Ponti, 200 anni d’età e non sentirli: il segreto è continuare a innovare
Lo stabilimento piemontese di Ponti a Ghemme, in provincia di Novara, si allunga tra i binari ferroviari e un canale della Roggia Mora che si dice sia stato costruito da Ludovico il Moro e progettato da Leonardo Da Vinci: 38mila metri quadri coperti, dedicati alla produzione dell’aceto di vino e dei prodotti sottolio e sottaceto. Un mestiere che la famiglia Ponti tramanda al suo interno da almeno sette generazioni.
“Convenzionalmente il 1867 è l’anno di fondazione di Ponti, perché siamo in possesso di un atto di matrimonio del mio trisavolo con quella data, in cui era specificata la sua professione: produttore di vino e di aceto”, spiega Giacomo Ponti, Amministratore Delegato dell’azienda. Nel 2017, in occasione dei 150 anni ufficiali dell’azienda, l’AD ha commissionato una ricerca di approfondimento sull’albero genealogico della famiglia e sulle tracce dell’impresa.
“Fino a ora, l’archivista è riuscito a ricostruire il nostro albero genealogico fino al 1595, mentre la prima traccia della nostra fabbrica di aceto è datata 1787. In quell’anno, ha trovato un documento con cui un Ponti vendeva a un fratello la sua partecipazione all’interno della fabbrica dell’aceto per ordinarsi sacerdote.
Abbiamo quindi ‘guadagnato’ 80 anni e un paio di generazioni nella nostra storia: l’azienda compie almeno 232 anni quest’anno e sette generazioni si sono susseguite alla sua guida”.
Le origini dell’azienda
Inizialmente la Ponti si occupava sia di vino sia di aceto: “In passato, questa zona aveva molti più ettari vitati rispetto a oggi e, il vino, serviva a controbilanciare la stagionalità dell’aceto, che a quell’epoca veniva usato per conservare la carne, le verdure e altri generi alimentari. Fu mio nonno Guido a concentrare maggiormente l’attività nell’aceto e nel 1939 diversificò la produzione rilevando un piccolo laboratorio di Milano di sottoli e sottaceti”. L’azienda ha continuato a crescere per tutti gli Anni 50 e 60. “A metà degli Anni 60, quando entrarono mio papà e mio zio, l’azienda aveva già un carattere nazionale: era uno dei più grandi acetifici d’Italia, la marca Ponti si stava diffondendo in tutta la Penisola. Nel decennio successivo, è stata avviata una politica di crescita esterna che ha portato all’acquisto di circa 18 concorrenti nel mondo dell’aceto di vino. Ponti è diventato così il primo player nazionale in quel mondo. Gli stabilimenti sono aumentati, arrivando agli attuali sei”.La diversificazione della produzione
In quegli anni, stava crescendo anche l’attività dei sottoli e dei sottaceti. Per differenziarsi dal mercato, la Ponti ha lanciato una nuova linea. “Peperlizia nasce da una ricetta di famiglia, di una cugina di mia nonna, per conservare le verdure in casa, non sottolio né sottaceto, ma con una particolare ricetta agrodolce che rendeva molto digeribili e croccanti i peperoni, era molto più leggera rispetto al classico sottolio e non aveva quel sapore acetoso tipico dei sottaceti”. Il successo è tale che nel tempo la ricetta viene estesa anche ad altre verdure e il brand Peperlizia viene riposizionato come premium per le verdure agrodolci. Negli anni, vengono inseriti nella linea anche prodotti sottaceto e sottolio. Anche la gamma di aceti si è andata arricchendo. “Negli Anni 80 abbiamo introdotto l’Aceto Aroma Antico, un prodotto di vino speciale, con una gradazione di acidità più alta e maturato in fusti di larice che danno maggior corpo e profumo al prodotto”. Nello stesso periodo, esordirono altri due prodotti di successo nazionale e internazionale: l’Aceto Balsamico di Modena e l’Aceto di Mele. “Abbiamo acquisito Modenaceti, un piccolo produttore di Vignola, e l’abbiamo ingrandito fino a farlo diventare uno dei maggiori produttori di Aceto Balsamico. Ogni giorno abbiamo in maturazione quasi 5 milioni di litri del cosiddetto ‘nero di Modena’”. Questa acquisizione ha aiutato la Ponti a incrementare le sue esportazioni. Solo il 10% dell’Aceto Balsamico di Modena, infatti, è consumato internamente, il restante 90% è esportato in tutto il mondo.Gli investimenti sulla pubblicità
