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Lanificio Fratelli Cerruti, un territorio impregnato di tradizione

Per valorizzare il ‘saper fare’ italiano bisogna riconoscere la presenza di territori che sono testimoni di secoli di tradizione e cultura manifatturiera. Si pensi, per esempio, al distretto tessile biellese, la cui conformazione geografica ha permesso, fin dal Medioevo, di sviluppare l’allevamento di ovini e, di conseguenza, una vivace attività specializzata nella lavorazione della lana. Anche la Moda è uno dei protagonisti dell’economia italiana e comunitaria, con una produzione che copre il 27% del totale europeo. Inoltre, secondo i dati aggiornati della Cassa depositi e prestiti, l’export del tessile italiano copre per il 60% la domanda di tessuti di qualità nel mondo e rappresenta il 77,8% del totale delle esportazioni europee.

Soltanto la produzione tessile piemontese sviluppa oltre 3 miliardi di euro di export (pari al 6,3% di tutte le esportazioni regionali) e, come riporta l’Unione industriale biellese, in provincia di Biella il tessile rappresenta la componente quasi esclusiva dell’export provinciale. “A Biella il territorio è cresciuto grazie alla manifattura tessile, ‘trasuda’ di competenze tecniche e la grande sfida per noi aziende della zona è rilanciarne l’attrattività”, evidenzia Lanificio Fratelli Cerruti, storica azienda fondata nel 1881.

“Alcune lavorazioni richiedono una manualità importante e il personale riveste un ruolo fondamentale: certi profili dell’attività tessile mantengono un carattere fortemente artigiano, pur lavorando all’interno di processi produttivi industriali”. Per sopperire la mancanza di forza lavoro, anche il distretto biellese ha dovuto ‘importare’ le persone, senza temere di perdere la cultura ‘Made in Biella’ e, anzi, permettendosi di ‘sprovincializzarsi’. “Con così tanti anni di storia, la cultura del territorio rimane salda, ma acquista anche potenziale creativo, che in questo tipo di attività è altrettanto fondamentale”, continua l’azienda.

La lunga tradizione delle manifatture tessili biellesi è raccolta (e raccontata) nei numerosi archivi storici delle aziende, che continuano a essere fonte di stimoli, nuove idee e creatività. Come detto, quest’ultima rappresenta un elemento chiave per il distretto industriale e ha sicuramente contribuito a raggiungere un solido posizionamento nella produzione di lusso. “Esportiamo circa il 70% della produzione all’estero: purtroppo il consumatore medio non è quasi mai italiano. Siamo fanalino di coda in Europa per quanto riguarda le retribuzioni, quindi è molto difficile per il ceto medio poter vestire le grandi firme italiane”.

Secondo il manager, però, le nuove generazioni sono più attente a ricercare capi e tessuti di qualità (e stanno riscoprendo anche la sartoria e i lavori su misura) e per questi motivi ritiene che i consumatori del futuro vestiranno più Made in Italy. Nel frattempo, però, occorre lavorare in sinergia con scuole e istituzioni, anche per promuovere la produzione tessile italiana, mettendone in risalto l’innovazione, la qualità e l’eccellenza. “Il patrimonio della moda italiano è poco valorizzato. Manca una rete solida con le istituzioni, ma anche con la scuola e tra le stesse aziende del settore. Nel Tessile non abbiamo concorrenza, eppure spesso ce la facciamo ‘in casa’, sottraendoci risorse o clienti”, commenta l’azienda.

Il manager si augura quindi che le istituzioni possano contribuire alla tutela del Made in Italy, sostenendo per esempio i musei e gli archivi storici (fino a ora quasi esclusivamente iniziative autonome di piccole e medie aziende), ma anche istituendo leggi e normative rigorose. Le frontiere commerciali, per esempio, hanno controlli ‘deboli’, che vanno a discapito della manifattura italiana. “I capitolati cinesi sono tra i più severi al mondo, fanno controlli rigorosissimi sui nostri prodotti e se qualcosa non ha rispettato le attese nemmeno rimandano indietro, ma distruggono direttamente. Al contrario, quando si tratta di esportare in Italia consegnano tessuti di qualità scadente e anche pericolosi, con coloranti che le nostre normative hanno vietato da tempo”, spiegano dall’azienda.

L’articolo è pubblicato sul numero di Maggio 2023 di Sistemi&Impresa.
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Biella, Fratelli Cerruti, manifattura, moda