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Il prodotto del futuro: la sfida della sua progettazione

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Quindi il problema dell’interfaccia. Abbiamo poi un altro problema: l’integrazione con sistemi pre-esistenti o parti/componenti di provenienza diversa… Il problema non è ancora molto evidente, perché anche nei mercati più maturi la domanda di sostituzione non supera il 50% di quella totale. La vita media di una macchina come le nostre è intorno ai dieci anni. Ma tornando al cambiamento che oggi dobbiamo affrontare. È un cambiamento sostanziale dal punto di vista della progettazione del prodotto e della progettazione dei processi di manufacturing. Cosa vuol dire? Pensare da un lato a una gamma prodotto che vada a coprire una fascia ampia di esigenze che si sta ulteriormente frammentando, dall’altro sviluppare soluzioni che comunque garantiscano tempi di consegna contenuti ed evitino o minimizzino inefficienze e sovra costi alla parte produttiva. Offrire la soluzione ad hoc per le esigenze del cliente e renderla operativa nei tempi più contenuti possibile, sono i due fattori critici di successo per i mercati di fascia alta. In passato queste esigenze erano risolte da una moltitudine di piccole aziende che, proprio in virtù delle loro ridotte dimensioni, riuscivano ad essere rapide e agili nel rispondere ai bisogni della clientela. Oggi questo modello non funziona più: sia perché il fattore costo (e quindi il raggiungimento di economie di scala) comincia ad avere una rilevanza fondamentale anche per le fasce alte, sia perché la piccola impresa non riesce a sostenere tassi di innovazione crescenti e sempre più rapidi. D’altro canto le imprese più grandi, con lo sviluppo di soluzioni progettuali per piattaforme e moduli, hanno saputo recuperare molto in termini di varietà d’offerta e rapidità di sviluppo. La grande azienda in più beneficia di economie significative nell’acquisto di parti e componenti e di un rapporto privilegiato con i fornitori partner nello sviluppo tecnologico di queste parti Quindi il problema è a due facce. Da un lato una progettazione molto vicina al cliente, dall’altro la progettazione deve essere capace di guardare ai vincoli produttivi e alla gestione/organizzazione della supply chain…
Lavorazione di un corrimano
Deve essere così. Esser vicini al cliente significa due cose: dargli la soluzione giusta per le sue esigenze, consegnare l’impianto nel più breve tempo possibile. Soprattutto nei mercati storici, consolidati il nostro cliente acquista l’impianto quando ha già acquisito dai suoi clienti la commessa. A quel punto il fattore velocità di avvio della lavorazione della commessa diventa fattore chiave di successo e fattore critico nella scelta dei propri fornitori. Questo vale per i nostri clienti ma anche per noi nei confronti dei nostri fornitori. Nei mercati dei paesi emergenti e per le fasce basse c’è la possibilità di progettare in un clima di minore urgenza sulla base di esigenze meno sofisticate e meno particolari. Questo impone ad aziende come la nostra di gestire una sorta di strabismo strategico; ma i diversi mercati richiedano approcci e soluzioni diverse. La questione già di per sé non banale, diventa complessa quando si decide di impostare la progettazione su modularità e standardizzazione. Questo approccio richiede rigore e il mantenere rigore impone delle scelte. Nel brevissimo periodo un approccio per ‘singola opportunità’ è vincente (ti consente di prendere la commessa) ma poiché introduce in progettazione prima, nella supply chain e nei processi produttivi dopo, una gestione per emergenze, già nel breve-medio periodo mostra i suoi limiti che sono principalmente dovuti a ritardi nei tempi di consegna e sovra costi connessi alla gestione di una varietà non governata. È utile a questo proposito fare un parallelo con il settore automotive, il precursore di questo tipo di approcci. L’approccio per piattaforme base, moduli di personalizzazione e componibilità ottenuta attraverso una standardizzazione di componenti e delle interfacce, è qui un dato ormai consolidato e ha fatto il successo di quei gruppi, come ad esempio Wolksvagen, che per primi e con più decisione lo hanno