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La servitizzazione come innovazione sociale

servitizzazione

La tecnologia abilita nuovi modelli di costruzione del mondo. Si rovesciano i paradigmi e siamo immersi nella Sharing economy: la dimensione etica legata all’idea del ‘privato’ prende nuove consistenze. Lo scollegamento tra valore economico e proprietà si è materializzato. La produzione industriale aveva al centro valori legati alla proprietà, ma ora sono cambiati i sistemi di produzione del valore. Tuttavia, il vero cambio di paradigma filosofico non è dal materiale all’immateriale, ma dal materiale al programmabile, al codice software.

I dati costituiscono la nuova fonte di esperienza ed è così che siamo ormai calati nell’economia programmabile, dove le tecnologie interagiscono con il mercato diventando agenti economici autonomi che non necessitano dell’intervento umano. La macchina si prospetta come un sistema che agisce con un fornitore chiedendo prestazioni, compiendo scelte di acquisto indipendentemente da interventi dell’uomo. “La capacità di operare autonomamente, analizzando i dati in tempo reale per effettuare operazioni di acquisto o vendita, introduce un grado di efficienza precedentemente inimmaginabile nelle catene di approvvigionamento e nei modelli di business”, scrivono Flaviano Celaschi e Giorgia Casoni nell’articolo Innovare prodotto e processo per l’economia programmabile (Sistemi&Impresa, Maggio 2024).

Stanno perciò emergendo nuove interazioni tra i soggetti economici e tecnologici che richiedono una riflessione sul ruolo degli agenti autonomi: questi si trasformano, di fatto, in acquirenti potenziali. Si tratta di prime considerazioni che testimoniano l’urgenza di esplorare le traiettorie di queste innovazioni: risulta evidente che non basta migliorare o innovare quello che c’è, ma è necessario utilizzare tecnologie digitali per inventare modelli di business abilitati da queste tecnologie. Diventa quindi essenziale partire dalle tecnologie e non viceversa.

Il maggior tasso di servitizzazione sostiene la sostenibilità

Tra i nuovi business abilitati dalle tecnologie digitali emerge la servitizzazione. Con questo termine si intende un’innovazione nella creazione del valore, che passa dalla sola vendita di prodotti alla vendita di servizi, vale a dire soluzioni integrate di prodotti e servizi. Si sposta il focus dal prodotto in sé alla relazione che si genera a valle della fornitura del servizio. Un trend che porta chi fa impresa a esplorare come arricchire il prodotto con componenti immateriali di servizio. Ma non solo. Nello studio Dalla Manifattura alla Società riportato dagli autori Mario Rapaccini e Maria Spadafora (Sistemi&Impresa, Maggio 2024) emerge come un maggior tasso di servitizzazione nell’industria manifatturiera favorisca lo sviluppo di modelli economici più sostenibili e orientati non solo al profitto, ma anche al benessere sociale nonché al progresso e alla salvaguardia dell’ambiente.

La servitizzazione, quindi, si configura come un motore di innovazione sociale che agisce su tre livelli: aziende, filiere, sistemi economici e sociali. Vediamo come questo modello di business sia anche in sintonia con la Società 5.0 dove le persone sono collocate al centro della Manifattura e, grazie all’Intelligenza Artificiale possono migliorare l’operatività. La vera differenza è il cambio di prospettiva da adottare rispetto a processi e a flussi di lavoro perché, come spiega bene Giorgio Cuttica nell’intervista Produrre e pianificare con consapevolezza (Sistemi&Impresa, Maggio 2024), le aziende devono acquisire la consapevolezza che i processi aziendali sono equiparabili a un’enorme basilica che si regge su vari pilastri e, se uno di questi manca, tutto rischia di crollare.

L’articolo è pubblicato sul numero di Maggio 2024 di Sistemi&Impresa.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

servitizzazione, sharing economy, sostenibilità


Chiara Lupi

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 sceglie di diventare imprenditrice partecipando all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige Sistemi&Impresa e pubblica dal 2008 su Persone&Conoscenze la rubrica che ha ispirato il libro uscito nel 2009 Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie pubblicato nel 2012.Le riflessioni sul lavoro femminile hanno trovato uno spazio digitale sul blog www.dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager.