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Logistica marittima, il continuo aumento dei costi dei noli

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Continuano ad aumentare i costi dei noli marittimi, ma all’interno di uno scenario differente rispetto alla post pandemia. L’aumento del costo dei noli marittimi registrato nel 2021, quando un 40 TEU (TEU è la misura standard del traporto marittimo che corrisponde a un container con capacità 33 metri cubi, ndr) sulla tratta Shangai-Genova raggiunse il picco astronomico di 14mila dollari, fu prevalentemente determinato dall’incremento di domanda di merci a seguito di due fattori: da un lato, la ripresa dei consumi post pandemia e, dall’altro, l’effetto degli stimoli all’economia derivanti dai pacchetti governativi (in primis, per portata, quello americano). La logistica marittima ha sperimentato sulla propria pelle un fenomeno ben noto a chi si occupa di gestione della Supply chain: l’effetto bullwhip. Una variazione della domanda al consumo si amplifica esponenzialmente ripercorrendo la catena a ritroso determinando questi effetti.

L’incremento attuale – il nolo del 40 TEU da Shangai a Genova ha raggiunto 7.200 dollari contro i circa 3.600 dollari di fine aprile e 1.300-1.500 dollari nell’autunno 2023 – non deriva tanto, invece, dalla domanda di noli, che si mantiene stabile con un trend in leggero aumento, quanto da una serie di concause. La prima è la reticenza delle compagnie armatoriali di usufruire del canale di Suez per il perdurare di condizioni geopolitiche instabili. La circumnavigazione dell’Africa comporta, però, tempi di navigazione aggiuntivi di una o due settimane, che possono diventare anche tre o quattro a fronte di condizioni marittime avverse (è noto il Capo di Buona Speranza che deve il suo nome a mari particolarmente tumultuosi), che si traducono in incremento del costo della tratta. Si stima che si spenda almeno 1 milione di dollari in più a viaggio girando intorno all’Africa anziché attraversando Suez.

Ma non è tanto questo l’elemento importante, quanto proprio il fattore tempo. In una tratta andata e ritorno, due o otto settimane in più possono rappresentare un fattore decisivo per diminuire il numero di rotazioni annue di una nave portacontainer e anche di container stesso, che passano da quattro o cinque rotazioni/anno a due o tre rotazioni/anno. Il risultato dell’incremento dei tempi di navigazione è, in definitiva, la scarsità della risorsa nave/container sul mercato, dimensionata per soddisfare una domanda che è sempre la stessa di prima, anzi in leggero aumento, ma con il canale di Suez disponibile.

In realtà sono proprio i container che mancano, perché le navi sono cresciute a ritmi da primato in questi tre anni proprio in risposta alla crisi di capacità post covid – sono 461 le consegne previste nel 2024 e un aumento della capacità di almeno 1 milione di TEU solo nei primi 4 mesi dell’anno. Nonostante questo, proprio a seguito dell’aumento dei tempi di percorrenza, non esistono praticamente oggi navi ferme, se non nei porti in attesa di scaricare (i tempi di attesa scarico a Shangai possono arrivare a 40 giorni). Sono i container a essere introvabili.

La transizione green è la sfida della logistica

Il secondo elemento che sta generando un incremento dei prezzi è la transizione green a cui le compagnie armatoriali saranno chiamate. La strategia sulle emissioni di gas serra dell’Organizzazione marittima internazionale mira a raggiungere lo zero netto entro il 2050, dall’attuale 2% delle emissioni globali di anidride carbonica di cui è responsabile il trasporto marittimo. La carbon tax per il settore, prevista dal 2025, sta mettendo in un vicolo cieco e con le spalle al muro gli armatori. Si calcola che questa multa per le emissioni di anidride carbonica imporrà costi aggiuntivi alle navi che toccano i porti europei pari a complessivi 7-8 miliardi di euro (800-900 milioni per l’Italia).

Ad oggi, però, gli armatori che vogliono costruire una nuova nave carbon free, e non pagare la carbon tax, brancolano nel buio, perché non sanno su quale carburante puntare per sostituire quelli attuali. Una vera soluzione tecnica, sostenibile economicamente e ambientalmente non esiste e, forse, non esisterà mai. Non esiste una soluzione per problemi di autonomia (ammonica, metanolo e idrogeno), costo della nave, costo del carburante (GNL) e disponibilità mondiale del carburante (biocombustibili) e sicurezza.

Per cui è probabile che, sic stantibus rebus, le compagnie armatoriali, volenti o nolenti, devono pagare la carbon tax. L’incremento dei costi dei noli, a questo punto, penso possa generare la riserva necessaria per pagare i costi della transizione energetica. Come in ogni altro settore, è probabile che i costi della transizione energetica ricadono sull’anello a valle e, da lì, a cascata sull’ultimo anello della catena: il consumatore finale.

La stagione invernale fa aumentare la domanda di merci

Terzo elemento è l’effetto che il costo dei noli ha sui ricavi e sul valore del titolo delle principali compagnie armatoriali quotate in borsa. Nel periodo post pandemico, a seguito dell’impennata dei costi del trasporto marittimo, i valori delle azioni delle principali compagnie armatoriali erano saliti anche del 500-1000% in un anno, per poi tornare ai livelli iniziali una volta che i costi dei noli sono tornati a valori normali. Si può, quindi, ipotizzare che i prezzi spingeranno le azioni verso l’alto, allo stesso tempo le compagnie di navigazione hanno l’interesse a tenerli alti affinché i prezzi delle azione continuino a salire.

La situazione non sembra volgere al meglio nel prossimo futuro, dal momento che la domanda nel breve è destinata a salire. La stagione invernale del commercio, con Black Friday, Cyber Monday e le festività natalizie alle porte spingono verso l’incremento della domanda di merci dal Far East. D’altro canto, anche il timore di introduzione di dazi per contrastare il dumping cinese di prodotti, porta molti importatori ad anticipare il trasporto mettendosi in casa scorte al riparo da dazi.

Se perdurasse il blocco del canale di Suez e non vi siano evoluzioni in materia fiscale sulla carbon tax appare probabile, quindi, assistere a costi dei noli simili o anche superiori a quelli post pandemia.

Canale Suez, logistica marittima, social dumping