Passaggio generazione nelle imprese italiane: un modello per il supporto alla gestione del cambiamento
A cura di:
Rossella Martelloni e Marina Vozza
Il passaggio generazionale nelle piccole e medie imprese familiari italiane si innesca oggi su processi di cambiamento sempre più complessi e rapidissimi, in uno scenario denso di grandi difficoltà. Riguarda la ridefinizione e ridistribuzione delle responsabilità gestionali, il ridisegno dei processi aziendali, l’acquisizione di nuove competenze, l’apertura al capitale esterno, la crescita o la decrescita dimensionale, le innovazioni tecnologiche e digitali, di prodotto e di processo, i processi di spin off e di startup, l’allargamento dei mercati di riferimento, la diversificazione dei prodotti, la riprogettazione del brand aziendale, lo sviluppo dei rapporti con il territorio, ecc.
Premesso che il 67% delle aziende a conduzione familiare non sopravvive al passaggio da padre in figlio, e solo il 15% arriva alla terza generazione, questo problema comporta la perdita di 65.000 posti di lavoro l’anno: si tratta di una vera e propria questione sociale. Il passaggio generazionale è dunque un momento estremamente delicato, da pianificare e affrontare con grande senso pratico ma anche con estrema cautela, a maggior ragione in questo periodo di crisi.
Tracciando un identikit, parliamo di un’impresa fondata da un capo famiglia dotato di spiccate attitudini imprenditoriali, nella quale i membri della famiglia occupano posti chiave. In genere si tratta di imprenditori nati in un epoca nella quale era sufficiente un’attitudine imprenditoriale ‘istintiva’ (uno di questi, intervistato, ha affermato: “era l’epoca in cui, se buttavi una lira, ne raccoglievi cinque!”), successivamente ‘educata’ e trasformata in capacità e competenza a fronte del superamento delle difficoltà e di una cultura d’impresa imparata ‘facendo il mestiere’. Nell’imprenditore-fondatore confluiscono in genere più ruoli: il proprietario, l’imprenditore e il manager.
Se si tratta di società di capitali, un membro della famiglia (dapprima il fondatore, poi il successore) occupa la posizione di Presidente o Amministratore Unico. Se alcuni membri della famiglia del fondatore sono inseriti operativamente nell’impresa, ricoprono posizioni preminenti e possono influenzare consistentemente la gestione aziendale. Se sono presenti manager esterni alla famiglia che affiancano l’Amministratore Unico, la loro attività è spesso fortemente condizionata dalla famiglia del proprietario.
Il contesto di riferimento
Un dato rilevante è il seguente: gli imprenditori italiani con più di 60 anni sono circa il 60% del totale. Nell’arco dei prossimi anni, migliaia di aziende familiari italiane dovranno dunque affrontare il passaggio generazionale in virtù dell’età dei fondatori d’impresa, appartenenti molto spesso alla generazione del dopoguerra, per lasciare il testimone alla generazione successiva, che è nata e lavora in un contesto socio-economico e politico totalmente diverso. Globalizzazione, internazionalizzazione, grande crisi, incertezza, time to market bruciante, avanzamento inesorabile del digitale, ipercompetitività e mercati saturi, cambiamenti radicali nei consumi, nelle relazioni sociali, nel modo di fare business, nell’organizzazione e nel clima aziendale, ecc. Praticamente uno sconvolgimento dei paradigmi.
Ma vediamo ciò che spesso accade. In genere la volontà del titolare di lasciare l’azienda a figli o nipoti è molto forte, quasi un’imposizione nei loro confronti. L’azienda è molto spesso vista come fonte occupazionale per i membri della famiglia, cui vengono assegnati – in fase di passaggio – ruoli di responsabilità anche in caso di competenze e capacità inadeguate rispetto al ruolo e alle sfide del mercato. Questo fattore, fra l’altro, impatta negativamente sul personale dell’impresa, generando frustrazione, demotivazione e ansia, con inevitabili ricadute negative sulle performance aziendali, soprattutto nel lungo periodo.
Ma può anche accadere che l’imprenditore di prima generazione rimandi continuamente il momento del passaggio generazionale pur in presenza di validi successori poiché li percepisce come inadeguati, o che rifiuti l’idea che l’azienda possa non essere più sotto il proprio controllo. L’eccessivo accentramento è un fenomeno diffusissimo e dannoso, di cui le nuove generazioni risentono negativamente.
L’imprenditore tende spesso a occuparsi di tutto, dedicando gran parte del suo tempo ad attività che potrebbe delegare, a discapito di attività come la programmazione dello sviluppo dell’impresa, le scelte strategiche a livello di marketing, l’innovazione, la pianificazione economico-finanziaria, lo sviluppo delle professionalità, che risultano invece determinanti per la solidità e il futuro dell’impresa. La delega è un processo che trae origine innanzitutto dalla flessibilità della persona e dalla sua apertura a decentrare, per poi diventare un fenomeno organizzativo in grado di fluidificare tutti i processi aziendali.
Nella successione dell’impresa familiare è importante, quindi, cercare di sviluppare razionalità decisionale, cercando, nel rispetto dei valori e delle attese della famiglia, di attuare una corretta distinzione tra la realtà familiare e quella aziendale, valutando l’inserimento dei successori in basea criteri ilpiù possibile oggettivi di attitudini, maturità, senso di responsabilità, preparazione, motivazione, attese.
Questione di metodo
Occorre un arco di tempo piuttosto ampio perché la generazione successiva possa sviluppare al meglio le caratteristiche che la porteranno ad agire al meglio il suo ruolo imprenditoriale. Come fornire quindi un supporto iniziale che dia il giusto slancio per garantire la continuità imprenditoriale dell’azienda familiare impostando un efficace passaggio generazionale? Vediamo un’ipotesi di intervento strutturato in fasi:
1° Fase di studio: audit dell’organizzazione con l’ausilio di interviste e questionari e con i seguenti obiettivi:
Rossella Martelloni, dopo aver maturato le sue esperienze all’interno di aziende leader, da circa 15 anni è consulente di sviluppo organizzativo, con particolare riferimento alle risorse umane, e di supporto alla creazione d’impresa. È docente presso la LUISS Business School, Responsabile del Centro Studi di FederMiddleManagement e autrice di numerose pubblicazioni. Marina Vozza ha maturato la sua esperienza professionale come Project Manager, da circa 10 anni in un Ente per la formazione professionale appartenente alla rete Confindustriale Ceramica. È autrice di pubblicazioni sulla formazione nelle piccole e medie imprese.
- Analizzare il contesto di mercato, organizzativo e relazionale dell’azienda;
- Verificare la congruità e la coerenza tra le responsabilità, l’organigramma e il sistema relazionale esistenti;
- Evidenziare gli elementi di insoddisfazione rispetto allo stato attuale, i vincoli e le opportunità;
- Definire gli assi di sviluppo che permettono di accompagnare l’organizzazione al cambio generazionale;
- Produrre un output di analisi.
Rossella Martelloni, dopo aver maturato le sue esperienze all’interno di aziende leader, da circa 15 anni è consulente di sviluppo organizzativo, con particolare riferimento alle risorse umane, e di supporto alla creazione d’impresa. È docente presso la LUISS Business School, Responsabile del Centro Studi di FederMiddleManagement e autrice di numerose pubblicazioni. Marina Vozza ha maturato la sua esperienza professionale come Project Manager, da circa 10 anni in un Ente per la formazione professionale appartenente alla rete Confindustriale Ceramica. È autrice di pubblicazioni sulla formazione nelle piccole e medie imprese.
articolo, cambiamento organizzativo, Marina Vozza, passaggio generazionale, Risorse umane e Organizzazione, Rossella Martelloni, scenari