Il Manifatturiero traina l’Italia, ma non trova le persone
Dopo una ripresa post pandemia più robusta rispetto agli altri Paesi europei (al termine del 2021, per esempio, secondo il Purchasing manager index di Markit Economics, l’Italia ha avuto la crescita più forte del G20), ora il nostro Paese sta registrando i primi segnali di rallentamento dell’attività produttiva. Confartigianato ha evidenziato, infatti, che sulle prospettive della Manifattura nei prossimi mesi pesano alcuni fattori critici: la pressione dei costi dell’energia, quelli dei trasporti e del credito, le incertezze per gli investimenti, il rallentamento del commercio internazionale, il faticoso ritorno alla normalità nelle forniture di materie prime lungo le filiere globali e la persistente difficoltà di reperimento del personale specializzato.
Alcune di queste questioni sono emerse anche in una recente tavola rotonda organizzata dalla rivista Sistemi&Impresa, magazine dedicato all’impatto organizzativo delle tecnologie, pubblicata dalla casa editrice ESTE (editore del nostro web magazine): Fabbricafuturo.it, testata di riferimento per i contenuti legati al Manifatturiero, anticipa alcune tematiche emerse dal confronto tra alcune Piccole e medie imprese manifatturiere, chiamate a raccontare come nel corso del triennio 2020-22, nonostante le varie difficoltà già anticipate, hanno aumentato il loro fatturato (sul numero di Gennaio-Febbraio 2023 di Sistemi&Impresa è dedicato un ampio e dettagliato servizio). Il loro segreto per raggiungere le performance? Su tutti, diversificare la produzione e contare su un numeroso parco clienti: due strategie che hanno permesso di tutelarsi e ridurre il rischio di dover dipendere da un singolo mercato.
Industria 4.0 e sostenibilità driver della crescita
Un altro aspetto che ha contribuito a generare valore per le aziende manifatturiere è stato, senza dubbio, la digitalizzazione. L’Industria 4.0 ha apportato vantaggi non solo all’interno dei processi produttivi e nella riduzione dei costi, ma ha anche ‘attutito’ il colpo rispetto alla difficoltà di assumere nuovi collaboratori. A spingere la transizione digitale sono stati soprattutto i fondi statali previsti dal Piano nazionale Industria 4.0, che hanno permesso di sostituire vecchi macchinari e di integrare Internet of Things (IoT), Cloud e Intelligenza Artificiale (AI) nelle linee produttive. Anzi, secondo i dati Eurostat, il 37% delle aziende manifatturiere italiane utilizza l’IoT, contro una media europea del 30%; l’AI, invece, è utilizzata dal 7% delle imprese, ma il dato è in linea con la media dell’Unione europea.
Anche la sostenibilità è stata un driver significativo per la Manifattura italiana. Il tema è più che mai attuale, complesso e delicato. Innanzitutto perché una produzione sostenibile può essere considerata tale se lo è in ogni parte della filiera (e questo è ancora troppo spesso difficile da valutare); inoltre, perché la questione è anche legislativa e le normative hanno spesso parametri molto diversi a seconda del Paese di riferimento. Un altro trend interessante emerso nel corso del confronto, infine, è la rilevanza degli stakeholder (europei) nell’incoraggiare e incentivare un modello produttivo più sostenibile: in particolare, con la richiesta di redigere un bilancio di sostenibilità.
La Manifattura non è un lavoro per giovani
Il tema più ‘scottante’, però, riguarda la difficoltà ad assumere e trattenere personale qualificato. Dopo la pandemia le riflessioni sul mondo del lavoro hanno messo in evidenza numerose variabili che in passato sembrano essere meno valutate rispetto a oggi (per esempio, la flessibilità, il benessere mentale, il work-life balance), anche attribuendo nuove definizioni ad alcune tendenze, reali o presunte (Great resignation, Quiet quitting, ecc.). È difficile riconoscere la radice del problema (durante la tavola rotonda è sorto il dubbio si tratti di un ‘problema generazionale’), resta però il fatto che le industrie manifatturiere hanno necessità di assumere e non ci riescono. Il bacino principale da cui attingere sono gli Istituti tecnici superiori (Its), ma il numero dei neodiplomati non soddisfa la richiesta.
L’Italia – chissà ancora per quanto – è la seconda manifattura europea; il tessuto economico italiano è composto prevalentemente da Piccole e medie imprese, realtà che, come detto, sono tecnologiche, innovative, attente all’ambiente e sono state capaci di generare valore nonostante la crisi, eppure il mondo delle fabbriche ha perso appeal. La narrazione che spesso accompagna l’immaginario industriale ha ancora uno sguardo ‘novecentesco’: molta fatica, poca modernità. Per tornare attrattivi forse bisognerebbe comunicare un’immagine più reale del mondo manifatturiero, che sia valorizzata in primis dalle istituzioni e dal mondo della scuola.
Classe 1996, Martina Midolo scrive di cultura d’impresa e si occupa di social media. Per FabbricaFuturo conduce il podcast Storie dell’Italia che produce.
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