Industria 4.0, le competenze salveranno il lavoro
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Sin dal 2016, in occasione della diffusione del Piano Nazionale Industria 4.0 non solo i media, ma pure i player di mercato e le aziende virtuose (quelle che avevano già intrapreso percorsi di digitalizzazione ben prima dello stimolo governativo) parlano di digitalizzazione con l’obiettivo di colmare ‘vuoti informativi’ sul tema.
Oggi dunque il 4.0 è ormai diventato un tema conosciuto dalle aziende e i dati del Politecnico di Milano (Survey Italia 2017) sul livello di conoscenza del 4.0 lo confermano: se nel 2016 addirittura il 40% delle aziende coinvolte ammetteva di “non averne conoscenza”, oggi questa percentuale si è ridotta all’8%. E anche le organizzazioni che stanno valutando “di fare qualcosa” e che hanno “già implementato soluzioni 4.0” sono aumentate rispetto alla rilevazione precedente.
“La sfida della consapevolezza è vinta”, ammette Marco Taisch, Professore di Advanced & Sustainable Manufacturing presso il Politecnico di Milano, membro del Comitato Scientifico di Sistemi&Impresa e animatore del progetto Fabbrica Futuro, che dopo il kickoff di Milano del 7 febbraio e la tappa di Venezia il 14 marzo, arriverà a Bologna (16 maggio), Ancona (26 giugno), Torino (4 ottobre) e Bari (23 ottobre).
Il 4.0 inoltre abilita incrementi di fatturato, come dimostrato dalla stessa ricerca, secondo cui le aziende attive nel 4.0 hanno ottenuto performance più elevate (+8%) rispetto al campione di riferimento. E stessa cosa si può dire rispetto all’Ebitda (+37%) e al Roi (+47%).
“Industria 4.0 è quindi un differenziale di redditività, ma pure un differenziale di produttività del lavoro”, prosegue Taisch. Infatti se il costo del lavoro per dipendente è più alto per le organizzazioni attive sul 4.0, è pur vero che le stesse hanno un valore aggiunto per persona ben più elevato, che ripaga dell’investimento.
“Il costo del lavoro per le aziende che hanno intrapreso percorsi di digitalizzazione è più alto del 10%, ma a fronte di questo, le imprese hanno ottenuto +25% in termini di produttività”, ragiona l’esperto del Politecnico di Milano.
Industria 4.0: costo del lavoro più alto, ma aumenta la produttività
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Lo skill gap ci penalizza
Il problema è che non è facile trovare le persone con le giuste competenze da introdurre nell’organizzazione. Il motivo? Attualmente bisogna fare i conti con uno skill gap evidente in Italia, che già in passato era ben noto. Nel 2014, ricerche dell’Unione europea evidenziavano come circa il 12% delle posizioni di lavoro aperte erano “difficili da coprire, a causa di mismatch negli skill e per mancanza di candidati”. L’ultimo studio disponibile dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) – Survey of Adult Skills (PIAAC) – ha sottolineato come il 24% degli adulti italiani (16-65 anni) “non ha esperienza nell’utilizzo del computer”: si tratta di una percentuale drammatica, visto che la media dei Paesi Ocse è leggermente inferiore al 10%. I dati Eurostat evidenziano invece che l’Italia ha una percentuale ridotta in “elevate competenze digitali” tra la forza lavoro: 29% rispetto alla media europea del 37% e al picco del Regno Unito del 50%. Il paradosso per l’Italia è che a fronte di posti di lavoro per i quali non si trovano le persone con le giuste competenze, abbiamo uno dei tassi di disoccupazioni più alti in Europa.
L’intervista completa a Marco Taisch è stata pubblicato sul numero di Marzo di Sistemi&Impresa.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434419)
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Dario Colombo, laureato in Scienze della Comunicazione e Sociologia presso l’Università degli Studi di Milano, è caporedattore della casa editrice Este. Giornalista professionista, ha maturato esperienze lavorative all’ufficio centrale del quotidiano online Lettera43.it dove si è occupato di Economia e Politica, e nell’ufficio stampa del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.
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