Quando il manager è anche imprenditore
A cura di:
Giorgio Merli, Senior Advisor di KPMG, Professore di Sociologia d’Impresa all’Università Bicocca di Milano
Lo stile di Management di un’azienda si esprime di fatto attraverso le modalità con cui l’organizzazione nel suo insieme, e le persone nei loro ambiti, gestiscono le attività, prendono le decisioni di business, si organizzano operativamente e utilizzano le informazioni aziendali. La turbolenza e l’imprevedibilità dello scenario di business attuale e tendenziale rendono vincenti quelle aziende che riescono ad esprimere a riguardo capacità operative diffuse molto simili a quelle di un imprenditore, il quale riesce a gestire con ‘cognizione di causa’ le situazioni non previste, assumendosi i rischi necessari e mettendo in campo un’adeguata intraprendenza. È per questo motivo che le aziende stanno cercando Manager con caratteristiche ‘imprenditoriali’ molto più che in passato. Quelle più lungimiranti stanno anche cercando di sviluppare al proprio interno una cultura in tal senso. Quasi tutte stanno cercando di attivare processi e meccanismi di Management caratterizzati da tali requisiti.
Il Management Imprenditoriale sa esprimere contemporaneamente due attitudini complementari: il rigore e la creatività. Per capire meglio di cosa si tratta dobbiamo innanzitutto rispondere alla domanda su cosa si intende per capacità, ruoli e modalità gestionali di tipo imprenditoriale in realtà aziendali non gestite da un imprenditore, ma da un Management Team e da manager operativi. Non c’è dubbio infatti che in tali casi la dizione ‘Management Imprenditoriale’ sia concettualmente un po’ forzata, ma è sicuramente utile per enfatizzare le capacità che dovrebbero essere oggi più presenti nelle aziende. Dal punto di vista del management operativo, e strumentalmente per gli approfondimenti che ci proponiamo, le caratteristiche imprenditoriali potrebbero essere individuate nelle seguenti aree: Creatività, Visione, Intuizione, Pensiero Strategico, Rischio, Priorità.
Creatività
È capacità dell’imprenditore quella di saper individuare e sfruttare nuove opportunità di business e operative, concependo soluzioni ad hoc, molto spesso non convenzionali. Meglio ancora, si tratta della capacità di sapere ‘reinventare’ o modificare continuamente la propria strategia, la propria organizzazione, le tecnologie, i prodotti, i mercati (a seconda dell’ambito presidiato).
Visione
L’imprenditore ha sempre ben presente la direzione nella quale desidera andare nel medio-lungo termine. Tale ‘visione’ condizionerà sempre le sue scelte e le sue decisioni operative, per renderle il più possibile sinergiche con quanto sta perseguendo nel medio-lungo termine. Sa inoltre trasmettere molto bene, all’interno e all’esterno dell’azienda, tale ‘immagine’ con un adeguato commitment.
Intuizione
Si tratta di quella consapevolezza immediata nell’interpretare una situazione che non si avvale del ragionamento o della conoscenza sensibile. È anche la capacità di intravedere in anticipo trend, problemi potenziali, situazioni, senza dover attendere i lunghi tempi delle analisi ‘scientifiche’ (spesso basate su situazioni e dati del passato), per saper reagire tempestivamente ed efficacemente alle mutevoli situazioni operative e di mercato.
Pensiero strategico
Significa sapere individuare le opportunità strategiche che si presentano via via e saperle tradurre in obiettivi operativi coerenti che garantiscano la miglior combinazione di tali opportunità con la situazione attuale dell’azienda. Si tratta di saper decidere e attivare cambiamenti valutando contestualmente priorità strategiche, priorità competitive, business plan, problemi e urgenze. Il tutto by-passando la necessità di onerosi processi di pianificazione strategica per concentrarsi sui piani operativi e sui loro continui cambiamenti.
Rischio
È una delle prerogative peculiari dell’imprenditorialità quella di saper assumere la giusta quantità di rischio, a volte grande e a volte piccola, in ogni obiettivo o piano o decisione, capace di garantire una potenziale sufficiente dose di vantaggio competitivo e/o un livello di miglioramento significativo superiore alle normali attese o previsioni.
Priorità
Si esprime nel saper individuare in ogni momento le cose più importanti da fare, in modo da garantire piani coerenti e di equilibrio tra costi e benefici relativamente al tempo speso e allo sforzo complessivo. Significa saper evitare la tentazione dei piani ‘ottimizzanti’, concepiti ‘scientificamente’, che partono purtroppo da un presupposto tutt’altro che imprenditoriale: quello di assumere che esistono numerosi obiettivi di pari dignità gerarchica e che quindi occorre garantire la loro ‘ottimizzazione’ fin dall’inizio.
