Come le nuove tecnologie digitali rivoluzioneranno il modo di fare business
di Andrea Bacchetti e Massimo Zanardini, Università di Brescia, Supply Chain & Service Management Research Center
Le aziende italiane (ma non solo), stanno affrontando un periodo ricco di cambiamenti, che si susseguono a velocità notevolmente superiore a quanto già accaduto in precedenti momenti storici. Saper cogliere le direttrici di questo cambiamento è fondamentale per poter trasformare questi input in concreti percorsi di cambiamento.
Direttrice #1: nel prossimo futuro la manifattura smetterà di essere semplicemente la produzione di beni materiali e si sposterà sempre di più verso una produzione di soluzioni. Beni materiali e servizi saranno sempre più integrati. È il ben noto concetto della ‘servitizzazione’, che sta colpendo svariati comparti industriali, in particolare quelli caratterizzati da prodotti con elevata vita utile e valore commerciale. Del resto, sempre più spesso il cliente si aspetta di essere seguito non solo durante l’acquisto, bensì, e in misura ancora superiore, durante l’utilizzo del prodotto. L’attenzione non è più esclusivamente sul valore di acquisto del bene, bensì sulle performance che è in grado di garantire durante l’intera vita utile, ovvero sul valore d’uso del prodotto.
Direttrice #2: il trend (medio) della domanda commerciale di prodotti sta assumendo un andamento completamente differente rispetto a pochi anni fa. Le aziende sempre di più si trovano (e troveranno) a competere all’interno di mercati stazionari o addirittura in recessione, rendendo necessario (talvolta imprescindibile) intraprendere percorsi di internazionalizzazione.
Direttrice #3: ultimo elemento da considerare è la sempre maggiore frammentazione della domanda di prodotti, legata alla volontà del cliente di personalizzare il prodotto/la soluzione che intende acquistare. Tale esigenza si traduce in una maggiore ampiezza di gamma, con annessa riduzione della domanda di ogni articolo ‘a catalogo’. Questo è il ben noto paradigma della ‘coda lunga’ di Chris Anderson , che prima di tutti ha saputo cogliere e spiegare il fatto che il business del futuro non consisterà tanto nel produrre pochi prodotti in elevate quantità, bensì nella capacità di produrre tanti codici con domanda relativamente ridotta.
In questo senso, è evidente come il modello della mass production, le cui parole chiave sono la saturazione degli impianti e la lottizzazione, non sarà più (necessariamente) il paradigma produttivo idoneo per rispondere a un profilo di domanda tendenzialmente più intermittente. La risposta potrebbe essere il modello della mass customization, che permetterà (almeno in alcuni comparti manifatturieri) di realizzare lotti molto piccoli, al più anche unitari (delle vere e proprie commesse singole non ripetitive), garantendone comunque la competitività economica. La parola chiave diventerà cioè la flessibilità.
In questo scenario competitivo in profonda evoluzione, s’inseriscono le nuove tecnologie digitali, ora disponibili a prezzi accessibili (anche) alle PMI. Queste tecnologie, secondo autorevoli fonti (Scientific American , McKinsey ), agiranno in modo così trasformativo sui prodotti e sulle modalità operative per realizzarli (processi), tali da innescare una vera e propria nuova rivoluzione industriale.
Tra le svariate tecnologie a oggi in corso di maturazione, il Laboratorio SCSM sta considerando, nell’ambito della propria ricerca nazionale focalizzata sulla manifattura digitale, (i) il 3D Printing, (ii) l’Internet delle Cose, (iii) la Realtà Aumentata, (iv) la Realtà Virtuale, (v) le Nanotecnologie e (vi) l’Intelligenza Artificiale.
3D printing: stato dell’arte e trend evolutivi
La tecnologia rappresenta una vera e propria rivoluzione, che capovolge il tipico paradigma produttivo che funziona per sottrazione di materiale. La peculiarità delle tecniche di stampa tridimensionale deriva dalla loro capacità di non essere vincolate dalla complessità dell’oggetto: i processi additivi con cui realizzano l’oggetto prescindono infatti dalla forma e dalla geometria del pezzo medesimo, di fatto andando oltre ai classici limiti della produzione tradizionale.
Dagli studi di Wohlers , emerge chiaramente la trasversalità dell’impatto di queste tecniche additive. Gli ambiti applicativi sono davvero innumerevoli: dall’aerospaziale al medicale, dall’automotive alla produzione di beni di consumo. Le motivazioni di questa eterogeneità applicativa sono da ricercarsi nei benefici che le aziende di questi settori possono ottenere dall’introduzione di stampanti 3D. Per esempio, il settore della macchina speciale può giovare della capacità di realizzare prodotti unici (su specifica del cliente) in tempi molto brevi, bypassando le operazioni di realizzazione di uno stampo o di un utensile, convertendo il modello 3D direttamente in un prodotto funzionante.
Sono tre gli ambiti applicativi in cui il 3d printing sta dimostrando di avere enormi potenzialità, seppur con gradi di maturazione differenti:
– Prototipazione rapida & pre-serie: in questo caso il processo additivo viene utilizzato per la realizzazione di prototipi, grazie a cui effettuare valutazioni estetiche e/o funzionali. Questo è stato il primo ambito applicativo in cui la stampa 3D ha trovato spazio, e sino a qualche anno fa era anche l’unico. La nota casa automobilistica Ford, sta implementando la tecnologia additiva per la prototipazione di numerosi componenti delle proprie autovetture (a partire da elementi di locomozione come motore e organi di trasmissione, sino a ammortizzatori ed elementi della carrozzeria), comprimendo il tempo di sviluppo (passato da alcuni mesi ad alcune settimane ) e massimizzando l’efficacia progettuale (sono consentite diverse prove, con impatto minimo sui costi). Anche l’azienda Bticino utilizza stampanti 3D per la realizzazione di numerosi prototipi estetici e funzionali dei propri componenti, garantendo così la concomitanza della progettazione meccanica con quella elettrica. La ‘democrazia’ della rivoluzione associata al 3d printing è evidente nella misura in cui non solo le grandissime aziende possono permettersi di implementare questa tecnologia. SEF srl, azienda del bresciano (emblematico esempio di PMI italiana) raggiunge di fatto gli stessi benefici di Ford. Nello specifico, ciò che rende la stampa 3D così vantaggiosa è la possibilità di passare direttamente dalla fase di design a quella di produzione, eliminando i passaggi intermedi di realizzazione di utensili e stampi, garantendo al produttore la convenienza della produzione (anche) in piccoli volumi.
– Produzione di componenti finiti: l’implementazione della stampa 3D garantisce l’ottenimento di forme complesse e geometrie non realizzabili con i metodi sottrattivi, con l’opportunità di migliorarne alcune caratteristiche meccaniche. Giusto per citare un caso noto, GE Aviation, già oggi stampa diversi componenti delle proprie turbine con tecnologie additive, con volumi dell’ordine dei 100.000 pezzi/anno. Questo è il segnale che la tecnologia sta evolvendo, smettendo di essere efficace solo sulle piccole o piccolissime serie, bensì risultando credibile anche per produzioni di media serie. Nel caso specifico, i benefici possono essere valutati non solo dal punto di vista delle prestazioni delle turbine (più leggere e durevoli), ma anche in termini di efficienza del processo produttivo: gli ugelli necessari per l’immissione del propellente nella turbina vengono ora realizzati in un unico step produttivo, mentre con le tecnologie tradizionali era necessario produrre separatamente 20 componenti, successivamente da assemblare.
– Produzione on demand di parti di ricambio: la possibilità di modificare radicalmente la configurazione tipica delle filiere post-vendita delle aziende produttrici di beni di consumo durevole è uno scenario ad oggi poco investigato, sebbene molto interessante. Queste filiere sono caratterizzate da una complessità molto elevata, dovendo gestire gamme molto ampie di parti di ricambio, normalmente caratterizzate da forte sporadicità della domanda. Questo significa che, per garantire un adeguato livello di servizio, le aziende devono produrre/acquistare e poi stoccare ingenti quantità di codici, senza avere alcuna certezza circa l’utilizzo effettivo degli stessi. Se tali aziende avessero l’opportunità di stampare al bisogno i componenti necessari all’intervento manutentivo, ridurrebbero in modo ingente i costi di stoccaggio e trasporto della merce, garantendo un livello di servizio (quasi) pari al 100% .
Wohlers stima la suddivisione della stampa 3D nei tre ambiti descritti in precedenza. In particolare, la prototipazione assorbe oggi circa il 50% delle applicazioni a livello mondiale, mentre la produzione di componenti finiti si attesta attorno al 28%, in sostanziale crescita anno per anno.
Internet delle cose (IoT)
Elemento peculiare della tecnologia IoT è la possibilità che ogni oggetto possa essere in grado di scambiare in modo autonomo informazioni con gli oggetti circostanti, modificando anche il proprio comportamento in funzione degli input ricevuti dagli altri oggetti. Si è iniziato a parlare di IoT sin dal 2010, da quando (secondo Cisco, uno dei maggiori fornitori di soluzioni ICT che sta puntando sempre più l’attenzione sul complesso mondo dello IoT ), il numero di oggetti connessi alla rete (di qualsiasi tipologia e dimensione) ha superato il numero degli abitanti del nostro pianeta. Si stima che entro il 2020 gli oggetti in grado di comunicare ed interagire arriverà a superare la soglia dei 50 miliardi.
Secondo lo studio effettuato da Gartner, l’IoT si trova molto vicino al picco della curva delle aspettative: a oggi del resto si tratta di un tema molto discusso, sebbene le applicazioni effettive siano ancora ridotte e i risultati richiedano ancora tempo prima di poter essere pienamente quantificati. Non a caso, Gartner stima in almeno 10 anni il periodo di maturazione definitiva, coerentemente con la necessità da parte dei provider tecnologici di creare piattaforme, protocolli ed ecosistemi di sviluppo integrati e diffusi su scala mondiale, in grado di garantire la sicurezza dell’interazione tra oggetti diversi in real time. Le attuali applicazioni sono state infatti implementate in versioni create ad hoc, utilizzando diversi standard per lo sviluppo e il deployment. In questo senso i limiti appaiono ancora molto forti.
L’utilizzo di queste nuove tecnologie abilita il processo di servitizzazione delle aziende, di cui alla Direttrice #1 descritta in precedenza. Tale fenomeno è alla base di tutte le politiche di ‘sfruttamento’ dei prodotti in conformità a quanto vengono effettivamente utilizzati dal cliente (pay x use), oppure in funzione delle ore di disponibilità (pay x availability), oppure in base al rendimento che essi garantiscono (pay x performance). Un ruolo chiave ce l’ha ovviamente il ritorno delle informazioni (dai clienti verso i produttori) legate allo stato di funzionamento del prodotto e delle condizioni al contorno (grazie a sensori miniaturizzati), tramite cui poter elaborare specifiche politiche di manutenzione e service. Rilevanti sono gli esempi di Xerox e di Rolls Royce. In particolare, l’azienda britannica ha intrapreso un percorso di servitizzazione già dal 2005: tecnicamente essa non vende più turbine per aerei, bensì le ore di volo che tali turbine sono in grado di garantire, permettendo cioè al cliente di pagare un canone mensile/annuale in base all’effettivo utilizzo. I dati sul funzionamento (prestazioni e condizioni) dei motori sono rilevati da sensori avanzati e inviati in tempo reale via satellite al centro operativo R-R in cui vengono elaborati fino a generare report contenenti segnalazioni poi interpretate dagli ingegneri. Oltre all’ambito dei servizi (potenzialmente quello che potrebbe subire il cambiamento più radicale e sconvolgente), anche i processi di logistica e produzione potranno essere fortemente impattati dall’introduzione sistematica dell’IoT. Già oggi per esempio Amazon e FedEx hanno messo a punto sistemi in grado non solo di tracciare istantaneamente ogni singolo articolo, bensì comunicare ai destinatari anche le condizioni (temperatura, umidità, sollecitazioni, …) in cui sta avvenendo il trasporto.
Realtà aumentata
Grazie alla diffusione del termine in seguito all’entrata in campo di aziende come Google e ReconJet, la Realtà aumentata è oramai nota anche al grande pubblico. Sebbene (paradossalmente) in ambito manifatturiero la tecnologia sia ancora poco diffusa, stanno emergendo nuovi possibili campi di applicazione.
La Realtà Aumentata, a differenza della più nota realtà virtuale aggiunge (o sottrae) informazioni a quanto percepito dall’utente, così da poterlo guidare e supportare in attività specifiche. Gli elementi fondanti della tecnologia, oltre agli strumenti ‘indossabili’, come gli occhiali guida, sono un microprocessore, una memoria interna, una fotocamera, e un localizzatore GPS, grazie a cui posizionare l’utente nello spazio e, in funzione di quello che sta osservando, selezionare cosa mostrare per modificare quanto percepito.
