Lo sviluppo industriale dovrebbe essere una priorità. Ma nelle ultime settimane la sensazione è che il senso di urgenza sia catalizzato da altre questioni.
Dare maggiore dignità alle classi più deboli è un proponimento virtuoso, però non ci dobbiamo dimenticare che
sostenere le politiche industriali ha un effetto su crescita e occupazione. Non immediato, d’accordo, ma misurabile nel lungo periodo. E poi c’è la questione del nostro debito, di cui nessuno parla, ma intanto cresce. Ci sono misure che si possono adottare, come spiega il Presidente di Confindustria nell’intervista di copertina di
Sistemi&Impresa.
La spesa corrente sale, gli investimenti pubblici scendono bloccando la crescita, ora a poco più dell’1%, e intanto lo stock del debito aumenta e prima o poi scoppierà costringendoci a pesanti ristrutturazioni, e allora sì che ci sarà da ridere! Quindi,
di cosa ha bisogno il nostro Paese? Di politiche urlate contro nemici inesistenti o di sostegni concreti allo sviluppo?
Il momento è delicato. Sono trascorsi 24 mesi dal primo Piano Industria 4.0 e siamo di fronte a un evidente rischio: non sono più le piccole imprese che faticano a sopravvivere, ma
sono a rischio di estinzione le aziende che restano ai margini degli ecosistemi di innovazione, fuori dai sistemi distrettuali, lontani dai centri di competenza dove si fa ricerca e si condivide innovazione.
Certo, le piccole imprese tendono a faticare di più nel processo di adozione delle tecnologie digitali e per questo vanno accompagnate, tuttavia
ora diventa fondamentale la capacità di utilizzare in modo strategico gli strumenti tecnologici. Come spieghiamo nell’articolo degli Scenari macroeconomici, una accelerazione nella riconfigurazione dei sistemi produttivi manifatturieri può concretizzarsi solo all’interno di un sistema virtuoso nel quale
imprese, centri di ricerca e istituzioni lavorano in un regime collaborativo.
I tempi corrono veloci.
La fatturazione elettronica sta diventando l’unica modalità possibile di emissione delle fatture: processi e prassi operative dovranno essere ridisegnati e adeguati cercando di sfruttare al meglio tutte le opportunità. Dedichiamo un ampio dossier, diviso in due puntate (la seconda parte sul numero di Settembre), a
un processo che può diventare totalmente digitale dando corpo al sogno dell’ufficio paperless. Ma va gestito.
Il digitale è entrato a gamba tesa anche nella manutenzione, ormai diventata una ‘scienza’. Scordiamoci le sostituzioni dei componenti per entrare nella ‘data driven maintenance’, dove modelli matematici e statistici guidano i manutentori nell’adozione di un punto di vista basato sui dati. Per questo
trasformare dati in informazioni grazie a soluzioni di Business Intelligence è diventato fondamentale.
L’Italia è un Paese meraviglioso, popolato da imprenditori che hanno compreso le potenzialità del digitale molto prima che le istituzioni puntassero i riflettori sul 4.0.
Correva l’anno 2000 quando l’azienda iGuzzini ha iniziato a sviluppare soluzioni di produzione intelligente…
Imprese così hanno bisogno di continuità e di dibattiti seri sul futuro e sulla competitività del sistema. Già si fa molta fatica a giocare, se cambiano continuamente le regole finisce che non ci si diverte più.
Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 sceglie di diventare imprenditrice partecipando all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige Sistemi&Impresa e pubblica dal 2008 su Persone&Conoscenze la rubrica che ha ispirato il libro uscito nel 2009 Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie pubblicato nel 2012.Le riflessioni sul lavoro femminile hanno trovato uno spazio digitale sul blog www.dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager.