Nuove frontiere della produzione, se il lavoro si trasforma in gioco
I videogiochi sono sempre di più una realtà all’interno dell’impresa. Dopo i copiosi investimenti nel Marketing e nella Formazione, ora anche la Produzione, un ambito per certi versi più tradizionale, si sta aprendo alla gamification, ossia l’applicazione di elementi tipici dei videogiochi ad ambienti che ne sono estranei, come appunto quelli lavorativi.
L’ultima frontiera non poteva che arrivare da Amazon. Il colosso dell’ecommerce mondiale ha importato in Italia un nuovo modo di organizzare il lavoro, specialmente quello ripetitivo, attraverso i videogiochi. In cinque dei suoi otto centri di distribuzione presenti sul territorio nazionale, come ha riportato di recente il quotidiano La Stampa, Amazon incentiva gli addetti a gareggiare contro draghi volanti o a costruire castelli virtuali di scatole.
Nessuno è obbligato a giocare, ma in palio ci sono premi e gratificazioni, oltre al vantaggio di impiegare il tempo facendo una partita ai videogame.
I giochi si chiamano MissionRacer, PicksInSpace, Dragon Duel e CastleCrafter e hanno tutti una grafica abbastanza rétro, in alcuni casi ricordano i videogame di qualche anno fa anche per il funzionamento: per esempio un Tetris in cui al posto dei regoli si muovono gli scatoloni.
I dipendenti possono essere impegnati anche in ‘maratone virtuali’ con competizioni multiple tra i colleghi di piani e comparti diversi. Il sistema centrale tiene traccia di ogni spostamento e monitora le performance assegnando punti o bonus a seconda del risultato. L’azienda propone in continuazione nuove sfide coinvolgenti di cui non sono noti, però, molti dettagli.
Le applicazioni, infatti, vengono tutte installate su dispositivi aziendali montati in ogni postazione. Amazon, da sempre impegnata nella ricerca di soluzioni innovative per aumentare l’efficienza e la produttività sta trasformando, quindi, le operazioni di smistamento all’interno dei suoi magazzini in attività ludiche.
Strumento per aumentare il senso di appartenenza
La sfida è complicata, perché punta a unire due elementi che per definizione sono agli antipodi: il lavoro e il gioco, che non è tale se non viene fatto spontaneamente. È il primo insegnamento della teoria di Jesse Schell, il mitologico padre della gamification, professore presso la Carnegie Mellon University e fondatore di Schell Games. Pur non essendo il creatore dell’espressione “gamification”, Schell è autore del manuale The art of game design, considerato la pietra miliare della disciplina e ha dato avvio alla proliferazione di studi in materia, quando nel 2010 sul palco della Dice Conference ha descritto come i videogame, in un futuro non troppo lontano, sarebbero usciti dal loro ambito circoscritto per penetrare nei diversi aspetti della vita umana con sistemi a punteggio, premi e gratificazioni. Da allora le applicazioni si sono moltiplicate fino ad arrivare alle forme avanguardistiche di produzione gamificata di oggi ed è immaginabile che presto o tardi l’intera azienda verrà trasformata in un grande playground.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di giugno di Sistemi&Impresa.
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