adottato. Con questo approccio ottengo: elevati volumi per singolo componente e quindi significative economie nel loro acquisto, una varietà di gamma elevatissima che mi permette di coprire anche le esigenze più specifiche e particolari dei clienti, una organizzazione della supply chain che permette di rispondere in tempi rapidi e a costi competitivi a dinamiche di mercato sempre meno prevedibili. SCM Group nel2009 hafatto la scelta strategica di abbracciare in maniera decisa questo approccio; siamo partiti con un progetto specifico per alcuni tipi di macchine, ora stiamo gradualmente ma velocemente estendendolo all’intera gamma per la le linee di fascia alta. L’approccio per piattaforme e moduli porta da un lato a una standardizzazione spinta dei componenti e in alcuni casi anche dei sottosistemi, dall’altro a un sempre maggior ricorso al loro acquisto da fornitori esterni. A questo punto sono più rapido e costo meno ma la possibilità di differenziare il prodotto dovrebbe decrescere in maniera significativa. È così? In parte è vero. Ma al di là del fatto che non tutto viene comprato da fornitori esterni, restano tre elementi forti sui quali si può costruire differenziazione: la progettazione, la comunicazione e l’innovazione. Il progettare moduli componibili porta nel tempo ad acquisire una capacità, quella di ‘pensare e progettare in maniera modulare’ che non è facile da copiare ed è difficile da costruire. Questa capacità la posso applicare verticalmente sui singoli prodotti/piattaforme/moduli ma la posso anche utilizzare orizzontalmente. Tipico è il caso del software che governa i sistemi di controllo delle nostre macchine ma que sto vale anche per le parti meccaniche e/o strutturali dove tra diverse macchine esistono sempre elementi funzionali simili/ comuni anche se questi utilizzano poi tecnologie diverse. Un semplice esempio: la struttura e il basamento di una macchina. Tutte le nostre macchine hanno un basamento e una struttura che hanno la funzione di sostenere i gruppi operatori; basamento e struttura devono avere caratteristiche di rigidità, di risposta dinamica etc. Le competenze per progettare i moduli ‘basamento’ e ‘struttura’ non variano da macchina a macchina, cambiano solo le specifiche. È quindi possibile sviluppare una progettazione modulare anche in senso orizzontale e capace di attraversare diverse tecnologie/tipologie di macchine. Questo mi permette ancora una volta riduzione dei tempi e dei costi, questa volta di progettazione. Per quanto riguarda la comunicazione nei beni strumentali è molto difficile creare differenziazione attraverso il design della macchina stessa. Però ci si può lavorare e proprio perché è difficile quando riesci a far percepire la ‘differenza’ hai conquistato un vantaggio non banale. C’è poi un elemento molto particolare della comunicazione, intesa in senso lato, che è l’interfaccia uomo/macchina. Nelle nostre macchine c’è sempre più automazione per ridurre quantità e velocità delle operazioni manuali richieste agli addetti. Non solo, l’automazione porta ‘intelligenza’ dentro la macchina e questo consente l’utilizzo di personale addetto sempre meno qualificato/specializzato. Questo è particolarmente vero per l’offerta di macchinari per i paesi emergenti dove la disponibilità di addetti qualificati è limitata o del tutto assente. In questo contesto la qualità/semplicità dell’interfaccia uomo/ macchina diventa elemento chiave differenziante. Qui si può lavorare molto e c’è molto ancora da fare. Infine rimane l’innovazione. La nostra innovazione si sviluppa a livello di sistema (la macchina o la linea di produzione) e soprattutto a livello di modulo funzionale (i sottosistemi che compongono la macchina). Certamente non a livello di componente. Circa il 50% del costo di una macchina dipende da componenti elettronici che vengono acquistati dall’esterno ma pensare di sviluppare in casa nuove tecnologie basate sull’elettronica è ormai impossibile. Non abbiamo le dimensioni, né le risorse, né le competenze per poterlo fare. Tuttavia è possibile utilizzare/impiegare tecnologie innovative diverse per dare alle nostre macchine e ai nostri moduli nuove prestazioni e nuove capacità funzionali. Abbiamo una produzione di circa 30 nuovi brevetti