Dal 1979, Ponti ha iniziato a pubblicizzare i suoi prodotti con campagne nazionali in televisione. La prima campagna riguardava l’aceto di vino Aroma Antico; successivamente sono stati protagonisti la linea Peperlizia, l’Aceto Balsamico di Modena, la glassa e l’aceto di mele. “Abbiamo sempre portato all’attenzione del nostro consumatore i prodotti nuovi che poteva trovare nella grande distribuzione, dando dei consigli d’uso originali. Per esempio, la prima campagna dell’Aceto Balsamico di Modena fece scalpore perché il prodotto non veniva volutamente mai accostato a verdure e insalata, ma a ravioli, carne e fragole. Quest’ultimo abbinamento, in particolare, colpì l’immaginario collettivo”. Oltre che sugli spot, l’azienda investì molto per avere Mike Bongiorno come testimonial. “Le sue telepromozioni ebbero molto successo. Anche grazie al suo talento, attirava molto l’attenzione: le vendite avevano delle impennate incredibili quando Mike Bongiorno promuoveva i nostri prodotti. Addirittura, durante la prima telepromozione per la linea Peperlizia, andammo in rottura di stock nel giro di un mese”. I costanti e cospicui investimenti pubblicitari nel corso degli anni hanno aiutato la Ponti a diventare una marca nazionale: in questo momento controlla circa il 50% del mercato dell’aceto in ogni suo comparto e, per quanto riguarda il mercato dei sottoli e sottaceti, è leader nel segmento agrodolce e insalate di riso.Mercati esteri e managerializzazione
Attualmente l’azienda ha 203 dipendenti, distribuiti in sei stabilimenti: due a Ghemme e gli altri ad Anagni, a Dosson di Casier, a Paesana e a Vignola. Nel 2018 ha fatturato 120 milioni di euro, dato su cui l’export pesa per il 25%. “Stiamo investendo perché vogliamo crescere all’estero. Dal 2015 abbiamo due filiali, in Francia e negli Stati Uniti, per presidiare meglio questi due importanti mercati. Stiamo lavorando per diffondere il marchio Ponti nei Paesi occidentali, dove c’è già un utilizzo dei nostri prodotti, e nei mercati potenziali, come il Far East, dove i numeri sono ancora piccoli, ma in crescita”. Con l’ultimo passaggio generazionale è stata rivista l’organizzazione dell’azienda, aumentando il numero di esponenti esterni nel board. “Abbiamo ulteriormente managerializzato l’azienda, per essere più al passo coi tempi. Ci siamo organizzati con una prima linea di responsabili, che vengono anche dall’esterno e, quindi, portano una contaminazione positiva di cultura e di pratiche che si utilizzano in aziende più grandi della nostra”.L’attenzione alla qualità dei prodotti
La Ponti punta sulla rigorosa selezione delle materie prime e, perciò, si affida a fornitori stabili per ottenere prodotti di alta qualità. “Abbiamo un grande network di fornitori di primissimo livello, che ci fornisce materia prima di alta qualità che noi gentilmente trasformiamo”. “‘Gentilmente’ non è usato a caso: usiamo, infatti, processi gentili, in modo da non snaturare la materia prima e lasciando al prodotto finito tutte le qualità non solo organolettiche, ma anche chimico-fisiche. Una delle particolarità della nostra azienda è che tutte le verdure che mettiamo in vaso sono fresche, a esclusione dei mix vegetali, perché non è possibile avere tutti gli ortaggi maturi nello stesso momento. Questo vuol dire che lavoriamo le singole verdure in stagione e le stocchiamo per i successivi 12 mesi, sia per la linea Peperlizia sia per la linea Ponti”. “Questo comporta uno sforzo economico e di programmazione da parte dell’azienda, perché dobbiamo stoccare nel nostro magazzino la merce che ci servirà per l’anno successivo. Ma, dal punto di vista del consumatore, otteniamo una qualità molto più alta, perché tutte le caratteristiche di sapore, texture, croccantezza e profumi della verdura fresca vengono trasferiti nel vaso”. La stessa attenzione è dedicata alle materie prime, utilizzate per produrre gli aceti. “Ponti è l’unica realtà italiana che compra la singola mela, convenzionale o biologica, dal Piemonte o dal Trentino-Alto Adige; la trasforma prima in succo, poi in sidro e, infine, in aceto”. Recentemente, l’azienda ha ottenuto la certificazione ISO 22005 per conoscere esattamente anche l’appezzamento di terra da cui arriva la mela che trasformano.Gli investimenti tecnologici
