega Degradi: “Oggi è necessario avere una Rete solida perché il traffico video, voce e dati passa attraverso di essa e nel prossimo futuro saranno molti gli aspetti da non sottovalutare. Prima di tutto, i device connessi alla Rete wi-fi supereranno sempre di più quelli connessi alla Rete fissa. Così come si prevede che nel 2020 ogni ora 1 milione di device effettueranno una connessione come conseguenza dello sviluppo dell’IoT. Crescerà quindi la necessità di usare il cloud come estensore della Rete. L’aumento del numero di oggetti connessi poi mette a rischio la sicurezza”. I dati raccolti dall’Osservatorio Cloud e ICT as a Service del Politecnico di Milano sostengono la tesi di Degradi. Secondo una recente ricerca sono in aumento le aziende italiane che scelgono il cloud. Il valore del mercato nel 2017 dovrebbe raggiungere quasi 2 miliardi di euro, crescendo del 18% rispetto al 2016. L’incremento più consistente riguarderà il cloud pubblico, ossia quello proposto da player come Amazon Web Services, Microsoft Azure, Google, ecc., e quello ibrido, la cui somma arriverà a valere 978 milioni di euro, il 24% in più rispetto all’anno scorso. Il ricorso al virtual private cloud, cioè l’esternalizzazione delle infrastrutture su porzioni dedicate di cloud pubblico, quest’anno varrà 520 milioni di euro, mostrando una crescita del 16%. Ma, come sottolinea Daniele Ferrari, IoT e Digital Transformation Area Manager di Beta 80, un ostacolo all’‘avanzata’ verso il cloud potrebbe essere la scarsa fiducia delle PMI nei confronti dei player più importanti: “Spesso le sedi delle aziende sono periferiche e questo porta a subire un digital device rispetto alle aree urbane. C’è un problema culturale che spinge le PMI a rivolgersi al system integrator locale e a non comprendere l’importanza di uscire dalla propria comfort zone”. Secondo Ferrari, inoltre, altri limiti sono la scarsa cultura digitale e l’incapacità di comprendere che Industria 4.0 significa anche investimenti a lungo termine: “Non c’è cambiamento se si pensa solo ai finanziamenti, ma è anche vero che i contributi statali servono per supportare l’infrastruttura, strumento e abilitatore dell’industria digitalizzata”. Del resto, anche il Governo ha lanciato un messaggio analogo alle aziende quando è stata presentata la seconda fase del Piano Calenda. Il pilastro dell’Impresa 4.0 infatti è la formazione delle risorse già inserite in azienda, così come lo sviluppo delle nuove leve. Cisco, con la sua Academy, sta conducendo un percorso di formazione che ha lo scopo di ‘rendere digitali’ 100mila studenti in tre anni: “Sono i giovani il volano del cambiamento. A un anno dall’inizio di questa nostra avventura abbiamo già 60mila ragazzi pronti a entrare in azienda e una buona percentuale ha già trovato impiego perché l’Academy punta sulla multidisciplinarietà”, racconta Degradi.La sicurezza dei dati e la formazione
Uno dei timori maggiori delle organizzazioni è tenere in sicurezza i dati, paura che frena l’accesso al cloud. E non è una peculiarità italiana, né una remora esclusiva dei piccoli imprenditori, se si pensa che persino un colosso come Nintendo ha dichiarato di recente di essere ancora insicuro sull’uso del cloud: “La garanzia di sicurezza è un altro abilitatore del cambiamento. La Rete deve garantire integrità, disponibilità e riservatezza del dato”, ha commentato il Manager di Beta 80. Oltre all’infrastruttura, poi, è necessaria la formazione del personale sul tema perché i recenti attacchi informatici hanno messo in luce che è l’uomo l’anello debole della catena per la garanzia della sicurezza: “Uno strumento per arginare gli errori umani è dotarsi di una policy interna chiara e puntuale, così come automatizzare i processi, grazie all’intelligenza artificiale”. Ferrari concorda con quest’ultima affermazione del Manager di Cisco: “L’Intelligenza Artificiale farà la differenza in tema sicurezza perché, nel prossimo futuro, lasceremo agli automi il compito di gestire ‘l’ordinaria amministrazione’, consentendo alle persone di essere impegnate in compiti a maggior valore aggiunto”. Per ovviare al problema della sicurezza, Cisco ha lanciato una nuova generazione di Reti in grado di auto-apprendere e sviluppare progressivamente e continuamente nuova conoscenza: “Sono Reti che più vengono utilizzate più sono in condizione di rispondere in modo intuitivo, prevedendo e prevenendo i fenomeni”, spiega Degradi.Lo sviluppo delle reti Lpwan
