Lavorare di più, ma lavorare smart
Da una ricerca realizzata per Citrix Italia da Ales Market Research emerge il ritratto di un Paese finalmente pronto a cambiare marcia
È il momento dello smart working in Italia? Sembrerebbe proprio di sì: oltre al disegno di legge che prevede tra le altre cose parità di indennità assicurativa e di trattamento economico per i lavoratori cosiddetti ‘smart’, i risultati di una ricerca effettuata da Ales Market Research per Citrix Italia, azienda IT che realizza soluzioni per mobile workspace, racconta un Paese pronto per cambiare marcia.
Le giornate in ufficio scandite dalle canoniche otto ore di fronte a una scrivania sono ormai un ricordo per molti lavoratori odierni, e anche la parola telelavoro non basta a descrivere la rivoluzione che sta investendo il modo in cui tutti lavoriamo: da luoghi sempre diversi e su qualsiasi dispositivo. Si lavora in ufficio, ma anche da casa, dal taxi o da sedi dislocate, utilizzando spesso e volentieri tablet e smartphone, non necessariamente aziendali.
È questo lo scenario che ha voluto indagare Citrix attraverso una ricerca condotta in Italia su un campione di 600 lavoratori che, per circa 2/3 delle ore lavorate a settimana, si trovano lontano dal loro ufficio primario. Dall’indagine emerge che il lavoro in mobilità – o smart working – piace al 70% degli intervistati, e che gli stessi sarebbero anche disposti ad aumentare il numero di ore di lavoro settimanali fino a cinque in più, pur di beneficiare dell’elasticità che lo status di lavoratore mobile gli garantisce (il 52% del campione lavora già oltre l’orario d’ufficio almeno una volta al mese)
Non solo worklife balance
Ma perché e che cosa, in particolare, piace del lavoro mobile? Innanzi tutto per il 68% del campione esso rappresenta la possibilità di avere orari di lavoro migliori con una migliore worklife balance, il 65% apprezza il fatto di poter risparmiare il tempo di viaggio e il 64% è convinto di poter migliorare, grazie a questa formula, la propria produttività, nonostante il 53% ritenga che l’interazione con l’ufficio debba essere migliorata e resa più veloce. I benefici del lavoro smart, però, non si limitano a questo. Il 54% ritiene infatti che i soft skill di flessibilità e di orientamento agli obiettivi a esso legati permettano di arricchire il proprio curriculum e facilitare la ricerca di un nuovo lavoro e il 46% pensa che la propria organizzazione dovrebbe investire di più nello smart working.
“Lo smart working è già una realtà e, come spesso accade, la legge interviene a regolare una situazione che di fatto esiste –afferma Benjamin Jolivet, Country manager di Citrix –. Non si tratta soltanto una questione logistica: insieme allo smart working si fa strada un’idea di lavoro basata sulla responsabilità e sul raggiungimento degli obiettivi piuttosto che sul numero di ore e sulla presenza in ufficio”.
Gli intervistati, infatti, credono che anche l’azienda possa trarre indiscutibili vantaggi in termini di competitività facilitando lo smart working: per il 59% esso aumenta la produttività, per Il 52% porta a una riduzione dei costi fissi, per il 45% a una cultura aziendale più flessibile e per il 42% offre maggior livello di soddisfazione per i dipendenti.
Smart working: luci e ombre
Naturalmente non sono tutti e soli vantaggi quando si parla di smart working: la possibilità di essere sempre raggiungibili rappresenta una preoccupazione per il 38% del campione; quella di eccedere con il numero di ore il 36% e il 71% sottolinea l’importanza di mantenere comunque una divisione tra lavoro e vita privata, mentre il 33% teme la perdita della dimensione sociale del lavoro a causa delle minor interazioni con i colleghi. Secondo il 36% questo aspetto potrebbe essere preoccupante anche dal punto di vista dell’azienda che vedrebbe diminuire lo spirito di gruppo e di appartenenza a un team.
Le aziende e la tecnologia in Italia: a che punto siamo
E le aziende come si comportano? Secondo l’80% degli intervistati, all’interno della propria organizzazione il lavoro mobile è sostenuto, anche se il 50% di questi afferma che ciò avviene più per iniziativa dei dipendenti che per una politica precisa e codificata (che esiste solo nel 20% dei casi).
