Natuzzi, la Lean Enterprise per la produzione di divani
Un investimento di 600 milioni di euro in 14 anni per il rebranding, le innovazioni di prodotto e di processo produttivo.
Intervista ad Antonio Cavallera, Direttore Risorse Umane e Organizzazione del Gruppo Natuzzi
di Luca Bastia
Era il 1997 quando Pasquale Natuzzi, presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Natuzzi, produttore di divani dal ’59 che stava vivendo un ottimo periodo di crescita, decide di ricollocare l’azienda nel mercato passando dalla sola produzione (B2B) a un riposizionamento in ottica B2C, commercializzando i propri prodotti attraverso una rete di punti vendita. “Pasquale Natuzzi è sempre stato un innovatore – racconta Antonio Cavallera, Direttore Risorse Umane e Organizzazione del Gruppo –. La grande conoscenza dei mercati e della concorrenza gli ha permesso di capire in anticipo quali sarebbero stati i trend del mercato”.
“Abbiamo fondato tutto il nostro piano industriale sull’innovazione, da svilup pare in modo trasversale su tutti i filoni di business dell’azienda: sul concetto di branding, di prodotto, di processo e dei servizi –aggiunge Cavallera –. Innovazione è la parola chiave che sta guidando il nostro piano industriale avviato nel 2013, ma è il punto di arrivo della strategia ormai consolidata che il Gruppo ha iniziato nel 1997: la rivisitazione dell’azienda in direzione del Business to Consumer”.
Innovazione di branding
Il primo obiettivo era creare un brand riconosciuto a livello globale e di fare leva su questo. Valorizzare il brand Natuzzi, consolidato nei suoi 59 anni di storia, come unico player globale nel mondo dell’imbottito.
“Questo significava cogliere tutti gli spunti del riposizionamento realizzato negli ultimi 15 anni – spiega il manager –. Eravamo un’azienda di produzione e siamo ormai diventati anche un’azienda di distribuzione. Abbiamo fatto un set up di prodotto, ne abbiamo innalzato la qualità, abbiamo puntato sul made in Italy e anche sul made in Puglia, focalizzandoci sull’innovazione del prodotto per non competere più sul prezzo con i cinesi, i messicani o i vietnamiti, ma per offrire al consumatore un’esperienza unica, non solo nella zona giorno, bensì anche della zona notte e nel complemento d’arredo”.
In ambito branding Natuzzi ha puntato sulla qualità del prodotto e sulla product extention.
Innovazione di prodotto e di processo produttivo
Innovazione per Natuzzi è legata al concetto di competitività. Perciò, per recuperare produttività sulle produzioni italiane (“perché il nostro obiettivo è rimanere con la produzione in Italia”) l’azienda ha dato il via a “due grossi cantieri aziendali” di innovazione, di prodotto e di processo produttivo.
“Per quanto riguarda l’innovazione di prodotto, in questi ultimi mesi abbiamo applicato al mondo del divano il concetto della piattaforma industriale, come nell’automotive”, sottolinea Cavallera, che specifica: “Mentre prima il divano era un’opera unica di assemblaggio affidata alle mani di un singolo operatore, oggi il divano è scomposto in più parti (spalliera, seduta e bracciolo) e ciascuna parte lavorata da un unico addetto sulla linea di produzione su una piattaforma comune. Abbiamo definito 36 piattaforme di prodotto sulle quali montiamo le diverse tipologie di prodotto e riusciamo a farlo proprio grazie alla scomposizione del divano in singole parti”.
Questo metodo ha consentito di migliorare l’ergonomia della postazione di lavoro, di diminuire le movimentazioni sulla linea (che prima prevedevano lo spostamento di pezzi anche pesanti) e di aumentare la ripetitività, “fattori che ci hanno consentito di migliorare la produttività abbattendo il costo di produzione, sostenendo la produzione made in Italy”.
Grazie al lavoro del reparto ricerca e sviluppo è stato anche rinnovato il concetto di divano, che ora “diventa un tutt’uno con il corpo del nostro consumatore poiché abbiamo inserito funzioni motion che accompagnano il movimento del consumatore sul sofa – aggiunge Cavallera –. Cioè: vuole stare seduto per leggere o per guardare la televisione o per dormire, per qualsiasi utilizzo ne vuole fare il consumatore c’è una differente seduta gestita elettronicamente sul divano che permette di essere nella posizione desiderata, ideale”.
Oggi tutti i prodotti che nascono vengono concepiti nella nuova logica, mentre tutti i vecchi sono stati re-ingegnerizzati per essere producibili con il nuovo metodo di produzione.
“Non c’è automazione della linea come nell’automotive – puntualizza il manager –, rimane l’artigianalità del prodotto, ma la linea di produzione è pensata in maniera più efficiente”.
La Lean production
“Nel corso degli ultimi 14 anni abbiamo investito 600 milioni di euro sul tema del branding, nel costruire la rete di distribuzione, nella comunicazione, nel fare estensione di prodotto, ora la sfida è rendere più produttivi tutti gli stabilimenti, sia italiani sia esteri, convertendoli in una logica di Lean production. Questo significa, per quanto riguarda l’Italia, investire circa 50 milioni di euro in ricerca e sviluppo per i semilavorati e materiali (fusto e gomma) e nel rifacimento dei plant industriali: nel 2017 l’Italia deve essere tutta riconvertita nella logica Moving Line”, racconta il manager.
