Anni fa Maurizio Marinella (diventato famoso in tutto il mondo con le sue cravatte e per il suo storico negozio sulla riviera di Chiaia a Napoli) disse a un nostro convegno che
fare impresa di questi tempi è difficile: farlo in Italia è molto complicato, farlo a Napoli è qualcosa ai confini della realtà.
Lasciamo perdere il Sud che ha problemi strutturali peculiari e concentriamoci sulla difficoltà di fare impresa.
Per forza è difficile, ora va di moda il termine
VUCA, che sta a significare che ci muoviamo in un contesto volatile, incerto, complesso e ambiguo, mai come in questi ultimi mesi: assistiamo a eventi che mai avremmo pensato possibili. Donald Trump che si insedia alla Casa Bianca, la Brexit, i cui effetti non sono del tutto chiari, il nostro referendum che ora apre più di un punto interrogativo. Ci sarà un’altra consultazione per abrogare il Jobs Act? E le aziende cosa possono fare in questo frangente, appunto, incerto? Di certo faticheranno ad assumere, resteranno alla finestra.
Ma nel frattempo il
Piano Nazionale Industria 4.0 è stato lanciato, stare fermi può costare caro.
La quarta rivoluzione industriale sta cambiando l’economia, la società, la modalità con la quale le persone consumano prodotti e servizi e un atteggiamento attendista potrebbe essere pericoloso. Si affacciano nuove professioni e ne spariscono altre, riconvertirsi diventa un obbligo.
Quale il destino delle nostre medie imprese? Ce lo racconterà il Professor Paolo Preti che aprirà i lavori al nostro evento
Fabbrica Futuro che si terrà a Milano il 15 febbraio (
clicca qui per iscriverti e per le info). Quattro le direttrici sulle quali le nostre imprese dovrebbero focalizzarsi.
Innanzitutto
concentrarsi sulle nicchie. Sono sempre più richiesti prodotti avanzati, che intrinsecamente portino un alto contributo di servizio.
Poi
specializzarsi: la diversificazione comporta rischi, finanziari e organizzativi che di questi tempi è meglio non correre.
Alimentare l’export, magari incentivando aggregazioni, consorzi e distretti. E infine
essere flessibili, sviluppare la capacità di presidiare le fasi critiche, moltiplicare gli accordi con aziende innovative e puntare su formazione e innovazione. Attendere riducendo i costi può rivelarsi fatale in un mondo che corre veloce.
Il filosofo Edgar Morin sostiene che
le nazioni devono limitare alcune importazioni troppo distruttrici. Mondializzazione, ma anche territorializzazione, regionalizzazione, localizzazione.
C’è molta vitalità nei territori, molti artigianati possono rinascere o continuare a svilupparsi. Parole che sembrano scritte per le nostre medie imprese, per le nicchie dei territori italiani di cui ci racconterà il Professor Preti e per le imprese di cui, con la nostra attività editoriale, raccontiamo nelle nostre pagine.
Come ci racconta
Teodoro Lio di Accenture nell’intervista di copertina del numero di Dicembre 2016 di Sistemi&Impresa, stanno nascendo
nuovi modelli di business abilitati dalle tecnologie digitali che fanno emergere nuove opportunità. L’articolo si focalizza sul settore Automotive, ma questo è il trend. Con un’avvertenza: l’automazione digitale deve andare di pari passo con l’evoluzione di una cultura organizzativa che alimenti contesti di innovazione e sviluppo. E questa sarà la vera sfida.
Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 sceglie di diventare imprenditrice partecipando all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige Sistemi&Impresa e pubblica dal 2008 su Persone&Conoscenze la rubrica che ha ispirato il libro uscito nel 2009 Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie pubblicato nel 2012.Le riflessioni sul lavoro femminile hanno trovato uno spazio digitale sul blog www.dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager.