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L’industrializzazione prodotto. Crocevia di competenze

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L’industrializzazione prodotto quale crocevia di competenze Quanto finora esposto già permette di trarre le prime con­ elusioni: stiamo descrivendo le aree di intervento di un reparto impegnato su diversi fronti che, proprio per questo, appare complesso nel suo impegno multidisciplinare. Questo permette al personale industrializzatore di acquisire spiccata padronanza e sensibilità in ambiti sia prettamente tecnici che gestionali. Proprio per queste singolari peculiarità, che rendono l’Ente Industrializzazione una sorta di arteria di comunicazione aziendale, sfruttiamo questa posizione privilegiata per la sua “centralità” al fine di creare un centro di eccellenza aziendale che funga da coordinamento per tutte quelle attività in cui il successo è strettamente dipendente da quanto i vari Enti riescono a lavorare in team con profitto. Questa logica contrasta con successo la conflittualità che spesso si instaura tra le varie Unità aziendali ognuna intenta a perseguire i propri obiettivi. Questo modo di lavorare permette di uscire dai soliti schemi consolidati: laddove si instauravano le cosiddette ‘parrocchie aziendali’ ora si insinua una nuova figura che, coordinando le Unità coinvolte, definisce le responsabilità, assegna i vari compiti, e concorda le scadenze. Tutto ciò determina un atteggiamento vincente che si instaura all’interno del Nuovo Gruppo costituito da personale appartenente a diversi enti aziendali. Tutti collaborano attivamente per il raggiungimento di un obiettivo comune e il successo viene assicurato dal fatto che il Nuovo Gruppo, già dalle prime battute, esclude quegli eventuali ‘elementi di disturbo’ che non collaborando oppure non impegnandosi abbastanza nel perseguire gli obiettivi con­ cordati,  rischiano di vanificare tutti gli sforzi del Gruppo nel raggiungere gli obiettivi definiti. Si sviluppa così u n atteggiamento di grande correttezza e solidarietà tra le persone che ora non si sentono solo appartenenti ad una specifica Unità ma si sentono appartenenti anche ad un Gruppo interdisciplinare che si pone e persegue obiettivi a livello aziendale. Per rendere possibile quanto sopra descritto, prendiamo l’Industrializzazione e vi inseriamo al suo interno del personale altamente qualificato, di spiccata esperienza e che ben conosce  l’Azienda e i suoi prodotti. Le risorse coinvolte dovranno essere necessariamente d i estrazione tecnica ma che con il tempo hanno imparato anche a fare della gestione la loro arma vincente. L’aspetto caratteriale non solo aiuta ma in questo caso diventa determinante. Dovranno per questo essere privilegiati  i soggetti  dotati di capacità  di mediazione, dotati comunque di forte determinazione ma pur sempre mantenendo un atteggiamento equilibrato. A questo punto lavoriamo sui compiti affidati articolandoli opportunamente in modo che, nel perseguire gli obiettivi canonici che la funzione Industrializzazione implica oggi, l’attenzione venga rivolta più alla metodologia di lavoro, atta alla ricerca dell’ottimizzazione di tutti i processi aziendali,  produttivi e non, in modo che l’Azienda possa raggiungere le performance tecnico produttive attese per il contesto in cui è inserita. Prima di ogni altro aspetto, sarà importantissimo porre una sorta di ‘filtro’, a quanto emesso dall’Ente Tecnico, in modo tale da determinare una efficace azione di ottimizzazione progettuale che tenga conto specificatamente anche delle esigenze produttive non sempre note al progettista puro. Un ulteriore aiuto a quest’ultimo costituirà il supporto nell’ambito della costificazione a mezzo analisi del valore delle diverse soluzioni  tecniche ipotizzate. Questo lo aiuterà a decidere per l’una o l’altra soluzione tecnica tenendo in considerazione anche l’impatto sui costi (design  to cost). Non  ultima,  questa  suddetta azione di filtro consente di perseguire importanti obiettivi di standardizzazione della componentistica. Ecco così che adottando sistematicamente il medesimo componente saremo in grado di far ‘massa  critica’ nell’acquisto o nella produzione di quel codice. Questo ci permetterà di acquistarlo e/o produrlo ad un minor costo per effetto dei maggiori volumi e di conseguenza dei maggiori lotti. Riuscire a pilotare queste attività a monte del processo di sviluppo prodotto anziché implementare costose azioni correttive  una volta che il prodotto è già in Produzione, ebbene questo costituisce puro  valore aggiunto. Vediamo perché: 1 – Abbiamo ottimizzato dal punto di vista tecnico il Progetto già in fase di sviluppo; 2 – Abbiamo ottimizzato il Progetto dal punto di vista ‘costi’; 3 -Abbia mo anticipato una buona parte dei problemi che immancabilmente si sarebbero presentati in un momento successivo quando il progetto era già emesso definitivamente; 4 – Come un buon direttore d’orchestra abbiamo ‘acceso’ al momento giusto ogni Ente aziendale che eseguendo nei tempi le attività definite di propria pertinenza, contribuisce  a rendere producibile quanto pensato dal progettista. Tutto ciò con un occhio di riguardo al rispetto del­ la tempistica che ci permette di raggiungere l’atteso time to