Così come per la Stampa 3D, anche la Realtà Aumentata come la conosciamo oggi deriva da un processo di maturazione che ha avuto inizio circa 40 anni fa, e solo a oggi risulta essere sufficientemente performante da poter essere impiegata anche in applicazioni industriali. Se consideriamo l’Hype Cycle di Gartner, vediamo che la realtà aumentata si trova nella fase trough the disillusionment: ciò significa che a seguito delle prime applicazioni industriali e dei primi prototipi, i risultati attesi sono ancora inferiori alle aspettative, con conseguente disillusione rispetto alle potenzialità della tecnologia.
I casi applicativi più significativi si rivolgono principalmente a tre differenti aree aziendali:
• Service/Manutenzione: si pensi alla possibilità di dotare gli operatori del post-vendita di strumentazioni di realtà aumentata (occhiali guida), in grado di indirizzarli nelle operazioni di manutenzione (sia che si tratti di un grande impianto produttivo, sia di automobili). L’operatore, trovandosi nei pressi del prodotto/componente difettoso, potrà visualizzare la struttura del prodotto, individuando l’origine del difetto, e venendo guidato sia da una procedura di istruzioni visive sovrapposte a ciò che realmente vede, sia da comandi vocali, nella sostituzione o riparazione del prodotto. I vantaggi derivanti da queste applicazioni si riferiscono alla possibilità di svincolare i tecnici e gli operatori aziendali da tutta la documentazione cartacea necessaria (manuali d’uso, schemi di progettazione, disegni tecnici), permettendo anche ad operatori non propriamente formati, di eseguire attività di manutenzione di prodotti complessi. Per citare due casi noti, BMW e Mitsubishi Electric hanno effettivamente dotato gli operatori di occhiali a Realtà Aumentata, per supportarli nelle attività di manutenzione. Anche Boeing, per la manutenzione programmata dei propri mezzi e delle proprie turbine, ha avviato una fase di test per l’utilizzo della realtà aumentata.
• Logistica di magazzino: si pensi alla possibilità di guidare gli operatori di magazzino tramite sistemi di realtà aumentata, indirizzandoli verso le scaffalature dove si trovano i prodotti presenti sulla lista di picking . Un sistema vocale indica quale prodotto deve essere prelevato e un insieme di elementi visivi (frecce ed indicatori) guida l’operatore sino alla posizione dove si trovano i prodotti . Knapp ha presentato l’anno scorso un sistema di identificazione a dir poco rivoluzionario per il mondo della logistica: si tratta di KiSoft Vision, un sistema di prelievo di tipo ottico, che semplifica e rende più efficiente la ricerca e l’identificazione dei prodotti, facilitando l’operatore nell’acquisizione di tutte le informazioni necessarie a tracciare il prodotto prelevato .
• Marketing/Vendite: infine, le soluzioni di realtà aumentata possono ridurre la distanza tra il produttore e il cliente, permettendo a quest’ultimo di testare virtualmente la presenza (per esempio) di un nuovo mobile all’interno della propria stanza, un nuovo paio di occhiali da sole direttamente sul nostro viso, piuttosto che il funzionamento di un rasoio elettrico .
Realtà virtuale
Ben più nota della realtà aumentata, quella virtuale si caratterizza per una completa immersione dell’utente in un ambiente digitale costruito ad hoc, nel quale potersi muovere in libertà. In questo caso, i benefici si legano alla possibilità di compiere test e simulazioni specifiche in ambienti virtuali: simulazioni che possono riferirsi al layout di un impianto o di un magazzino, valutando la migliore disposizione possibile delle attrezzature e delle scaffalature per ridurre i flussi e le movimentazioni di materiali e prodotti, per una maggiore efficienza delle attività produttive e logistiche; simulazioni legate ai parametri di lavorazione dei materiali, grazie a cui individuare la configurazione ottimale dei fattori produttivi sia di natura organizzativa (forza lavoro, turnazioni, buffer di disaccoppiamento tra le diverse fasi di lavoro,…) sia di natura tecnica (temperatura di lavorazione, velocità di lavorazione, pressione di lavorazione,…), senza dover necessariamente predisporre casi pilota reali e consumare quindi materiali; simulazione di test estetici e di ergonomia dei prodotti, grazie a cui bypassare completamente la fase di costruzione di prototipi, riducendo sia i costi sia i tempi della fase di progettazione. La prototipazione virtuale è una metodologia che permette di ridurre drasticamente il Time To Market e i costi di sviluppo dei prodotti. Di fatto, associando la Prototipazione Virtuale alla Simulazione si può ottenere uno strumento di analisi e valutazione ancora più potente .