all’anno; ma riguardano esclusivamente funzioni. I nostri brevetti non nascono dalla ricerca di base ma dalla progettazione e/o dall’assistenza tecnica, quindi in altre parole da problemi o esigenze particolari che provengono dai nostri clienti; costano relativamente poco. L’innovazione e lo sviluppo di componenti sono invece demandati totalmente ai nostri fornitori; in questo caso gli investimenti in ricerca sono molto pesanti e noi non siamo in grado di sostenerli. Tuttavia quale che sia l’ambito di innovazione che vogliamo considerare c’è sempre, e sta aumentando, uno spazio di collaborazione tra i nostri clienti e noi e tra noi e i nostri fornitori. Un nuovo tema emergente è la flessibilità: si chiede alla stessa macchina di essere capace di produrre oggetti diversi, in quantità diverse, con vincoli di qualità e specifiche diverse. È una tendenza forte che si è manifestata in maniera sempre più decisa negli ultimi anni. I paesi emergenti sono alla ricerca di macchine di ‘mass production’ (in questo senso la domanda che proviene da questi paesi è simile a quella che era dominante nei mercati tradizionali almeno fino a 15 anni fa). Nei mercati tradizionali invece la tendenza dominante e crescente è quella di lotti di produzione sempre più piccoli; ma questa richiesta si accompagna a quella di mantenere inalterati costi unitari e quantità prodotte per unità di tempo. Il punto cruciale diventa ridurre i tempi di fermo macchina conseguenti ai cambi di formato. Questo richiede un salto di qualità nei livelli di automazione delle nostre macchine e linee di produzione. Un esempio concreto: per la foratura dei pannelli fino a qualche anno fa la regola era lotti di produzione di 6000 pezzi per turno che richiedevano tempi di set-up delle macchine pari a circa 30 minuti, oggi le nostre macchine per la foratura hanno una capacità produttiva di 4200 pezzi per turno (quindi un po’ più lente che in passato) ma con tempi di set-up/cambio formato di 15 secondi e ci stiamo progressivamente avvicinando a tempi di set-up istantanei, in relazione al riconoscimento del pezzo in ingresso linea. Di fatto non c’è più nessuna operazione manuale nel cambio formato; la macchina è in grado di fare molte più cose diverse tra loro grazie a un parco ‘attrezzi più ampio, l’attrezzaggio e i gruppi operatori sono tutti motorizzati e automatizzati per consentire loro di posizionarsi e operare nella maniera richiesta dal nuovo formato, il software che governa la macchina deve essere in grado di acquisire le nuove specifiche e permettere la riconfigurazione della macchina in funzione dell’ordine del cliente che si è deciso di porre in lavorazione. Il costo della macchina per converso si moltiplica per 3; ma i benefici che i nostri clienti conseguono giustificano comunque questo maggior impegno finanziario. Essi si trovano di fronte a una domanda di mercato variabile e poco prevedibile che richiede varietà elevata e tempi di consegna ridotti, con l’impossibilità di fare magazzino. In particolare oggi, in tempi di domanda bassa e stagnante, la capacità di rispondere agli ordini in tempi strettissimi è diventato fattore di ‘sopravvivenza’ prima ancora che di successo. Ancora un esempio: tra ordine e consegna di una camera per bambini/ragazzi oggi intercorre mediamente un tempo di circa 7 giorni. Una gamma di camere di questo genere è composta da circa 200 pannelli diversi, che a loro volta possono essere colorati in maniera diversa. Il cliente finale può quindi comporre la sua camera scegliendo tra una serie impressionante di combinazioni. Poter garantire la consegna in 7 giorni è quindi risultato di sistemi integrati e flessibili, quindi automazione spinta in tutti gli elementi che compongono la supply chain. Stiamo parlando ovviamente di fascia alta. Garantire flessibilità significa portare ‘intelligenza’ dentro la macchina, il che però comporta costi dei macchinari più elevati. Ma l’evoluzione dei sistemi basati su forte automazione è rapida… rischio quindi di investire molto in qualcosa che può diventare obsoleto o parzialmente obsoleto in tempi stretti. Come se ne esce da questa trappola? Nel nostro settore, dove il livello di automazione è ancora relativamente modesto, questo problema si evidenzia