Quando la politica rinasce dall’impresa
Intervista a Paolo Vitelli, Presidente Azimut-Benetti
di Luca Papperini
Fa sognare i suoi clienti su yachts che prendono il mare come fossero lussuose ville galleggianti. È a capo del più prestigioso gruppo privato al mondo nella nautica da diporto. I suoi cantieri, ad Avigliana, cubano più di 45 modelli di imbarcazione compresi dai 10 ai 100 metri.
Da imprenditore conosce bene la forbice che separa le politiche economiche da quelle aziendali. Da politico si batte perché occuparsi della cosa pubblica diventi una missione prima che una professione.
È Paolo Vitelli, Presidente del Gruppo Azimut Benetti, società che si è sviluppata rapidamente e con continuità, fino a diventare il primo cantiere al mondo nella produzione di yachts a motore. Attiva dal 1969, da allora è rimasta un’azienda di proprietà famigliare.
Paolo Vitelli ci accompagna in un viaggio nell’Italia di oggi, al palo sulle politiche industriali ed energetiche, ma eccellente in settori quale l’alimentare, il fashion, il design. Ecco la visione di un imprenditore che crede in un cambiamento possibile solo partendo dal sistema di valori su cui è cresciuto e che lo ha premiato.
Lei è Presidente del Gruppo Azimut-Benetti e Deputato nelle liste di Scelta Civica con Monti per l’Italia, responsabile di Scelta Civica per le Attività Produttive e lo Sviluppo. Quale l’analisi di questo periodo economico?
L’economia italiana è in grave crisi da diversi anni. Per quanto riguarda l’esercizio corrente, si auspica una lieve crescita del Pil nell’ordine dello 0,5%. In questa situazione a soffrire sono imprenditori e lavoratori che vedono gravi colpe e responsabilità dello stato. Per tentare di colmare questo gap tra politica e industria ho deciso di entrare in politica; l’ho fatto per cercare di portare un piccolo cambiamento. Ad oggi non mi sento ancora degno di meritare il titolo di onorevole. Lo sarò solo nel momento in cui il mio contributo al cambiamento di questa Italia sarà sensibile.
Recenti studi di GEA – Fondazione Edison, hanno dimostrato che la bilancia commerciale italiana complessiva con l’estero è tornata in surplus dopo vari anni. In particolare lo è oggi per i prodotti industriali manufatti. Quale l’elemento trainante nello scenario del comparto manifatturiero italiano?
È vero che la bilancia dei pagamenti è tornata in attivo di poco meno di 30 miliardi, ma è anche vero che questo avviene per effetto di un vistoso calo delle importazioni e una leggera crescita delle esportazioni. Il mercato interno è stagnante e non riesce ad assorbire la domanda di prodotti dall’estero. L’export rimane così l’unica valvola di sfogo dell’economia italiana. Nel comparto meccanico vantiamo un talento che oggi è l’elemento più qualificante e finanziariamente più generoso per l’industria italiana. La triade ‘food, fashion, design’ rimane l’aspetto più visibile dell’esportazione: un triangolo che non fa grandi numeri ma che concorre a costruire il concetto di Made in Italy.
Questo settore vale oggi qualcosa come 2 miliardi euro. La produzione crea ancora un indotto molto importante, con 30-40 mila persone occupate nell’industria nautica. Il potenziale valore che il comparto potrebbe offrire oggi alla ripresa sarebbe più importante se solo in Italia ci fosse una visione più strutturata dello sviluppo turistico.
È da un decennio che denunciamo l’assenza di un vero Sistema Paese. La dipendenza energetica e la pressione fiscale alle stelle sono alla base delle debolezze di questa Italia. È evidente che da qualche parte il meccanismo continua a incepparsi…
Dove?
In Italia manca una visione d’insieme che includa una politica industriale, energetica e dei trasporti. Negli ultimi 20 anni abbiamo solo adottato singole azioni svincolate da un vero piano organico. È quello che è accaduto con le energie rinnovabili.
Il motivo per cui in Italia il costo del gas è tre volte superiore a quello degli Stati Uniti dipende da questa visione strabica.
Per creare una crescita vera la politica dovrebbe pensare a un piano strutturato che rimetta in pista l’economia accrescendo la competitività dei prodotti italiani sui mercati esteri.
Se per l’industria e i trasporti organizzare un tavolo di lavori sembra un’impresa meno gravosa, per l’energia risulta una ‘mission impossible’. L’Italia è un Paese con scarse risorse energetiche naturali. Come fare?
L’Italia è ancora ricca di risorse, ma il lavoro di estrazione del petrolio e del gas è un vero rebus burocratico per le società energetiche che decidono di operare in aree come la pianura padana, l’Adriatico e in alcune regioni del Sud. È necessario rinegoziare i contratti a lungo termine con Russia e nord Europa e rendere più efficiente il trasporto dell’energia dall’estero attraverso una nuova rete di pipeline.
Le imprese si aspettano risposte dalla politica: ormai, come i cittadini, credono che i politici non siano nelle condizioni di soddisfare le esigenze di ricrescita della domanda interna e dell’occupazione. Vorrei un commento da imprenditore e un altro da politico…
L’imprenditore ha dalla sua tutti gli svantaggi di un sistema Paese che non funziona. Gode solo di un privilegio: il Made in Italy, sinonimo nel mondo di qualità ed eleganza. Ma tutto questo non basta. L’imprenditore talvolta non ha scelta se non quella di delocalizzare causando il dissanguamento del sistema produttivo. La risposta della politica dovrebbe puntare a una riforma del Lavoro e della Giustizia, e alla sburocratizzazione del sistema statale.
Il Paese chiede interventi concreti. Per le aziende: ho depositato una proposta per ridurre l’IRAP di 10 miliardi di Euro. Per il taglio della spesa pubblica: ho firmato una proposta di legge per ridurre del 30% l’indennità conferita a deputati e senatori e abbattere di 20 milioni le risorse in dotazione ai gruppi parlamentari. Il primo obiettivo è trasformare l’attività politica in una missione.
Abbandoniamo la politica e ritorniamo all’impresa. Quali sono le richieste più bizzarre dei suoi clienti?
La barca esprime tutta la personalità per un uomo di successo. È come la piramide del faraone. Nella barca il proprietario mette parte del suo cuore e delle sue passioni. Un produttore di birra ha voluto il suo yacht di color ambra per renderlo più simile possibile a un boccale di birra con tanto di spuma. Un altro ha voluto un forno a legna per fare la pizza. Un altro ancora una camera refrigerata per mantenere freschi i fiori recisi. Questi sono piccoli sfizi che si possono permettere i grandi ricchi. Noi costruttori italiani abbiamo la flessibilità di rispondere alle loro richieste, anche alle più bizzarre.
Quale messaggio sente di lasciare agli imprenditori di domani? Cosa vuole dire a quei giovani che credono ancora possibile fare impresa in Italia?
Prima di tutto: non mollare. Ai giovani consiglio di andare all’estero per fare esperienze nuove e imparare, ma non per trasferirsi. A tutto il mondo imprenditoriale chiedo di fare squadra per ottenere un fronte compatto che auspichi a breve la riforma del Lavoro, della Giustizia, delle politiche energetiche e della burocrazia. Queste quattro istanze motiveranno il Governo a trovare una risposta per la salvezza delle imprese italiane.
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