Ma che cosa significa, nella pratica, supportare il lavoro mobile? Il 37% degli intervistati afferma di essere in grado di accedere ai dati e alle applicazioni che si usano abitualmente da più dispositivi e il 32% di usufruire di procedure di accesso e autenticazione semplificate. L’accesso ai dati e alle applicazioni professionali viene garantito con continuità nelle ore notturne e nei fine settimana solo al 25% del campione mentre solo il 16% ha a disposizione un appstore aziendale dove accedere a tutte le app necessarie.
“Oggi lo spazio di lavoro non è più qualcosa di fisico, è uno spazio digitale, definito dal software, capace di seguirci ovunque – continua Jolivet –. Il focus di Citrix è e continua a essere l’esperienza utente perché alla fine è determinante per la produttività del dipendente e dell’azienda, naturalmente senza dimenticare sicurezza e conformità, elementi a cui i dipartimenti IT non possono e non devono rinunciare”.
Smart e sicuri
E infatti una delle principali questioni relative allo smart working, con cui i dipartimenti IT delle aziende si trovano a combattere ogni giorno è proprio la sicurezza. Emerge dalla ricerca che, quando si tratta di individuare dentro l’azienda un responsabile per la sicurezza dei dati, ci si trova di fronte a una realtà variegata per cui il 37% degli intervistati afferma di essere personalmente responsabile, il 24% afferma che la responsabilità è del dipartimento IT dell’azienda medesima, il 18% pensa sia condivisa mentre un preoccupante 20% non sa di chi sia.
Il 58% degli smart worker ha a disposizione per il proprio lavoro applicazioni Office o equivalenti; il 48% può avvalersi di strumenti di comunicazione con i colleghi quali app di instant messaging, condivisione di file o piattaforme social; il 31% può utilizzare applicazioni personalizzate dall’azienda mentre solo il 19% riesce a utilizzare software specifici di settore come per esempio applicazioni ERP personalizzati per mercati definiti. A livello di dispositivi, PC e smartphone sono i più utilizzati (rispettivamente dal 58% e dal 57% del campione) seguiti da laptop (34%) e tablet (32%). Il desktop, quando utilizzato, resta ancora lo strumento principale per l’84% del campione; seguono laptop e smartphone, che viene considerato dispositivo principale dal 41%. Per quanto riguarda gli smartphone emerge un ulteriore dato interessante: l’84% è di proprietà del lavoratore mentre l’opposto accade con i PC desktop o laptop che rispettivamente nel 60% e nel 40% dei casi sono aziendali.
L’utilizzo di applicazioni di lavoro su dispositivi personali è consentito intorno al 90% dei casi, ulteriore conferma, qualora ce ne fosse bisogno, di come il Byod stia prendendo piede in tutte le realtà aziendali mentre in sette casi su 10 i dispositivi aziendali sono strettamente personali e non utilizzabili da altri membri della famiglia.
Per tutti i dispositivi, la connessione più utilizzata è il wi-fi, seguita dal cavo nel caso del desktop (44%) e dalla connessione 3G/4G per tablet e smartphone. E proprio in materia di connessione si registrano i principali problemi tecnici degli smart worker: il 33% lamenta infatti problemi di connessione, il 31% di caricamento lento dei dati e il 26% rileva problemi nel momento in cui deve collegare i dispositivi ad altre apparecchiature.
E il futuro? Il 27% degli intervistati pensa che le priorità siano legate alla sicurezza dei dati, il 25% alle questioni riguardanti la privacy mentre il 26% vorrebbe lo sviluppo di una politica chiara per il lavoro in mobilità all’interno della strategia aziendale.
La Survey
La survey è stata eseguita intervistando online un campione di 600 persone (smart worker) diviso equamente tra uomini e donne (rispettivamente 46% e 54%) di età compresa tra i 18 e i 50 anni ed equamente divisi sul territorio nazionale. Il 70% del campione ha un impiego a tempo pieno, il 30% part time. Il 20% del campione lavora in ufficio ma passa una percentuale del proprio tempo lavorativo superiore al 25% lontana dalla postazione di lavoro. Il 15% lavora in ufficio ma passa una percentuale del proprio tempo compresa tra il 10 e il 15% lontana dalla spostazione di lavoro. Il 7% lavora in ufficio senza una postazione fissa. Il 16% lavora in ufficio ma ha una postazione fissa a casa almeno un giorno a settimana. Il 25% non ha una postazione fissa e non lavora in ufficio mentre il 16% lavora presso uffici diversi dal proprio (es: clienti). Il 57% del campione appartiene a una classe socio economica media media, il 18% medio alta e il 25% medio bassa. Il 51% del campione possiede una laurea, il 41% la licenza media superiore e il 7% la licenza media inferiore.