Global Sourcing: Evoluzione e leve di governo – parte 2
Gestire i rischi
A fronte di una serie di potenziali benefici, esistono anche molti rischi nel global sourcing che spesso possono portare a insuccessi o a limitare l’adozione di tale strategia. Diversi studi hanno dimostrato che non sempre internazionalizzare gli acquisti permette di avere migliori performance, questo perché, da un lato non è sempre facile globalizzare in modo efficace, dall’altro perché si può essere competitivi anche con una base fornitori locale. Si pensi ad esempio al modello Toyota del just-in-time basato su consegne frequenti da parte di fornitori locali in modo da ottimizzare le prestazioni logistiche (bassi livelli di scorta, ecc.).
È importante quindi che l’azienda che vuole globalizzare i propri acquisti tenga in considerazione non solo la semplice differenza di costo della manodopera o d’acquisto, come spesso accade, ma effettui una valutazione dinamica orientata a valutare il Total Cost of Ownership della fornitura globale. Spesso infatti nella scelta di acquistare su mercati internazionali si trascurano o si sottostimano i costi connessi ai trasporti, ai dazi doganali, all’aumento delle scorte dovuto a tempi di consegna più lunghi, alle assicurazioni, alla gestione delle transazioni finanziarie, alle consulenze connesse, alla necessità di maggiori controlli. È quindi importante in fase di analisi e di gestione il monitoraggio attento di tutte le componenti di costo indotte dalla scelta di approvvigionarsi all’estero.
Il global sourcing introduce, poi, un rischio di natura operativa che riguarda la produttività della manodopera, i costi logistici e la qualità del prodotto. A fronte di un minore costo della manodopera è importante valutarne la produttività tenendo anche in considerazione che il vantaggio di costo tende a ridursi nel tempo a causa dell’inflazione (tipicamente più alta nei paesi in via di sviluppo) e dell’aumento del benessere in questi paesi. Vi sono poi i costi logistici: approvvigionarsi da fornitori lontani significa avere tempi di trasporto più lunghi e soggetti a maggiore variabilità, ad esempio a causa dei numerosi trasbordi della merce. Questo può riflettersi su un aumento significativo dei livelli di scorta. Infine bisogna tenere in considerazione la qualità del prodotto che i fornitori sono in grado di garantire. Sono numerosi i casi di imprese che hanno subito rilevanti danni materiali e di immagine a fronte di problemi di qualità dei prodotti realizzati in paesi stranieri (si pensi ad esempio al caso di Mattel che a fine 2007 fu costretta a ritirare 1,5 milioni di giocattoli perché verniciati da un fornitore asiatico con una vernice al piombo illecita). Tali accadimenti possono sicuramente avvenire anche con fornitori locali, tuttavia la distanza geografica e culturale può sfavorire la capacità di controllo dell’impresa acquirente sul fornitore e la asimmetria informativa.
Secondariamente vi è un rischio di natura strutturale. Carenze infrastrutturali nei paesi in via di sviluppo, rischi paese (colpi di stato, cambiamenti nella tassazione, corruzione), distanza culturale possono risultare determinanti nel successo di un’iniziativa di global sourcing. Ad esempio, è abbastanza noto che l’organizzazione del lavoro nei paesi nordici segua regole di ampliamento delle mansioni e delle responsabilità per i singoli lavoratori nonché di lavoro in team e di riduzione del numero di livelli gerarchici. Questo tipo di organizzazione non è ugualmente replicabile in tutti i paesi a causa di effetti culturali e del livello di istruzione e formazione dei lavoratori. Una grande azienda danese con stabilimenti in Ungheria, intervistata durante un progetto di ricerca, ha sottolineato come, a parità di tecnologie produttive, lo stabilimento ungherese avesse più livelli di supervisione e management (da3 a6 livelli) e un più elevato grado di specializzazione delle proprie risorse. Tali differenze avevano reso necessario un adattamento dell’organizzazione della produzione alla realtà locale.
È importante non sottovalutare questi rischi potenziali e nel momento in cui si opera la scelta di approvvigionarsi all’estero è necessario valutare e mitigare le diverse fonti di rischio.
Il ruolo della funzione acquisti in un contesto globale
Una funzione acquisti può avere differenti configurazioni a seconda degli obiettivi e della struttura dell’azienda. La dimensione internazionale degli acquisti può influenzare tali configurazioni in modi differenti. Abbiamo innanzitutto casi di aziende poco internazionalizzate nel business ma con acquisti sia locali che globalizzati. Vi sono poi aziende molto internazionalizzate nel business tipicamente con acquisti globali6. Tipici settori dove questo modello è facilmente riscontrabile sono quelli dell’aerospazio, dell’abbigliamento e dei semiconduttori. In questo caso abbiamo due ulteriori configurazioni possibili in funzione del grado di centralizzazione degli acquisti. Nel caso di acquisti centralizzati, esiste un’unica funzione acquisti, normalmente localizzata nell’headquarter, che si occupa dell’acquisto di tutte le principali categorie merceologiche. Le fasi svolte a livello centrale sono tipicamente quelle di scouting, selezione dei fornitori e negoziazione fino alla definizione del contratto. A questo punto le sussidiarie possono acquistare dai fornitori nell’ambito del contratto siglato dalla casa madre. I vantaggi di questa configurazione risiedono nella possibilità di fare economie di scala nell’acquisto, di avere maggiore potere contrattuale verso i fornitori e di avere un livello di standardizzazione e coerenza nella gestione dei fornitori superiore. Tutto questo limitando il grado di burocratizzazione del processo di acquisto dove non sia strettamente necessario. Per esempio, alcune aziende di grandi dimensioni spesso acquistano tutto l’IT contrattando direttamente con fornitori globali (come Dell, SAP o Microsoft) a livello centrale. Agli uffici acquisti periferici sono lasciati solo l’acquisto di beni a più basso valore come le periferiche o altri prodotti consumabili.
In altri casi la strategia o specifici vincoli (come ad esempio sui costi di trasporto) obbligano le aziende a gestire gli acquisti sin dalle fasi di selezione a livello di sussidiaria sfruttando le potenzialità della base fornitori locale. In questo caso i vantaggi possono essere un maggiore livello di servizio dei fornitori per la loro vicinanza o una maggiore personalizzazione degli acquisti alle necessità locali che può aumentare l’efficienza ed efficacia degli stabilimenti delocalizzati. Per esempio, nella produzione di materiali per l’edilizia l’acquisto di materie prime deve essere effettuato localmente dati i costi di trasporto del materiale e le specificità delle singole produzioni. Per tale ragione anche imprese multinazionali sono costrette a replicare strutture di acquisto locali per garantire che il processo di acquisto sia efficace rispetto alle esigenze della produzione. La controparte di questa configurazione è che vi può essere una duplicazione di risorse dedicate agli acquisti e una riduzione della standardizzazione. Per cercare di ridurre questo tipo di problemi, le imprese possono dotarsi di unità centrali per il coordinamento degli acquisti a livello locale. Naturalmente il percorso che porta un ufficio acquisti a internazionalizzarsi è graduale e segue delle fasi abbastanza codificate. La spinta iniziale deriva da una percezione che il mercato locale di fornitura locale non è più sufficiente e si tende a una graduale globalizzazione che non guarda solo i costi ma anche le prestazioni complessive dei fornitori.
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