A livello internazionale, ‘Jaguar Land Rover Virtual Experience’ è un progetto avanzato che sta ottenendo ottimi risultati: consente ai clienti di essere coinvolti e interagire con qualsiasi veicolo Jaguar o Land Rover, senza che il veicolo sia fisicamente a disposizione dei potenziali acquirenti. Gli utenti possono prendere visione a 360 gradi di esterni e interni, godendosi anche il suono del motore . Land Rover ha sfruttato la tecnologia per offrire ai propri clienti un accesso virtuale hands-on alla sua gamma di modelli, liberandosi dalle limitazioni dettate da uno showroom convenzionale. Nathan Summers, Direttore Relazione d’affari Jaguar Land Rover, ha sottolineato in un’intervista la rilevanza della Realtà virtuale nei progetti aziendali: “L’esperienza virtuale è una novità e rappresenta il futuro del nostro sviluppo tecnologico”.
Nanotecnologie
Il primo riferimento all’idea di nanotecnologia risale al discorso tenuto da Richard Feynman nel 1959, intitolato There’s plenty of room at the bottom in cui considerò la possibilità di una diretta manipolazione di singoli atomi come una forma più rilevante di sintesi chimica rispetto a quelle in uso ai suoi tempi. Le nanotecnologie si occupano quindi del controllo della materia su scala dimensionale inferiore al micrometro (in genere tra 1 e 100 nm) e della progettazione e realizzazione di dispositivi in tale scala.
La forza delle nanotecnologie risiede nell’ampiezza e nella diversità dei settori che investono, perché a livello nanometrico le proprietà dei materiali cambiano radicalmente ed è possibile che un metallo abbia le stesse prestazioni di un semiconduttore, con costi però assai minori. Dai fogli di carbonio che si comportano come semiconduttori, a protesi ultraleggere e impalcature per guidare la rigenerazione di ossa e tessuti, fino ai farmaci antitumorali selettivi che non danneggiano i tessuti sani: le nanotecnologie stanno già rivoluzionando non solo il mondo dell’industria, bensì anche la nostra vita quotidiana .
Con riferimento alle applicazioni di carattere industriale, i vantaggi possono essere ricondotti alla possibilità di utilizzare materiali più performanti, in grado quindi di aumentare le funzionalità dei prodotti a disposizione (per esempio una matrice di una trafila, se trattata con uno strato superficiale di molecole di ossido di titanio, non sarebbe più soggetta a usura da sporcizia, eliminando le fasi di manutenzione e rettifica della stessa), piuttosto che alla possibilità di modificare radicalmente i processi aziendali, che possono sfruttare tecniche di lavorazione che implementano soluzioni nanotecnologiche, in grado di ridurre i consumi energetici e aumentare la precisione delle lavorazioni.
Hewlett-Packard già dal 2008 sta lavorando a un progetto innovativo basato proprio sulle nanotecnologie: nello specifico, ha proposto l’uso di materiale memristor in sostituzione della memoria Flash, in grado di garantire la realizzazione di circuiti ad altissima densità (memorie non volatili e memorie RAM), con prestazioni decisamente superiori e dimensioni ridotte, generando meno calore dei transistor. Di fatto, In chip di dimensioni sempre inferiori, si avrebbe a disposizione una capacità di archiviazione decisamente superiore rispetto alle memorie attuali.