Per gli imprenditori di successo le cose importanti sono davvero poche e comunque, in ogni momento, esiste ‘la più importante’. In tale logica è l’obiettivo più importante che deve condizionare l’intero piano. Gli altri obiettivi verranno contemplati in modo coerente, con ottimizzazioni in subordine. Ma come si fa a dar corpo a tali capacità gestionali in un’organizzazione complessa?
Le possibilità di attuazione operativa di tali attitudini e comportamenti dipendono dalla combinazione di due ‘ingredienti’ fondamentali:
• le capacità e le caratteristiche delle persone;
• i meccanismi organizzativi e gestionali dell’azienda.
Le capacità personali sono in buona parte innate.
Tali caratteristiche innate tuttavia, rimangono inespresse e inutilizzate se non vengono stimolate e richieste dai meccanismi organizzativi e gestionali. Nelle organizzazioni complesse inoltre non si richiede un numero elevato di imprenditori puri, ma la capacità della struttura di management di operare secondo criteri imprenditoriali. Tale orientamento allo sviluppo deve essere ovviamente supportato da adeguati modelli organizzativi e sistemi premianti, veri orientatori delle energie del management. Le caratteristiche imprenditoriali utili nella gestione operativa sono connotate da tre specifiche capacità:
1. l’efficacia operativa
2. la coerenza gestionale
3. la capacità di mobilitazione
L’efficacia operativa
È la capacità di ottenere importanti risultati sugli obiettivi prescelti, definibile ‘Gestione Efficace’. Tale capacità è il frutto di tre ‘sottocapacità’ fondamentali: la gestione per breakthrough, la gestione per priorità, la gestione ‘a vista’. Infatti il manager imprenditore dovrebbe considerare normale gestire e lavorare ‘per breakthrough’, cioè per ottenere grossi miglioramenti concentrati nel tempo sulle performance individuate come prioritarie. Ciò significa che il manager imprenditore dovrebbe definire alcuni obiettivi prioritari, altamente challenging, su cui concentrare gli sforzi dell’azienda. Con questa logica appare indispensabile saper impostare una gestione operativa delle priorità che abbia i requisiti dell’alta efficacia. Si tratta di una gestione ‘per priorità’ di alcuni obiettivi aziendali. Tale sistema gestionale necessita di regole specifiche e quindi di una organizzazione mirata e di procedure ad hoc: la cosiddetta ‘Direzione per Priorità’ (Management by Priority). Essa prevede pochi obiettivi, con target breakthrough (“è più facile ottenere importanti risultati concentrandosi su poche priorità, che perseguire tanti piccoli obiettivi dispersi”), e con una chiara definizione delle ‘politiche’ (‘i come’, cioè quelle guidelines tanto trascurate dalla Direzione per Obiettivi). Ma ‘Gestione Efficace’ significa anche gestire l’operatività per ottenere la miglior performance possibile attraverso il presidio continuo e il miglioramento delle variabili operative. Ciò che occorre dunque è la capacità di individuare, e gestire ‘in tempo reale’ quegli indicatori di processo che possono generare i miglioramenti voluti. ‘Tempo reale’ è sinonimo di ‘gestione a vista’, quella capacità cioè di valutare gli andamenti attraverso strumenti visivi ad alta frequenza di rilevazione. Gestione efficace significa quindi anche poter evitare di aspettare reporting o di indire riunioni per sapere ‘come sta andando’.
La coerenza gestionale si riferisce alle capacità di realizzare gestioni che sappiano evitare sprechi o sforzi antagonisti, attivando invece situazioni di sinergia nelle azioni e nelle loro conseguenze nel tempo. Questa capacità è frutto delle ‘coerenze’ operative che una gestione riesce a realizzare. Tali coerenze possono essere individuate su tre dimensioni: orizzontale, verticale, strategica.
Coerenza orizzontale significa che occorre riuscire a impostare e realizzare programmi di miglioramento dove tutte le funzioni e i responsabili di pari livello concorrono significativamente agli obiettivi prioritari dell’azienda. I possibili ‘contrasti’ vanno eliminati ex ante evitando di attribuire obiettivi in modo indiscriminato a tutti, magari perché necessari per la valutazione delle prestazioni più che per le priorità aziendali. La sinergia dovrebbe essere invece garantita prevedendo ‘corresponsabilità’ sugli obiettivi più importanti e individuando appropriati ‘come’, che rendano coerenti tra loro le azioni specifiche.