market; 5 – Evitiamo di dover ricorrere a pesanti manovre correttive da applicarsi al Progetto. Questo permette alle risorse di dedicarsi al prossimo Progetto anziché rimaneggiare parte del lavoro fatto allo scopo di migliorarlo tecnica­ mente, renderlo più facilmente producibile, farlo costare meno, standardizzare la componentistica con quella già in uso in Azienda o altro ancora. Questo costituisce il valore aggiunto che intendiamo ottenere. La definizione dei Kpi per l’industrializzazione prodotto Per fare tutto quanto sopraesposto le Kpi (key performance indicator) definite per l’ente in oggetto dovranno misura re le economie raggiunte ed il rispetto della tempisti­ ca f issata piuttosto che limitarsi a monitorare la pura attività di industrializzazione prodotto svolta. In altre parole: in questa funzione l’aspetto “qualitativo” del lavoro svolto diventa componente, non solo irrinunciabile, ma assolutamente prepondera n te. Ora, premesso quanto sopra, diventa intuibile che il personale in forza a questa unità deve presentare degli skill polivalenti: deve necessariamente essere di estrazione tecnica ma altrettanto importante è la componente rivolta al­ l’aspetto gestionale. Accanto alla specifica quanto scontata competenza tecnica,  una spiccata sensibilità verso le ben note discipline del “design  to cost” e “time to market”, costituiscono gli elementi  essenziali che completa­ no la professione del’”‘Industrializzatore Evoluto”. Conclusioni Riepilogando, l’ente Industrializzazione Prodotto presenta le seguenti caratteristiche: • Garantisce la producibilità di un progetto; • Ottimizza il processo produttivo in modo da renderlo affidabile e veloce anche con l’ausilio di particolari attrezzature; • Affonda le sue radici nell’ambito tecnico; • Conosce alla perfezione l’Azienda in cui opera e il suo prodotto; • È particolarmente attenta ai costi sia del prodotto che agli investimenti per produrlo calcolandone il ritorno economico; • Persegue  obiettivi  di standardizzazione prodotto; • Ha sensibilità sull’importanza del rispetto dei tempi pianificati (time to market); • Opera nel rispetto dei target  f issati  per ognuno degli aspetti  sopraelencati; • Coordina i reparti  di attrezzeria/prototipazione; • Ha spiccate attitudini a lavorare in team; • Governa le riunioni e coordina le attività assegnando i compiti ai vari Enti. Il crocevia di competenze, come personalmente sono in­ cline  a definire la funzione dell’Industrializzazione Prodotto, così facendo diventa  il fulcro attorno al quale l’intera Azienda,  che si occupa della parte di Sviluppo Prodotto, ruota. Dal punto di vista della Direzione aziendale, la stessa funzione diventa il ‘garante’ che tutto venga eseguito nel modo più rapido, efficace e con un livello di ottimizzazione superiore rispetto a quelle Aziende che operano in maniera tradizionale. Quindi: il poter disporre di un filtro all’attività di Progettazione che supporti l’Ingegneria, anche tenendo conto del­ le implicazioni economiche/logistiche/ produttive, unitamente al monitoraggio del corretto avanzamento fisico del Progetto, dona all’Azienda una marcia in più per quanto concerne la reale efficacia ed efficienza dell’intera compagine dedicata allo sviluppo dei nuovi prodotti. I target definiti nell’ambito di “Design to Cost” e “Time to Market” diventano effettivi obiettivi da perseguire già nelle fasi di sviluppo embrionali del Progetto. Più siri­ uscirà a “scremare” la maggior parte dei problemi prevedendoli e gestendoli in anticipo, meno azioni correttive dovremo implementare a posteriori, quando ci si dovrà dedicare ai problemi reali, quelli imprevedibili in quanto derivanti dall’esito di test e collaudi. Le competenze del personale impiegato nell’ente qui presentato, affondano le loro radici nel ruolo classico dell’Industrializzatore, pertanto di estrazione prettamente tecnica, come abbiamo  avuto già modo di dire. Questa base tecnica amalgamata sapientemente ad  una competenza propria  del Program Manager che la completa con la sua predisposizione a gestire ed a perseguire gli obiettivi aziendali con rara determinazione, costituisce una sorta di “pro­ pulsare aziendale” che muove l’Azienda all’unisono e in modo coordinato. Anche le tecniche di analisi del valore sono da menzionarsi nel confezionamento di questa sorta di ‘ritratto dell’Industrializzatore’. Ma queste tecniche  costituiscono solo delle metodologie di preventivazione che, per una risorsa avente i requisiti sopradescritti, rappresentano solo degli indottrinamenti da apprendere e far propri.  Bene, come ogni buon propulsore per farlo funzionare abbiamo bisogno del giusto carburante che nel nostro caso è costituito dall’esperienza e dalla conoscenza del prodotto da parte del personale preposto a questo difficile quanto entusiasmante compito. Quanto sopra riportato è stato da me personalmente sperimentato con successo in diverse Aziende del nord-est italiano che, grazie a questo approccio e metodologia sistematica di lavoro, sono diventate leader nell’ambito in cui opera­ vano, nonostante questo fosse caratterizzato da un contesto di forte competizione con realtà notoriamente più ‘performanti’ come, per esempio,  quelle giapponesi.  
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