Robotica
L’ambito della robotica avanzata è quello che va maggiormente di pari passo con lo sviluppo tecnologico complessivo: normalmente infatti, le conoscenze e le innovazioni provenienti da altri campi, vengono utilizzate per implementare robot sempre più all’avanguardia. I nuovi robot industriali sono in grado di percepire, analizzare e interagire con il mondo circostante approssimando, in maniera sempre più realistica, il comportamento di un operatore umano con gli stessi input. Nel campo della robotica può essere citato il caso di Rethink Robotics, start-up di Boston, che ha prodotto Baxter, un robot in grado di caricare e scaricare materiale da linee di montaggio, ordinare e classificare prodotti, già disponibile a prezzi accessibili alle PMI. Tale robot, dotato di Intelligenza Artificiale, è capace di imparare dalle situazioni che gli vengono assegnate e da quanto esegue un operatore umano prima di lui. La complessa struttura di algoritmi e informazioni che lo guidano sono pensate per far sì che lui stesso possa auto-generare algoritmi (meta-algoritmi) con cui essere in grado di analizzare ed eseguire azioni non necessariamente pre-caricate nel ‘software’ originario.
Altri campi di applicazione dell’Intelligenza Artificiale sono legati alla possibilità di elaborare sistemi di pianificazione e previsione avanzati, in ambito produttivo e/o logistico per esempio, oppure di controllo autonomo dei processi, grazie alla costruzione di sistemi esperti complessi in grado di identificare in modo proattivo situazioni di pericolo (viene modellizzata la conoscenza e non vengono meccanicizzati gli algoritmi risolutivi, rendendo possibile l’interazione con la macchina direttamente a coloro che possiedono la conoscenza stessa). Tra le aziende che maggiormente stanno investendo nello sviluppo di soluzioni dotate di Intelligenza Artificiale a livello mondiale, troviamo (guarda un po’) Google: la società americana prevede, infatti, ‘di costruire e lanciare su strade delle città di tutto il mondo una piccola flotta di utilitarie che possano funzionare senza una persona al volante’. I veicoli utilizzeranno sensori e potenza di calcolo, senza bisogno dell’intervento umano.
Conclusioni
Che gli esempi citati in precedenza siano interessanti, talvolta pionieristici e di grande impatto mediatico è fuori discussione. Concretamente parlando, è davvero possibile che le nuove tecnologie digitali possano abilitare una vera e propria nuova rivoluzione industriale? A oggi è ancora difficile affermarlo con certezza, anche se molti indizi spingono effettivamente in questa direzione. Quello che è certo, aldilà di ogni più o meno ragionevole dubbio, è che se le aziende (e al livello superiore i governi) continueranno a non prestare adeguata attenzione verso questa montante ondata tecnologica, rischieranno di essere spazzate via da chi al contrario già ora sta lavorando (e investendo) in questa direzione. Infatti, alcuni paesi (più lungimiranti), hanno già programmato/stanziato investimenti rilevanti in questa direzione: gusto per citare un caso illustre, Barack Obama, nell’annuale State of the Union address ha dichiarato che la Stampa 3D rappresenta ‘un elemento rivoluzionario per l’industria americana’, che deve esserne protagonista. Per questo motivo ha stanziato 200 milioni di dollari per stimolare la creazione di un network comprendente centri di ricerca, aziende ed enti pubblici, in grado di sviluppare tale tecnologia e renderla disponibile a costi (ancor più) accessibili alle aziende del paese. Gli Stati Uniti sono un paese troppo avanzato, rispetto al quale non ha senso fare confronti? Eccovi accontentati. L’Estonia (si, avete letto bene: l’Estonia) è divenuto un paese leader delle nuove tecnologie grazie ad un piano programmatico (volto a risollevare la piatta economia degli anni ’90) basato su liberalizzazione del mercato, investimenti in infrastrutture e connettività; oggi è il primo paese al mondo per numero di start-up tecnologiche pro-capite .
La rapidità con cui sta avvenendo questo cambiamento deve far riflettere coloro che non si sono ancora mossi: sino a quando ci sarà tempo per intraprendere un percorso di innovazione guidato da queste tecnologie, e non subirne solo gli effetti negativi?
Il Laboratorio sul Supply Chain & Service Management (SCSM) dell’Università degli Studi di Brescia ha fatto suo questo tema, progettando una ricerca nazionale, patrocinata dal Ministero dello Sviluppo Economico, dal titolo: The digital manufacturing revolution. In data 9 ottobre, presso il CSMT di Brescia, si terrà l’evento di presentazione dei risultati dell’indagine, volta a fotografare lo stato dell’arte in termini di conoscenza e diffusione di tali tecnologie nelle aziende italiane.
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