Industria 4.0, il fattore umano nella quarta rivoluzione industriale
Non solo tecnologia: c’è anche l’uomo nella quarta rivoluzione industriale.
“In questo momento di profonde trasformazioni, dove la tendenza è mettere al centro la tecnologia, credo sia prioritario fermarsi a riflettere sull’evoluzione dei sistemi organizzativi, sociali e culturali; per questo serve rimettere al centro l’uomo”, ha esordito Annalisa Magone, Presidente e Amministratore Delegato del centro studi e di consulenza Torino Nord Ovest, in occasione del suo intervento L’Uomo 4.0 a Fabbrica Futuro Milano organizzato il 15 febbraio 2017.
A tal proposito, il centro studi ha condotto una ricerca sociologica dal punto di vista qualitativo, prendendo come campione grandi impianti sull’intero territorio italiano, con matrici nazionali differenti (Francia, Inghilterra, Usa, ecc.).
Quanto emerso rivela che non esiste un unico modo per affrontare la rivoluzione 4.0, ma fra le esperienze di successo è possibile riconoscere un tratto distintivo comune: prima di fare investimenti in tecnologie il passaggio necessario da compiere è ripensare il modello organizzativo, in termini di flessibilità e capacità di lavorare in team, orientandosi verso la lean production e l’automazione , in un processo che diventa più snello, efficiente, finalizzato ad accorciare il time-to-market.
L’analisi di Magone, autrice del libro Industria 4.0. Uomini e macchine nella fabbrica digitale (Guerini e Associati, 2016), porta a soffermarsi su come, nell’era della fabbrica post fordista dove qualità e flessibilità rivestono un ruolo ugualmente importante, la personalizzazione determini un alto tasso di incertezza. Ciononostante si riconoscono come requisiti necessari una conoscenza dell’intero processo organizzativo più spiccata, una partecipazione alla vita aziendale che sia attiva e vigile, una necessità di educazione, in termini di formazione e trapasso di competenze, e una propensione comunicativa.
È anche da tenere presente che determinati profili, inizialmente molto distinti e facilmente riconoscibili, tendono a fondersi in uno: è il caso, per esempio, del sistemista, del ricercatore e del tecnologo, che in situazioni sempre più diffuse convergono in una solo profilo, che risulta potenziato perché ha imparato a comunicare in maniera efficace e produttiva, a gestire non più una sola macchina, ma una serie di macchinari estremamente complessi.
Emergono così nuove questioni pressanti per i manager: la gestione del digital divide, la longevità della popolazione al lavoro, la necessità di costruire profili culturali e modelli accettabili di partecipazione. In altre parole, conclude il Presidente di Torino Nord Ovest, “è prioritario maturare intelligenza organizzativa, che prevede la naturale disposizione a entrare in crisi rispetto ai modelli tradizionali”.