Produttività con il freno a mano tirato, ma l’azienda Italia ce la fa
I dati congiunturali più recenti mostrano chiari segnali di miglioramento dal lato dei costi e per gli effetti sull’inflazione. Osserviamo alla netta riduzione del prezzo di molte materie prime industriali (palladio, alluminio, cobalto, zinco, con flessioni superiori al 40% rispetto ai massimi di marzo 2022). Dinamica simile registrano i prezzi delle materie prime agricole (grano, olio di palma, caffè con cali rispetto ai massimi compresi tra il 30 e il 50%).
L’elemento più rilevante – forse inatteso rispetto alle previsioni di dicembre 2022 – è la vistosa flessione dei costi energetici a monte. Il prezzo del petrolio è sceso del 37% dai massimi di marzo 2022. Molto più marcata è poi la riduzione del prezzo del gas naturale in Europa (-70% dai massimi): la sua dinamica di prezzo ha beneficiato di un inverno fino a ora mite, delle condizioni di forte vento in Nord Europa e del rallentamento della economia cinese. Una tempesta perfetta al contrario!
Il persistere dei prezzi energetici sui valori attuali implicherebbe una revisione al rialzo delle stime di crescita e al ribasso per quelle di inflazione (in Tabella 1 la variazione del costo dell’energia elettrica). Tuttavia, permangono ancora molte incertezze ed è preferibile mantenere le previsioni invariate, pur nella consapevolezza che le cose potrebbero andare decisamente meglio di quanto atteso. Le nostre previsioni, in sintesi prevedono che il Prodotto interno lordo (Pil) mondiale cresca, ma in riduzione di oltre un punto percentuale (all’1,6% nel 2023); tuttavia tutti i maggiori centri di previsione indicano una ripresa nel 2024, che consentirà di tornare a tassi di crescita poco sotto il 3%. Per quanto riguarda gli Stati Uniti e l’area euro, la previsione è di un rallentamento allo 0,3% per entrambe le aree geografiche, rispettivamente dal +2% e +3,4% del 2022; per il 2024, la ripresa attesa è pari all’1% per gli Stati Uniti e all’1,4% per l’area dell’euro. Infine l’Italia: dopo la crescita largamente superiore al potenziale nel 2022 (stimata a 3,8%), è previsto un marcato rallentamento nel 2023 (0,6%), ma con una ripresa nella seconda parte dell’anno e +1,8% nel 2024.
L’Italia e il suo sistema produttivo
Per l’Italia, i rischi di breve termine si sono quindi ridotti, in relazione alla correzione dei prezzi energetici. Le importazioni di gas dalla Russia sono diminuite del 61% nel 2022 (a dicembre 2022 rappresentavano soltanto l’8,6% delle importazioni totali di gas, contro il 40% registrato prima della guerra). Anche con un clima invernale rigido e con importazioni nulle da Russia e Norvegia, le scorte di gas possono rimanere al di sopra della soglia minima strategica: il livello attuale delle scorte è, infatti, ampiamente superiore a quello che si osservava nello stesso periodo del 2022. Uno scenario di razionamento energetico è divenuto pertanto improbabile, dato l’elevato livello delle scorte e vista l’ampia riduzione in corso dei consumi di gas. I rischi potrebbero essere rimandati ai mesi centrali del 2023, quando la necessità di ricostituire adeguati stoccaggi di gas potrebbe innescare una nuova fiammata dei prezzi, se non rinnovati rischi di razionamento forzato delle forniture energetiche. A ogni modo, nell’ipotesi di un prezzo medio annuo del gas naturale a 100 euro, le stime di crescita del Pil italiano per il 2023 si porterebbero vicine all’1%. L’export si sta dimostrando resiliente e il mercato del lavoro evidenzia segnali di tenuta, nonostante le pressioni sui margini delle aziende. Il rallentamento dell’inflazione atteso per i prossimi mesi e i minori rischi di razionamento forzato delle forniture energetiche favoriscono un minor pessimismo da parte delle imprese. Il nostro sistema manifatturiero ha realizzato molti progressi: la quota di produzione esportata è salita negli ultimi 10 anni dal 36,1% al 48,3%; il nostro avanzo commerciale (calcolato al netto della bolletta energetica) è cresciuto dai 31 miliardi di euro del 2010 ai 104 miliardi previsti per il 2022. Va inoltre sottolineato un altro aspetto. Dopo le crisi petrolifere degli Anni 70, abbiamo assistito a un processo virtuoso di investimenti e miglioramento tecnologico che ha condotto a un calo dell’intensità energetica del sistema produttivo e alla riduzione dei consumi di petrolio in rapporto al Pil. Anche oggi ci sono ampi margini per migliorare l’efficienza energetica della produzione e per ridurre i consumi di gas naturale. Le imprese stanno già agendo in tale direzione: i consumi elettrici industriali sono in riduzione ed è in atto una forte accelerazione nell’installazione di capacità eolica e solare (i dati Terna collocano le nuove attivazioni di solare fotovoltaico nei primi 10 mesi del 2022 a ben 1,9 gigawatt, contro gli 0,8 gigawatt nel corrispondente periodo del 2021; per quanto riguarda l’eolico, sono 0,4 gigawatt, contro 0,2 gigawatt nello stesso periodo del 2021).L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2023 di Sistemi&Impresa.
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Gregorio De Felice è Chief Economist presso Intesa Sanpaolo
caro energia, inflazione, produttività