Il caro energia colpisce il Manifatturiero: bisogna proteggere e supportare le PMI
L’aumento dei prezzi è causato da ragioni geopolitiche
L’eccezionale aumento dei prezzi ha molte somiglianze con quanto, in Italia e non solo, avvenne a causa del primo choc petrolifero del 1973, quando, nel giro di pochi mesi (se non giorni) il prezzo del petrolio passò da circa 3,8 a 10 dollari al barile; o anche del secondo choc petrolifero del 1979, con aumenti da 15 a circa 40 dollari al barile. In tutti i casi citati la principale – anche se non unica – motivazione dell’improvviso enorme aumento delle quotazioni è stata geopolitica, che vede l’Italia in condizioni di pesante vulnerabilità in considerazione della sua quasi totale dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti di gas e petrolio. Situazioni del genere si configurano immediatamente come classiche cause di inflazione ‘da costi’: i produttori registrano notevoli aumenti nei prezzi delle materie prime e sono costretti a trasferirli, in tutto o in parte, a valle sui loro clienti, con effetti che si propagano progressivamente su quasi tutti i mercati, tanto più rapidamente quanto più trasversale risulta essere l’utilizzo, diretto o indiretto, della risorsa rincarata. È quanto avvenne, appunto, nel 1973: il tasso di inflazione italiano, che era già cresciuto dal 5 al 10% in poco più di un anno, proprio a seguito di tali aumenti balzò al 25% in pochi mesi, con effetti devastanti su tutta l’economia nazionale. Continuò poi a oscillare tra il 12 e il 22% fino al secondo choc del 1979, che ebbe evoluzioni parzialmente analoghe.Non tutti i Paesi sono colpiti allo stesso modo
Rispetto all’esperienza di (quasi) mezzo secolo fa, l’attuale congiuntura registra alcune differenze che la rendono oggettivamente ancora più complessa. Innanzitutto, l’aumento dei prezzi del petrolio del 1973 colpì in maniera simile – anche se non uguale – quasi tutti i Paesi industrializzati, almeno nell’immediato (poi alcuni, in particolare, Regno Unito e Norvegia, riuscirono a ridurre la loro dipendenza dall’estero grazie al petrolio del Mare del Nord): inflazione da costi ‘pura’ per (quasi) tutti, quindi, e pertanto con relativamente limitati effetti sulla competizione internazionale. Oggi, invece, anche limitandoci al solo contesto europeo, ci sono Paesi che, in varia misura, sono meno gravemente colpiti: la Francia usa il gas solo per il 20% della sua produzione di elettricità, facendo affidamento principalmente sul nucleare, che copre il 70%; la Germania ricorre al gas solo per il 17%, grazie soprattutto a rinnovabili e carbone; la Spagna lo utilizza per il 31%, e la Polonia solo per il 10%, visto il massiccio ricorso al carbone. Ciò significa che le loro industrie sono – almeno potenzialmente – meno colpite delle nostre dall’aumento dei prezzi del gas e ciò aumenta la loro pressione concorrenziale sul Manifatturiero nazionale sia in Italia sia all’estero.La ripresa ha provocato significativi aumenti della domanda
Dobbiamo inoltre rilevare come, mentre l’inflazione del 1973 fu, almeno in fase iniziale, quasi esclusivamente ‘da costi’, oggi registriamo a livello internazionale e nazionale anche significative spinte inflazionistiche ‘da domanda’. La pandemia di covid-19, infatti, soprattutto nel periodo dei lockdown, ha compresso molto la domanda, interna ed estera, di beni e servizi. Molte imprese, nel Manifatturiero e non solo, sono state così costrette a ridimensionare notevolmente la loro attività – purtroppo anche con significative riduzioni degli organici – o addirittura a chiudere. Il progressivo esaurirsi delle limitazioni (soprattutto grazie ai vaccini), insieme con i pesanti interventi di sostegno messi in atto un po’ da tutti i Governi (si pensi, a solo titolo esemplificativo, al nostro bonus 110%) ha provocato bruschi aumenti della domanda, che hanno trovato il nostro sistema, almeno nell’immediato, impreparato. Questa impreparazione vale per due aspetti: la necessità di rimettere in moto la macchina, recuperando – o sostituendo – il personale licenziato (o comunque ‘abbandonato’, come nel caso dei contratti a tempo determinato non rinnovati) nei mesi precedenti; le difficoltà negli approvvigionamenti di molte materie prime e componenti (particolarmente pesante il caso dei microchip, ma gli esempi sono numerosi).Nicola Costantino (Bari, 1951), ingegnere, è Professore Ordinario di Ingegneria Economico Gestionale presso il Politecnico di Bari, del quale è stato Rettore dal 2009 al 2013. Autore di circa trecento pubblicazioni a carattere internazionale e nazionale, prevalentemente sui temi del Supply chain management e del Construction management, ha svolto attività di ricerca e didattica in Usa, Regno Unito, Danimarca, Spagna, Cina. In qualità di Direttore tecnico di una delle maggiori imprese generali di costruzioni italiane, ha curato la realizzazione di importanti opere di ingegneria industriale e civile in Puglia e Basilicata (centrale Enel di Brindisi Sud, numerose centrali telefoniche, centri di meccanizzazione postale, nuova chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, ecc.). È stato consigliere di amministrazione di Tecnopolis Novus Ortus e del Centro Laser di Bari. È stato Amministratore Unico di Acquedotto Pugliese Spa dal 2014 al 2016 e Presidente del Consiglio di Amministrazione di Retegas Bari Spa dal 2016 al 2021. Attualmente è componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
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