solo ora. In altri settori dove è già evidente da tempo, la soluzione che molte aziende produttrici hanno adottato è la ‘servitizzazione’ e cioè il passaggio dalla vendita di un bene strumentale a quella di un servizio. Le formule sono diverse: si va dalla fornitura ‘chiavi in mano’ di soluzioni che prevedono contratti di aggiornamento e manutenzione che si protraggono nel tempo, a quelle solo apparentemente più banali che prevedono l’affitto del macchinario anziché l’acquisto. In linea generale è evidente la tendenza a sostituire la vendita di un mezzo di produzione (la macchina) con la fornitura di una capacità produttiva garantita e modulata sulle esigenze del cliente in cui l’impiego/utilizzo di macchine è solo parte/componente del servizio. Un tema complesso che presenta vantaggi per il cliente; nel caso dell’affitto ad esempio il cliente ha un immediato vantaggio grazie alla possibilità di dotarsi delle soluzioni tecnologiche più avanzate senza dover sostenere impegni finanziari rilevanti. Più difficile è capire come possa essere vantaggioso per il fornitore. In genere queste soluzioni hanno successo quando il produttore controlla in maniera esclusiva un elemento fondamentale necessario alla produzione; è il caso delle cartucce di inchiostro per le stampanti (oggi la stampante viene quasi regalata, perché il vero business per il produttore sta nella cartuccia) o della carta per il packaging dei liquidi (è il caso di Tetrapak). Nel nostro settore è molto difficile riuscire a ipotizzare soluzioni di questo genere. Allo stato attuale le pratiche di servitizzazione nel nostro settore sono limitate; si tratta di soluzioni che ‘mettono a contratto’ insieme alla fornitura della macchina anche la sua installazione e collaudo, servizi di business continuity (ad esempio garanzie di pronto intervento in caso di guasti), aggiornamento software, assistenza tecnica programmata, formazione del personale addetto e gestione dei ricambi. Non siamo molto lontani dal poterci spingere più oltre lungo questo sentiero. In termini di comunicazione commerciale ci stiamo già orientando in questo senso, l’enfasi non è più tanto sulle caratteristiche tecniche delle nostre macchine quanto sulle capacità produttive che queste assicurano. Tuttavia questi passi ulteriori richiedono attenti approfondimenti sia perché trovare una giustificazione economica (un vantaggio per noi) non è semplice (è fondamentale disporre di una conoscenza approfondita sia dei costi di gestione sia del ciclo di vita della macchina), sia perché la cultura del prodotto è radicata nel nostro settore e ancor di più forse nella nostra azienda. L’impegno che SCM Group sta assumendo verso una progettazione sempre più personalizzata e aderente alle esigenze complessive dei suoi clienti ci dovrebbe permettere in tempi non remoti di acquisire le informazioni che sono fondamentali per definire una formula di ‘servitizzazione completa e sostenibile.
SCM GROUP: Passion, Technology, Performance SCM Group è un gruppo industriale leader nella concezione, produzione e distribuzione di soluzioni tecnologicamente avanzate per la lavorazione di una vasta gamma di materiali (legno, vetro, marmo, plastica, metalli, compositi), con 29 marchi specialisti su specifiche tecnologie e centri di eccellenza qualificati nella componentistica industriale, presente nei 5 continenti da oltre 50 anni con 21 filiali estere e 350 tra agenti e distributori. SCM Group impiega 500 ingegneri in r&d, 500 tecnici di assistenza ed ha all’attivo 365 brevetti registrati. L’azienda investe ogni anno almeno il 7% del suo fatturato in ricerca e sviluppo, tecnologia e know-how. Una cifra significativa per offrire ai clienti soluzioni performanti che siano tecnologicamente punti di riferimento per il mercato. Lo sviluppo applicativo dei nuovi prodotti è assicurato dalle singoli divisioni e unità tecnologiche. L’utilizzo di un evoluto sistema PLM (Product LifeCycle Management) permette la razionalizzazione della progettazione attraverso un rigoroso processo di sviluppo prodotto e l’individuazione di piattaforme e moduli funzionali comuni. www.scmgroup.com
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articolo, Federico Ratti, intervista, plm, Progettazione, SCM Group