Le aziende, oggi, per restare al passo con la concorrenza devono
soddisfare aspettative dei loro clienti che fino a ieri non esistevano. Per farlo, hanno la necessità di
aggiornare continuamente il modo in cui si rapportano con essi e i servizi che sono in grado di offrire attraverso nuovi modelli operativi.
In questi anni si sta passando da un concetto di personalizzazione sartoriale a uno di
personalizzazione di massa, ovvero alla necessità di rendere unico al grandissimo pubblico un prodotto che fino a ieri era di produzione seriale.
Di fatto il cambiamento non è guidato soltanto dalle esigenze dei clienti finali: anche
all’interno dell’azienda si sta verificando una trasformazione del processo produttivo che porta a una maggiore automazione, ottimizzazione dell’esecuzione e collaborazione con il network esteso. Alcuni processi o servizi stanno già beneficiando di questo
cambio di modello: per esempio oggi è possibile accelerare il disegno e il test di nuovi modelli utilizzando
il 3D printing in fase di prototipazione. Oppure migliorare sensibilmente la gestione della ricambistica, che tipicamente è affetta da problematiche di livelli di servizio e obsolescenza, sfruttando
il ‘manufacturing collaborativo’ per ottenere la flessibilità necessaria per un servizio on demand e più attento ai bisogni dell’utilizzatore finale.
Produzione manifatturiera collaborativa
Un aspetto molto rilevante per abilitare questo cambiamento è
l’aggregazione di un ecosistema che sia in grado di supportare la flessibilità richiesta dal mercato e abiliti il rinnovamento del proprio modello operativo. Ma cosa vuol dire questo davvero?
Secondo la società di ricerca Lux Research le aziende, anziché continuare a cercare d’inglobare tutte le aree della catena del valore, stanno cercando di costruire un ecosistema simbiotico in grado di
federare le competenze, trasformando l’impianto legato alla conoscenza da proprietario a collaborativo.
Un esempio tra i tanti è quello della National Aeronautical and Space Agency (Nasa) che ambisce a ridurre i costi di assemblaggio dei motori dei veicoli spaziali consentendo l’attività di fabbricazione di questi direttamente in orbita. In teoria, il 3D printing permetterebbe di effettuare questi assemblaggi utilizzando i materiali disponibili localmente e la European Space Agency (ESA) ha già cominciato a lavorare all’approfondimento di questa tecnica.
Se il parallelo con lo spazio e il futuro sembra troppo ambizioso, basta rivolgere lo sguardo verso l’industria manifatturiera prendendo come esempio
la gestione della ricambistica negli impianti produttivi; questo è spesso basato su un’economia di scala che ha una bassa visibilità sull’effettivo utilizzo che sarà necessario negli anni successivi, costringendo le aziende a stipulare contratti pluriennali per garantirsi uno specifico pezzo anche quando questo non sarà più in produzione, ma si renderà ancora indispensabile.
Con
la tecnologia del 3D printing ogni pezzo fisico può essere digitalizzato per essere stampato solo nel momento in cui questo è necessario riducendo, per esempio, i livelli di stoccaggio in magazzino, i costi di trasporto fino all’85%, il tempo di approvvigionamento fino al 90% e i tempi di riparazione fino al 60%. Ma soprattutto permette di
cambiare l’approccio alla catena del valore orchestrando le attività su soggetti specializzati nelle varie fasi e fornire un servizio di approvvigionamento distribuito e su richiesta. In questo panorama stanno emergendo nuovi soggetti come le società d’ingegneria, i Service Bureau, gli enti certificatori, i produttori di stampanti per il 3D printing e le università che si pongono come elementi fondamentali del nuovo assetto collaborativo.
Questo è
l’industrial consumerism, un nuovo contesto nel quale i clienti industriali si comportano sempre più come consumatori e dove le nuove tecnologie come il 3D printing, che abilitano un modello di produzione e distribuzione collaborativa, hanno rivoluzionato quello che prima era la lineare catena del valore manifatturiero.