In tutti gli stabilimenti Ponti, si svolge l’intero processo, dalla A alla Z, dal food processing al riempimento del vaso, dalla soffiatura delle bottiglie al packaging. Tutto il processo è digitalizzato e i prodotti vengono tracciati dal campo da cui provengono alla porta del magazzino del cliente. “Sicurezza, tracciabilità e rintracciabilità sono i cardini su cui posa il nostro sistema di qualità, assieme a una rigorosa selezione delle materie prime. E la tecnologia migliore e più avanzata ci aiuta in questo”. Ponti sta investendo molto nell’automazione di tutte le fasi della produzione. Nel 2002, l’azienda ha realizzato un magazzino automatizzato, da due anni e mezzo utilizza il sistema SAP e ha investito molto anche con gli incentivi dell’Industria 4.0, per avere dati da elaborare e analizzare in tempo reale in tutte le fasi del processo. “Il prodotto è sempre meno standardizzato e più customizzato, quindi cerchiamo di ottimizzare i tempi di setup. Abbiamo delle linee piuttosto performanti: per quanto riguarda l’imbottigliamento, abbiamo una capacità installata di circa mezzo milione di bottiglie al giorno, in un turno di otto ore. Sono già molto veloci, ma stiamo cercando di stringere il più possibile i tempi di setup, stiamo investendo per essere più flessibili, reattivi e veloci”. Nelle quattro cantine dove produce l’Aceto di Vino o l’Aceto Balsamico di Modena, la Ponti ha investito in automazione del trasporto dei fluidi e in controllo in tempo reale dello stock della cantina, con delle sonde che trasmettono a un computer i livelli dei vari tini e delle botti, sia per la materia prima sia per il prodotto in trasformazione sia per quello finito. “L’azienda oggi è molto solida, investe e ha un parco tecnologico all’avanguardia, perché tutti gli anni sostituiamo alcune macchine e rinnoviamo i nostri reparti. Essere all’avanguardia nella tecnologia è sempre stata una passione della mia famiglia e credo che sia stata anche una fortuna, perché ci permette di avere dei costi competitivi in un mercato globale dove il prezzo è una parte importante della negoziazione”.Il passaggio dal vetro al Pet
Nel 2011, Ponti è passata dal vetro al Pet (Polietilene tereftalato) per le bottiglie di aceto di vino da litro, il suo bestseller in termini numerici. “È stata una scelta precisa perché il Pet è infrangibile, meno costoso del vetro e ha degli aspetti positivi rilevanti anche sull’ambiente. Essendo infrangibile entra nelle cucine del Food Service, dove il vetro è bandito. Inoltre, con questa scelta, abbiamo tolto dalle strade italiane circa 1.700 autotreni all’anno: un autotreno pieno di bottiglie di vetro da litro trasporta 23mila pezzi; un autotreno di preforme di Pet ne trasporta 720mila. In più, poiché le bottiglie in Pet pesano 10 volte meno, riusciamo a caricare del 10-12% in più il pallet”. “Quindi, anche nel caso della distribuzione, rimaniamo più efficienti, con grande beneficio del consumatore finale. Infine, è un prodotto che ha più vite, a patto che si raccolga e si ricicli in maniera corretta. Se la raccolta differenziata è fatta con cura, sia dai cittadini sia dalle società specializzate, si può trasformare il Pet tanto quanto il vetro: può tornare a essere una preforma per essere soffiata oppure può diventare una fibra tessile sintetica con cui si produce, per esempio, il pile”.Giacomo Ponti, industria 4.0, innovazione ponti, managerializzazione, Ponti