Oggi su quattro stabilimenti italiani, uno è stato già trasformato e gli altri sono in via di trasformazione. Mentre all’estero il lavoro è iniziato in Cina e in Romania, in Brasile la fabbrica è già convertita.
Tutte queste operazioni sulle linee produttive sono state fatte, e saranno fatte, senza fermare la produzione, sfruttando pause estive e natalizie, “riuscendo a mettere insieme le esigenze produttive e di fatturato con le esigenze di ri-layout e con la formazione degli addetti per riqualificarli, portandoli da una logica di lavoro individuale a una logica di squadra. Stiamo anche cambiando i sistemi di incentivazione e di formazione, inoltre stiamo lavorando molto sulla leadership”.
Qualche resistenza? “Il cambiamento non è mai una cosa facile fino a quando non si percepiscono i primi effetti positivi le resistenza ci sono – risponde Cavallera –. Ma negli stabilimenti che abbiamo già convertito i risultati di produttività, migliorata di 17 punti percentuali, e l’incremento di qualità ci fanno ben sperare: i sintomi positivi si stanno sentendo e anche i lavoratori sono consci del miglioramento”.
Dal punto di vista sindacale, inoltre, Natuzzi ha sottoscritto un accordo di solidarietà che accompagnerà tutto il percorso industriale che è stato alla base del ‘piano Italia’; il sindacato ha condiviso la logica di piano industriale per il ritorno alla competitività del Gruppo “che significa più serenità dal punto di vista occupazionale”.
Innovazione nei servizi
L’innovazione in Natuzzi ha toccato anche tutta la componente servizi ed è stata approcciata attraverso l’implementazione dell’ERP SAP. Per questa operazione la società si è avvalsa della collaborazione di Accenture. “Abbiamo 12 società commerciali, una capogruppo in Italia e alcuni stabilimenti produttivi all’estero. Prima ciascuno ragionava con il proprio linguaggio e i propri sistemi, ogni società aveva una vita a sé stante. Negli ultimi 5 anni abbiamo implementato SAP, tutti i moduli uno dopo l’altro (amministrazione finanza e controllo, produzione, logistica, risorse umane, …), su tutte le società”.
“Questo ci ha dato due vantaggi – spiega Cavallera –. Prima di tutto l’avere un grande controllo dell’azienda (siamo infatti in grado di chiudere e certificare i bilanci il 10 del mese successivo in ogni società). In secondo luogo, l’avere tutte le società in rete, ci ha consentito di creare sinergie, riuscendo a eliminare gli overlapping, riducendo i costi e ottenendo maggiore competitività”.
Supply chain e logistica
Sugli aspetti logistici e di supply chain Natuzzi ha dovuto intervenire in modo consistente per assecondare il cambiamento da B2B a B2C, “siamo passati da una logica di ‘contenitore’ (prendere l’ordine dal cliente, produrre e spedire) a una logica di produzione in special order, quindi anche la logistica doveva essere rivoluzionata – precisa Cavallera – In ambito retail è stato fatto il maggiore sforzo in quanto i punti vendita con marchio Natuzzi (di proprietà o in franchising) sono circa più di 1.130 dislocati in 123 Paesi”…
Gli ostacoli incontrati
Cambiare il metodo di produzione non è stato senza difficoltà, primo fra tutti il change management, spiega il manager, ma anche l’execution del progetto ha manifestato qualche problema.
“Nel 2014 avevamo previsto di fare l’implementazione simultanea negli stabilimenti del gruppo della riconversione dalla vecchia alla nuova logica – racconta Cavallera –, ma abbiamo avuto uno stop di circa un mese della produzione in Cina poiché avevamo fatto l’errore di non prevedere in logica Lean anche la parte supply chain. Questa esperienza ci è servita da lezione e ci ha fatto comprendere che non bastava operare solo in una logica di Lean production, bensì di Lean enterprise, lavorando in modo parallelo su produzione, supply chain, fornitori e formazione”.
I risultati
Anni di intenso lavoro e circa 600 milioni di euro per cambiare il volto del Gruppo Natuzzi, un investimento consistente che però, stando alle parole di Cavallera, non sono stati sprecati, anzi.
Il lavoro fatto sul brand è risultato estremamente positivo, tanto che la ricerca indipendente World Luxury Tracking 2013 (Ipsos/Lagardère) ha affermato che nel comparto del lusso nel settore arredamento Natuzzi è la marca più riconosciuta al mondo. E per quanto riguarda l’andamento della società, lo sforzo prodotto ha permesso a Natuzzi di superare indenne la crisi che nel settore dell’arredamento ha visto un crollo dei volumi pari al 40% nel periodo 2007-2013. “Noi siamo sopravvissuti a differenza di molte altre realtà produttive – conclude Cavallera –.
Oggi siamo un’azienda solida che ha ottime prospettive per il futuro, già abbiamo assistito a un’inversione di tendenza: nel primo semestre 2015 il fatturato è cresciuto del 14% e ci attendiamo un risultato simile o anche migliore per il secondo semestre”.
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