Mercati emergenti ed evoluzione dei servizi
Su tematiche così ampie e complesse, soprattutto quando interessano la revisione dei modelli di business e operativi, alcuni mercati fanno da pioniere e altri seguono per imitazione.
È questo il caso dell’industria automotive con, per esempio, la prototipazione e l’utilizzo del 3D printing per risolvere problemi di design permettendo quindi di accelerare la creazione di nuovi modelli e ottimizzare il disegno e peso di prodotti e parti.
Il cambiamento, tuttavia, pervade tutte le tipologie di processi e servizi. Basti pensare al caso dei
nuovi servizi legati agli apparecchi odontoiatrici i quali vengono stampati localmente e inviati direttamente al cliente finale riducendo e limitando i controlli necessari in studio dal dentista. Questo approccio ha cambiato radicalmente le modalità e i costi legati al servizio, così come la reingegnerizzazione, tramite il 3D printing di attrezzi metallici di fabbrica con materiali plastici, sta pian piano modificando il modello di costo dell’attrezzaggio sullo
shopfloor e sta facendo crescere un ecosistema di stampatori e disegnatori in grado di fornire questo tipo di servizio.
Ulteriori settori emergenti, secondo la ricerca di Gartner ‘
Hype Cycle of 3D printing’, sono
la stampa dei modelli anatomici da utilizzare come preparazione agli interventi chirurgici,
l’elettronica stampata, l’utilizzo del 3D printing nel settore aerospaziale e della difesa.
È evidente che per far funzionare questi nuovi modelli collaborativi in cui lo scambio delle informazioni avviene tra tutti gli anelli della catena,
sono necessari un elemento di orchestrazione e una piattaforma collaborativa. Questi soggetti prendono il nome di
ecosystem orchestrator in grado di
analizzare e ottimizzare il business case per tutti gli attori della catena, ma anche di fornire
servizi specifici: per esempio, il trasferimento sicuro di contenuto digitale, la pianificazione integrata e piattaforme collaborative di supporto al processo.
Questi
ecosystem orchestrator, come Accenture, stanno costruendo al proprio interno una comunità sempre più nutrita di risorse dedicate alle tematiche del 3d printing, sviluppando un know how interno con focus sui processi e sulle tecnologie di lavorazione, su testing e certificazione, su cybersecurity, così come sui materiali e su algoritmi e strumenti che consentano di adattare e di ripensare la progettazione e l’industrializzazione in ottica di stampa 3D.
Ulteriore elemento distintivo dei servizi offerti è rappresentato dalla
capacità di assicurare un rapporto duraturo tra l’azienda cliente e l’ecosistema di riferimento. In uno scenario fortemente variabile come quello delle tecnologie additive, rappresenta un valore aggiunto notevole per un’azienda che vuole applicare in modo sostenibile questi modelli distribuiti e collaborativi potere accedere costantemente alle informazioni più aggiornate relative alle nuove tecnologie e possibilità di sviluppo.
Ripensare la propria catena del valore
La crescita del mercato legata al Collaborative manufacturing è principalmente guidata da:
agilità, che permette di cambiare il rapporto con il cliente interno e con quello finale creando e realizzando soluzioni on demand cucite con modalità sartoriale sulle specifiche esigenze;
industrial consumerism, che spezzi il paradigma della produzione di massa per la personalizzazione di massa;
nuovi modelli operativi, individuando le aree di applicabilità e la trasformazione che un modello collaborativo potrebbe portare come valore aggiunto;
risparmio economico, valutando l’intera catena del valore e non solo la produzione di ogni singolo pezzo.
In un panorama caratterizzato da
un’inarrestabile evoluzione degli assetti produttivi, le aziende devono essere disposte a mettere in discussione e
rivedere i propri modelli di business e operativi, investendo sull’innovazione e ripensando il proprio approccio a quest’ultima.
Abbracciare
un approccio collaborativo è fondamentale per acquisire know how, instaurare sinergie e affrontare in maniera sostenibile, grazie a logiche di economia di scala, un viaggio complesso e affascinante che, se da un lato sembra aver già compiuto un rilevante tragitto, nella realtà dei fatti è appena cominciato.