Coerenza verticale significa invece che l’efficacia di una azione e di un programma di miglioramento sono proporzionali al numero di azioni e sotto-obiettivi sinergici attivati (“che tutti sparino sullo stesso bersaglio”). La concentrazione degli sforzi è un principio basilare dell’efficacia. Esso sarebbe disatteso se non vi fosse coerenza tra gli obiettivi della linea gerarchica. Non è infatti in generale ammissibile che un collaboratore persegua un obiettivo che non sia un ‘di cui’ di quello del suo capo. Sugli obiettivi breakthrough, per inciso, il deployment dovrebbe arrivare fino ai livelli più bassi della struttura gerarchica, anche alle figure più operative e cioè ai livelli più bassi della scala gerarchica (scala che dovrebbe perdere molto di valore in una realtà in cui comandano gli obiettivi).
Coerenza strategica riguarda il concetto secondo il quale un’azienda sarà tanto più di successo quanto più riuscirà a contribuire con le azioni di breve termine – finalizzate cioè agli obiettivi di breve – anche agli obiettivi di medio lungo termine guidati dalle proprie Vision e dai propri ‘Meta-Obiettivi’.
La capacità di mobilitazione
La capacità realizzativa passa attraverso la capacità di attivare il contributo delle ‘persone che servono’ o che ‘possono contribuire’ all’obiettivo prioritario, in modo organizzato, veloce, efficace. Il coinvolgimento è oggi un requisito essenziale per la gestione dell’azienda, ma diventa addirittura il fattore di competitività principale quando riguarda la capacità di affrontare le priorità aziendali, se queste riguardano aspetti affrontabili dall’interno dell’azienda.
La ‘mobilitazione’ delle risorse aziendali è tanto più efficace quanto più possiede i seguenti requisiti:
• capacità di focus sulle priorità,
• capacità di gestione da parte della linea,
• intensità delle attività.
La necessità di focus sulle priorità si basa sull’assunto che ogni mobilitazione realizzata su obiettivi non prioritari ha tre rischi: toglie risorse alle priorità, rischia di costare più di quanto genera, demotiva le persone coinvolte.
Per questo motivo è estremamente importante individuare le priorità e le risorse che si dovranno coinvolgere a riguardo, attraverso un’attenta pianificazione delle aree di intervento e delle tipologie di azioni necessarie (‘deployment della Priorità’). Il focus sulle priorità da parte di tutto il personale viene poi sostenuto operativamente attraverso un forte ricorso a meccanismi di ‘gestione a vista’ sulle attività di miglioramento relative agli obiettivi breakthrough. Il forte coinvolgimento da parte della linea è necessario in quanto la mobilitazione sarà tanto più efficace quanto più sarà gestita dalla linea gerarchica e non da strutture o programmi ‘laterali’. Sarebbe peraltro inconcepibile ipotizzare, in logica di una gestione efficace, che la linea abbia obiettivi operativi diversi da quelli generati dalle priorità aziendali o, peggio, che non possa o debba essere la protagonista nell’attivazione e nella gestione dei progetti e delle azioni finalizzati a tali priorità.
L’entità del miglioramento dipende dal volume di attività sviluppata in tal senso; la sua velocità dipende dall’intensità delle attività stesse. Un miglioramento breakthrough si distingue da un miglioramento normale anche per il tempo relativamente breve in cui è stato ottenuto. Un miglioramento della qualità del 10% in un anno è un piccolo miglioramento, un uguale miglioramento in una settimana è un ottimo miglioramento.
Per ottenere risultati breakthrough, la costanza e la perseveranza del management sono fondamentali: occorre dunque saper svolgere un elevato volume continuo di attività di miglioramento. Il salto di qualità sta nel riuscire a far diventare il miglioramento una attività normale e routinaria. Un’attività cioè da espletare regolarmente ‘su base giornaliera’, contestualmente all’attività lavorativa tradizionale. Avendo analizzato quale tipo di management operativo andrebbe realizzato, può essere utile evidenziare quale tipo di management va invece assolutamente rimosso: il cosiddetto ‘management ottimizzatore’.
Cioè quella logica manageriale dove il controllo e la pianificazione prevalgono sull’operatività, dove cioè si riscontrano i seguenti comportamenti operativi, aspetti utilizzabili anche per valutare la ‘non imprenditorialità’ di una organizzazione:
• i manager amano parlare e discutere soprattutto di strategie;
• i piani e la gestione operativa prevedono obiettivi e cambiamenti prevalentemente di tipo incrementale generalizzato (pochi breakthrough);
• ogni piano, investimento e discussione è soprattutto oggetto di analisi di trade off, di ottimizzazione, di ritorno dell’investimento, valutando solo il misurabile;
• nella gestione routinaria, nonostante tali sforzi di pianificazione, i manager sono oberati di urgenze e problemi (il tempo non basta mai!);
• il rimanente tempo è occupato dalle riunioni, indispensabili per gestire organizzazioni frazionate in funzioni e gestite solamente su base ‘budgetaria’; in queste aziende è veramente difficile raggiungere telefonicamente i manager: sono sempre in riunione!
