I limiti delle tecnologie per la transizione green
L’industria siderurgica rappresenta uno dei settori più inquinanti dal punto di vista ambientale: la produzione di acciaio è responsabile di circa il 7% di tutte le emissioni antropiche di anidride carbonica e, nonostante ciò, ne è prevista una crescita del 25-30% nel prossimo futuro (Holappa, 2020). Infatti, ad oggi, l’acciaio è uno dei materiali più versatili e utilizzati in molteplici applicazioni. Le sue caratteristiche lo rendono imprescindibile in settori come quello edile, meccanico e automotive.
Alla luce di ciò, appare chiaro che il settore siderurgico dovrà rinnovarsi radicalmente nei prossimi anni, rivalutando i metodi di produzione esistenti e operando opportune modifiche per soddisfare i requisiti stabiliti dalle politiche ambientali definite a livello internazionale. Tra queste, l’Accordo di Parigi ha definito una nuova strategia climatica che pone le basi per il futuro, riconoscendo in particolare la necessità di “limitare il riscaldamento globale a ben meno di 2, preferibilmente a 1,5 gradi celsius rispetto ai livelli preindustriali”. Per raggiungere questo obiettivo, pertanto, è necessario investire in metodi di produzione in grado di ridurre considerevolmente le emissioni di gas serra.
In risposta a ciò, negli ultimi anni, sono state sviluppate diverse tecnologie in grado di produrre acciaio limitando le emissioni di anidride carbonica. L’applicazione di questi metodi produttivi, tuttavia, si trova ad affrontare diverse barriere che ne stanno impedendo la diffusione. Il problema principale è che queste tecnologie innovative non sono competitive sul mercato, poiché i tradizionali e più consolidati metodi di produzione dell’acciaio risultano essere, al momento, più convenienti a livello economico. È quindi necessario creare una catena del valore sostenibile in grado di innescare un aumento della domanda di acciaio green, cioè prodotto tramite ridotte emissioni di gas serra.
In questo contesto, è opportuno fornire una panoramica delle più promettenti tecnologie disponibili per la produzione di acciaio green e offrire spunti di analisi per comprendere se esistano condizioni in cui l’implementazione di alcune di esse sia preferibile all’applicazione di altre. Ciò dovrebbe porre le basi per una comprensione più approfondita delle principali barriere che ancora ne impediscono l’adozione, al fine di fornire alle aziende siderurgiche una prospettiva più chiara per sostenere la transizione del settore verso paradigmi produttivi più sostenibili.
I due principali metodi di produzione dell’acciaio
Ad oggi, i processi più comuni per la produzione di acciaio sono due. Il primo è il cosiddetto “metodo tradizionale” o “ciclo integrato”, basato sull’utilizzo dell’altoforno, che prevede la produzione di acciaio a partire dal minerale di ferro. Il secondo, la “produzione secondaria”, consiste nel riciclare rottami di acciaio giunti a fine vita in un forno elettrico ad arco.
Per entrambi i metodi, la produzione comporta una quota di emissioni dirette, associate quindi al processo di produzione vero e proprio, e un’altra quota di emissioni indirette, derivanti dalla generazione di elettricità e calore necessarie al funzionamento del processo stesso. In particolare, la produzione di una tonnellata di acciaio grezzo attraverso il ciclo integrato emette direttamente circa 1,2 tonnellate di anidride carbonica e, indirettamente, in media, 1,0 tonnellate. La produzione tramite forno elettrico (Eaf) a partire da rottami, invece, comporta circa 0,04 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di acciaio grezzo prodotto, in termini di emissioni dirette e 0,3 tonnellate per quanto riguarda quelle indirette.
Quindi, mentre il ciclo integrato ha un impatto sull’ambiente principalmente attraverso le emissioni dirette, l’anidride carbonica prodotta dall’Eaf dipende perlopiù dalle emissioni indirette, che a loro volta dipendono dall’intensità di anidride carbonica connessa alla generazione di elettricità. Per questo motivo, l’Eaf potrebbe idealmente essere definito come processo a zero emissioni di gas serra, a patto che venga alimentato con elettricità proveniente da fonti rinnovabili, e quindi senza emissioni di anidride carbonica connesse.
La riduzione delle emissioni nel siderurgico
Dati alla mano, sembrerebbe quindi chiaro che, nell’ottica di una necessaria riduzione delle emissioni, il percorso più promettente sia quello che prevede l’utilizzo del forno elettrico. Tuttavia, la produzione secondaria non può essere l’unica soluzione per la decarbonizzazione del settore siderurgico per una serie di ragioni. La motivazione principale è che questo metodo di produzione, operando attraverso il riciclo dei rottami, consente un massimo grado di purezza dell’acciaio prodotto, strettamente legato alla qualità dei rottami immessi nel forno. Infatti, se la produzione attraverso la via primaria, ovvero quella che richiede come materiale di partenza il minerale di ferro, consente di ottenere un grado di purezza sempre molto elevato, la produzione secondaria non può essere in grado di generare sempre materiale di alta qualità, in quanto il rottame di cui le acciaierie dispongono è spesso impuro e contiene elementi estranei al suo interno.
Per questo motivo, per rispondere alla domanda di acciaio di alta qualità, risulta essere in ogni caso necessario mantenere una quota di produzione primaria tramite ciclo integrato. Inoltre, nell’ipotetico scenario in cui si decidesse di disporre di una produzione esclusivamente proveniente da rottame, la concentrazione di elementi di scarto al suo interno, e quindi nell’acciaio prodotto, aumenterebbe a ogni riciclo, così che, nel lungo periodo, ci si ritroverebbe con un acciaio altamente contaminato.
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