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Manifesto per una scuola tecnica di eccellenza utile alla crescita del Sistema Paese

Scuola e lavoro si ergono su due sponde distanti intramezzate da un abisso difficile da colmare. Le aziende richiedono, infatti, profili tecnici costruiti con saperi e competenze nuove e ampie, ma le scuole, per varie ragioni, non rispondono all’appello. Lo scenario di mancanza di tecnici era già stato evidenziato da Romano Prodi a gennaio del 2016 quando ammoniva che, senza interventi immediati, le nostre imprese industriali avrebbero rischiato di chiudere. Tuttavia, l’allarme è rimasto inascoltato e la situazione è drammaticamente peggiorata.

Oggi una strada percorsa dalla politica per affrontare la questione è il Disegno di legge Valditara, approvato definitivamente dalla Camera nell’estate 2024, che introduce il modello 4+2: i giovani possono conseguire, da settembre 2024, il diploma di secondo grado in quattro anni anziché in cinque e proseguire negli Its Academy per altri due anni ottenendo un diploma di istruzione terziaria. L’argomento è stato evidenziato durante la chiacchierata, mercoledì 11 settembre, insieme a Chiara Lupi, Direttrice Editoriale di Edizioni ESTE, e Patrizio Bianchi, già Ministro dell’Istruzione nel governo Draghi, sotto la moderazione di Fabio Pizzul, Presidente Fondazione Ambrosianeum.

Ma come si è arrivati a questa ‘penuria’ di tecnici e di competenze? La situazione attuale è il risultato di riforme introdotte dagli Anni 80 che hanno privilegiato i licei a scapito dell’istruzione tecnica, soprattutto quella industriale, che di fatto e senza nessuna ragione si è ridotta a un percorso scolastico che nell’immaginario collettivo è considerato di serie B. Questo ha creato un grave disallineamento tra domanda e offerta che oggi si assesta al 50%. Non possiamo attendere oltre per intervenire: dobbiamo, in primis, comprendere quali settori economici soffrono maggiormente per la carenza di tecnici e quali tipi di aziende sono più colpite, considerando dimensioni e ruolo nelle catene di approvvigionamento. Occorre, inoltre, identificare i processi aziendali che prioritariamente necessitano di miglioramento e sapere quali competenze e mestieri mancano sia in termini di quantità sia di qualità. Ma con tutto ciò siamo ancora nella fase di “anamnesi”, poi c’è da costruire il “piano terapeutico” per far fronte ai bisogni, differenziato in interventi urgenti e interventi di profilassi e quindi di medio e lungo periodo.

Serve un piano industriale e infrastrutturale per l’Italia

Per il risollevamento dell’Italia, la crescita economica sostenibile e l’occupazione di qualità, ovvero non precaria, il sistema di istruzione tecnica, purchè di eccellenza, è una leva strategica. L’istruzione tecnica può, infatti, giocare anche un ruolo chiave nella gestione dell’emigrazione economica, con una politica di cooperazione allo sviluppo. Tuttavia è necessario disporre di un piano industriale e infrastrutturale chiaro per il Paese e determinare quale tipo di industria è necessaria per mantenere la crescita economica e preservare il nostro welfare, considerando la tipologia del nostro sistema economico industriale e il contesto economico globale, nel quale si deve operare, in continua evoluzione.

Per generare un impatto a lungo termine è, inoltre, fondamentale prevedere gli scenari economici futuri e affrontare il problema della competitività europea, che è attualmente in crisi. Il calo della produzione industriale per il 16esimo mese consecutivo (Fonte Istat) è legato alla crisi in Germania, il motore della Manifattura europea, che si basa su fattori strutturali e non congiunturali. Non basta, quindi, una politica industriale nazionale: in alcuni settori è necessaria una politica sovranazionale – per esempio Francia e Germania per l’Automobilistico – per garantire una crescita equa e la valorizzazione dell’indotto del settore. In assenza di tali piani, le nostre Piccole e medie imprese (PMI), che spesso appartengono alla Supply chain di gruppi industriali, rischiano di essere soppiantate da aziende manifatturiere di Paesi a basso costo di produzione e impegnati nella costruzione di una nuova manifattura avanzata.

La scuola deve aggiornare la propria offerta formativa curricolare ed extracurricolare

L’istruzione tecnica, nella sua definizione più ampia, può rispondere a questi problemi, ma deve impostare la propria strategia in modo corretto. Le imprese non sono tutte uguali e non esiste un modello unico rappresentativo dei loro bisogni. La scuola dovrebbe, quindi, maturare autonomamente una chiara comprensione del settore industriale nazionale e mondiale e del suo ruolo nell’economia globale, senza limitarsi a chiedere alle aziende quali competenze richiedono.

Le scuole dovrebbero dialogare anche con istituzioni di formazione aziendale che conoscono già e comprendono le esigenze delle imprese e possono aiutare a costruire soluzioni formative adeguate. Infatti, le scuole di formazione aziendale sono già in grado di fornire un’ampia gamma di soluzioni per soddisfare i bisogni di nuove competenze richieste dalle imprese, che, nel frattempo, si sono rivolte a scuole di business e management per colmare le lacune.

Per costruire un sistema di istruzione tecnica eccellente è necessario, infine, affrontare due aspetti fondamentali: l’obsolescenza e l’inadeguatezza dei curriculum; rendere attraente il sistema di istruzione tecnica e generare interesse verso le professioni tecniche (questo è il vero problema), tenendo conto del declino demografico (questo secondo aspetto è certamente più complesso). Dobbiamo assicurarci che le offerte formative attraggano studenti verso i percorsi tecnici richiesti. Soprattutto le professioni tecniche legate a funzioni aziendali ad alto valore aggiunto, come Marketing, Vendita e servizi post vendita di beni industriali complessi, nonché attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti o professioni legate a nuovi concetti di gestione industriale e Supply chain  sono, infatti, spesso sconosciute e senza un’offerta formativa adeguata. E per la seconda Manifattura in Europa, in un momento di crisi di competitività del Continente, è un handicap non di poco conto.

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Valerio Ricciardelli

Perito elettronico e laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano, è Maestro del Lavoro. Le prime esperienze lavorative sono nel campo dei sistemi di controllo. Nello stesso periodo, per nove anni, è anche docente di elettronica industriale presso un importante istituto tecnico serale. Contemporaneamente inizia la sua attività presso una società di un gruppo tedesco, leader mondiale nella componentistica per l’automazione industriale nonché partner del governo della Germania per la costruzione del modello duale della formazione professionale. Successivamente diventa Direttore Generale e Amministratore Delegato di una nuova società del gruppo che si occupa di consulenza strategica e operativa nelle aziende industriali a cui appartiene una scuola di Industrial Management e una divisione per i sistemi di apprendimento. È stato pioniere delle prime iniziative di formazione applicata superiore nazionali e transnazionali. Ha intrattenuto rapporti con molti istituti tecnici e istituzioni pubbliche ed è stato promotore e attore di iniziative riguardanti l’evoluzione delle professioni tecniche. Ha terminato la sua attività professionale nella posizione di Vice President del gruppo internazionale, per il settore della Global Education, occupandosi dell’interconnessione tra economia e mercato del lavoro per la progettazione e realizzazione di sistemi TVET per governi di Paesi in via di sviluppo.