Le aziende dovrebbero quindi evitare di cadere nella trappola del ‘management ottimizzatore’ e affrontare con determinazione la sfida di sviluppare e alimentare l’energia ‘manageriale imprenditoriale’.
Le aziende hanno punti di partenza e caratteristiche diverse in relazione alla natura della proprietà: quelle di stampo famigliare hanno ovviamente innate caratteristiche imprenditoriali e devono spesso integrarle con capacità manageriali, quelle di stampo manageriale devono spesso recuperare valori e peculiarità imprenditoriali. Le imprese di tipo famigliare hanno forti valori legati al legame con il territorio, alle sue persone e un forte senso civico; vivono e ‘sentono’ l’azienda parte integrante della propria vita, della propria famiglia. Questo deve integrarsi in modo armonico con principi e regole della gestione manageriale. Il corretto bilanciamento tra l’energia manageriale e imprenditoriale diventa ancora più importante quando queste aziende si trovano di fronte alla gestione del passaggio generazionale. Infatti spesso la figura del fondatore connota in modo decisivo lo stile aziendale integrando le due anime; nel momento del cambiamento, la sfida si esplicita nella capacità di riuscire a far evolvere l’azienda iniettando caratteristiche e competenze manageriali nella struttura e allo stesso tempo mantenere le caratteristiche vincenti dell’imprenditorialità. Il rischio è quello di non riuscire a mantenere l’equilibrio e di fare prevalere una sull’altra.
Un esempio di azienda che ha saputo coniugare i valori famigliari con capacità manageriali è la farmaceutica Zambon, fondata da Gaetano Zambon. Questa società è tanto radicata sui propri valori da aver creato al suo interno il ‘Tavolo dei Valori’, a cui partecipano Elena Zambon, il Ceo della parte farmaceutica e quello del Business chimico, oltre al responsabile della comunicazione e formazione.
Un esempio di progetto seguito sin dalle origini dal Tavolo dei Valori è il ‘Mini-Parlamento’ che, dopo aver posto le basi per una condivisione di un terreno valoriale comune tra le persone, ha concretizzato in azioni puntuali la filosofia dell’Impresa Integrale, ossia di un’impresa capace di coniugare strategie e valori in un tutt’uno. Sedici persone, costituite come un mini-parlamento, hanno individuato otto azioni concrete definendo le modalità di realizzazione pratica e i cambiamenti personali necessari per dar corso in prima persona a quelle azioni.
La finalità è duplice: fare divergenza creativa e garantire che le iniziative di business siano sempre allineate a obiettivi economici, sociali e ambientali. Il fatto che una persona della famiglia sia una presenza forte è sinonimo non solo di garanzia ma soprattutto di lealtà e coerenza verso tutti gli stakeholder: dipendenti, fornitori, azionisti, clienti, parti sociali. Zambon crede fermamente che il successo si possa mantenere nel tempo soprattutto grazie al fatto di riuscire a cooptare tutti i dipendenti con entusiasmo sui valori e conseguentemente sugli obiettivi aziendali.
In Zambon si auspica che l’unica malattia infettiva per cui si augura non venga mai scoperta una medicina è l’entusiasmo. Una delle otto azioni è stata la creazione di un gruppo che ha approfondito come i Valori Zambon potessero ‘informare’ di sè l’organizzazione delle convention delle forze di vendita. Il gruppo ha elaborato la proposta di inserire, durante queste convention, momenti di ascolto rivolti tanto all’interno (ad esempio agli informatori scientifici del farmaco e alla rete agenti) quanto all’esterno (a medici, farmacisti,…).
Le convention sono infatti spesso un momento centrato sull’azienda, momenti in cui si celebrano i successi e si prepara la motivazione per affrontare il futuro. Lo stimolo del gruppo di lavoro è consistito nel far diventare le convention anche uno strumento di comunicazione, di dibattito e di condivisione interna, rappresentando al contempo una possibilità concreta di far conoscere i valori che guidano le scelte di business, di dimostrare l’impegno e la serietà dei contenuti dell’azienda Zambon agli stakeholder, in trasparenza e senza reticenze. A partire dal 2010 questo format d’ascolto è stato utilizzato nelle convention, rivolgendosi soprattutto alla figura degli Informatori Scientifici del Farmaco e degli Agenti; nelle convention successive saranno invece strutturati momenti di ascolto più rivolti all’esterno per comprendere come è percepita Zambon all’esterno, come migliorare alcuni aspetti e per confrontare i propri valori con quelli degli interlocutori esterni, per capire ciò che unisce pur nel rispetto delle diversità.
Gli argomenti di questo articolo, e del testo pubblicato sul numero 8/2011 della rivista, provengono in buona parte dal libro “Surpetere, la competizione creativa, efficace e sostenibile”, G.Merli, E.Gelosa, M.Fregonese, edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano, Novembre 2010
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