Tornando alla ‘questione geografica’ delle Reti e al conseguente digital device, il Governo è intervenuto per coprire con la banda larga anche le cosiddette ‘aree bianche’, ossia quei territori che per conformazione o per una distribuzione poco omogenea di imprese non attraggono investitori privati. Il Mise ha aperto la consultazione pubblica per il terzo bando Infratel sino al 31 ottobre 2017 per la copertura a banda ultralarga di Calabria, Puglia e Sardegna. In parallelo allo sviluppo della banda larga, inoltre, Ferrari fa notare che si stanno sviluppando tipologie di Reti Lpwan funzionali per l’IoT perché richiedono bassi consumi e ridotta velocità di trasferimento dati: “Con lo sviluppo della domotica e delle smart city si aprono nuovi scenari in Italia. In altri Paesi, come la Francia e la Germania, le reti Lpwan sono già molto diffuse. Da noi è ancora un mercato intatto che potrebbe aprire le porte a nuovi operatori”. Il Manager di Beta 80 elenca una serie di applicazioni di questa tecnologia come i sensori installati nell’asfalto in grado di ‘leggere’ la presenza di un’automobile in sosta vietata, per esempio in un’area riservata ai disabili. “Un altro ramo in fase di sviluppo è la tecnologia wearable con grande impatto sui temi della sicurezza sul lavoro”, sottolinea Ferrari. In tema smart city, Degradi pone l’accento, invece, sul cosiddetto ‘Fog computing’, un nuovo paradigma tecnologico per supportare al meglio le nuove applicazioni come autoveicoli a guida autonoma, sistemi di monitoraggio remoto dei pazienti, droni per le consegne a domicilio, illuminazione adattiva di strade e abitazioni. Tutto ciò sfruttando un’infrastruttura di calcolo pervasiva che si compone di elaboratori ad hoc, router e dispositivi personali come gli smartphone. Questo approccio permette di diminuire il consumo di banda negli ambienti IoT, sfruttando una struttura distribuita. Il ‘Fog computing’ può essere considerato come una Rete parallela a quella pubblica, che permette agli utenti di accedere a risorse e potenza di calcolo anche senza passare attraverso una connessione internet.La paura dei robot è un problema culturale
Altra frontiera della sensoristica è l’applicazione sui robot, anche se la robotica, soprattutto di tipo collaborativa non ha ancora preso molto piede in Italia, soprattutto per la questione della perdita dei posti di lavoro: “È indubbio che nel nostro Paese c’è un preconcetto nei confronti dell’uso dei robot nelle fabbriche, perché spaventa immaginare un umanoide al posto di un addetto su una catena di montaggio. Intanto però si perde di vista che non è l’automazione degli stabilimenti che causerà la perdita di posti di lavoro, ma è l’automazione dei processi il vero nodo da sciogliere. Si pensi alle banche e alle assicurazioni, dove molti addetti sono già stati licenziati”, dice Ferrari. Una soluzione per risolvere la questione lavoro, secondo Degradi, c’è ed è sotto i nostri occhi: “Sarebbe opportuno valorizzare le numerose start-up innovative che nascono in Italia e che vengono vendute all’estero, quando potrebbero aiutare le nostre aziende nel passaggio al digitale”.Elisabetta de Luca, laureata in Lettere moderne all’Università “Federico II” di Napoli. Ha frequentato la scuola di Giornalismo di Napoli. Giornalista professionista. Collaboratrice e blogger per L’Huffington Post. Ha lavorato per testate cartacee e online, per la Rai e per Sky.
Cisco, cloud, connettività, Digital Transformation