Il coraggio di allargare gli orizzonti
Internazionalizzazione e Pmi
Intervista a Bruno Ermolli, Presidente di Promos
A cura di:
Luca Papperini
Si è svolto a Milano lo scorso 12 e 13 novembre il Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo, un appuntamento strategico per le regioni dell’area Med, che ha visto presenti anche i paesi protagonisti della primavera araba. Oltre 500 gli imprenditori in aula e 15 i ministri in rappresentanza dei 44 paesi del Mediterraneo.
“In questi anni il Forum si è rivelato un luogo di incontro per la community mediterranea – ha commentato in apertura Bruno Ermolli, Presidente di Promos –. Il dialogo concreto costruito in 9 anni ha fatto in modo che qui a Milano le istituzioni si confrontino per capire le esigenze del mercato. Una progressiva integrazione dell’area deve essere considerata uno strumento di uscita dalla crisi”. In cima all’agenda – ricorda Ermolli – due le necessità: concedere spazio alle nuove generazioni e offrire un impulso nuovo alle Pmi mediterranee. Promos da 20 anni fa in modo di concentrarsi sul ruolo del Mediterraneo per studiarne i fenomeni transanazionali: dall’individuazione dei mercati più promettenti alle iniziative concrete di business. Il Pil dell’area ha segnato un +3% nel 2011. Quest’anno salirà al 5%. L’area Med attrae poco meno del 2% degli investimenti esteri in area globale.
Presidente Ermolli, quale il processo di internazionalizzazione per una Pmi che guarda fuori dai confini Italiani? Che ruolo svolge Promos?
Promos accompagna le Piccole e Medie Imprese nel loro percorso di internazionalizzazione, con strumenti e servizi ad hoc a seconda dei settori delle imprese e dei Paesi Target. Per approcciare i mercati esteri è fondamentale conoscerli, capire quali possono offrire opportunità di business, quali paesi stanno facendo registrare tassi di crescita e quali invece vivono un momento di recessione e, aspetto da non trascurare, conoscere i competitor in quel mercato. Inoltre, è fondamentale analizzare i settori nei quali si vuole sviluppare il proprio business, e per farlo bisogna avere una conoscenza molto profonda del Paese di interesse. Per un’azienda poi, un aspetto da non sottovalutare, è lo sviluppo al proprio interno di capitale umano qualificato. I cambiamenti continui del sistema economico globale richiedono personale qualificato, in grado di seguire la direzione di questi cambiamenti, adattando le scelte aziendali ai mutamenti in corso. Per le imprese è fondamentale saper interpretare i cambiamenti non come un ostacolo ma come un’opportunità per continuare il loro processo di crescita e aprirsi a nuove aree economiche emergenti. Proprio queste ragioni hanno spinto Promos, qualche anno fa, a dare vita a NIBI, il Nuovo Istituto di Business Internazionale. Nibi ha l’obiettivo di offrire una formazione dedicata alle specifiche necessità degli imprenditori, export manager, consulenti e professionisti che svolgono attività e tengono relazioni economiche con i mercati esteri.
Quali le maggiori difficoltà per chi vuole fare impresa in Italia?
Negli ultimi dieci anni il forte ridimensionamento della crescita si è legato ad una insoddisfacente dinamica della produttività. In Italia, gli investimenti pubblici, importante fattore di crescita economica, sono inferiori alla media europea. Il capitale immateriale, che tanto incide sulla produttività, è ancora troppo basso: le imprese italiane, a differenza di quelle dei principali paesi europei, non rinnovano abbastanza i propri modelli organizzativi e non investono in nuove tecnologie. Questi fattori interagiscono con la persistenza di un’ampia area di economia sommersa che continua a influenzare negativamente il posizionamento competitivo della nostra economia, alterando le condizioni di funzionamento del mercato del lavoro e dei prodotti, frenando la modernizzazione del sistema delle imprese e la sua evoluzione dimensionale, aumentando la pressione fiscale sui segmenti regolari dell’offerta.
Quali le criticità per le imprese che decidono di esportare i loro prodotti all’estero?
Nel 2011 la domanda estera netta, dopo molti anni, ha ripreso il ruolo di principale motore della crescita, e questo testimonia come le opportunità offerte dai mercati esteri siano ancora considerevoli. Il tessuto imprenditoriale italiano, formato da 4,4 milioni di Pmi, di cui 200 mila esportatrici, ha mostrato negli ultimi anni notevoli capacità di adattamento, ma il confronto europeo mostra per l’Italia un livello di apertura internazionale agli scambi di merci ancora relativamente ridotto, che lascia spazi di miglioramento. Nel corso degli ultimi anni si è ridotta l’attivazione della domanda estera sulle produzioni nazionali, a causa del più intenso impiego di beni intermedi esteri in concorrenza con quelli di origine interna. Inoltre, le potenzialità di crescita del sistema produttivo italiano sui mercati esteri, così come sul mercato interno, sono ostacolate da fattori strutturali e di sistema. Agli annosi problemi legati a complessi assetti normativi, si aggiungono, ad esempio, servizi logistici non allineati con quelli dei principali paesi europei.
Made in Italy: food e fashion trainano ancora?
Il Made in Italy è ancora un brand riconosciuto in tutto il mondo e lo sarà sempre. L’eccellenza della nostra produzione rimane un fiore all’occhiello del nostro Paese e questo è testimoniato da alcuni dati significativi, il settore agroalimentare, per esempio, nel 2011, nonostante la crisi, ha raggiunto il massimo storico di circa 30 miliardi nel valore delle esportazioni, per effetto di una crescita del 9 per cento. Il fatturato delle imprese del fashion quest’anno ha in realtà registrato una flessione ma ha compensato l’avanzamento che si era registrato nel 2011 riportandoci ai livelli del 2010 e si conferma un volano importante per l’economia di tutto il territorio che ha eccellenze nella Lombardia e nel settore del lusso.
Un imprenditore una volta disse: “All’estero è ‘bianco’ o ‘nero’. In Italia si trovano sempre sfumature. Il processo decisionale si allunga e tutto diventa più fumoso”. È d’accordo?
Non si tratta di una caratteristica esclusivamente italiana. In realtà non dobbiamo dimenticarci che ogni Paese ha delle proprie specificità. Pensiamo ad esempio ai Paesi del Medio Oriente, aree geografiche il cui quadro politico è certamente complesso ma che presentano un dinamismo, opportunità di crescita tali che non devono scoraggiare chi vuole fare impresa. Anzi su queste aree stiamo puntando e, facendo rete, facendo sistema, aiutiamo proprio gli imprenditori a superare quelli che possono porsi come ostacoli nel processo decisionale.
Quale il valore del manifatturiero italiano? Strategie per il rilancio del Made in Italy sono ancora attuabili? Come?
Il valore del manifatturiero italiano, benché abbia risentito come tutti i settori della crisi, non è in discussione. È chiaro che è necessario individuare mercati che abbiano una domanda interna in crescita e puntare in quella direzione. Il processo di internazionalizzazione è una modalità indispensabile per rimanere competitivi sul mercato ma si badi bene che esiste una differenza sottile e significativa rispetto al termine delocalizzazione. Internazionalizzare non significa delocalizzare, che nella migliore delle ipotesi è un processo di efficientamento dei costi mirato alla sopravvivenza.
La politica che ruolo svolge? O dovrebbe svolgere…
La politica deve prestare massima attenzione alle richieste e alle iniziative del mercato perché sono queste che disegnano il ritratto di un Paese e indicano la direzione su cui puntare.
Quali i mercati esteri più vivaci per le imprese italiane?
In questo delicato momento congiunturale è chiaro che bisogna guardare a quei mercati che più manifestano dinamismo e la cui economia è in controtendenza rispetto al trend negativo che ha colpito molti Paesi. Oggi guardiamo con molto interesse ai Paesi Bric che ormai da anni mantengono il piede sull’acceleratore dello sviluppo. E puntiamo moltissimo su tutta l’area del Mediterraneo. In questo senso abbiamo avviato anche il Centro EuroMediterraneo per le Micro e Piccole Medie Imprese presentato all’ultimo Forum Finanziario Euro Mediterraneo che abbiamo ospitato a Milano. Con il Centro vogliamo fornire a tutti gli imprenditori gli strumenti per fare impresa e che spesso sono i meno accessibili: come le informazioni su accesso al credito e sui finanziamenti, oltre ad una rete di relazioni che permetta la condivisione delle esperienze tra imprenditori
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