Export manufacturing, gioiello del Made in Italy
Secondo una ricerca condotta nel 2013 da Osservatorio GEA e Fondazione Edison, la bilancia commerciale italiana complessiva con l’estero è tornata in surplus dopo vari anni.
Fatto salvo per l’energia (petrolio, gas, energia elettrica) l’export italiano è sempre stato strutturalmente in attivo. In particolare lo è oggi per i prodotti industriali manufatti. Nell’ambito dei Paesi del G-20 l’Italia è una delle sole 5 economie (insieme con Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud) che possano vantare un surplus con l’estero per i manufatti non alimentari.
Nel 2012 l’export manifatturiero italiano (inclusi gli alimenti trasformati) è stato pari a 373 miliardi di euro ed è ampiamente tornato sopra i livelli pre-crisi, battendo un nuovo record assoluto. Il precedente massimo storico del nostro export era stato toccato nel 2008, con 351 miliardi di euro.
Secondo l’Indice complessivo di competitività UNCTAD/WTO, in riferimento a 14 grandi settori in cui si può suddividere il commercio mondiale, l’Italia figura seconda solo alla Germania nel commercio estero, mentre svetta al primo posto sulla classifica mondiale in tre settori: tessile, abbigliamento, pelli e calzature.
Nonostante il 40% delle Pmi italiane denunci gli elevati costi associati all’ espansione all’ estero come la barriera principale all’ internazionalizzazione, il Paese si posiziona secondo dopo la Germania in altri 3 settori: meccanica non elettronica, manufatti di base (cioè metalli, ceramiche, ecc.) e altri prodotti manufatti (cioè occhialeria, gioielleria, articoli in materie plastiche). Il made in Italy ormai non è più solo cibo, moda e mobili ma anche e soprattutto meccanica.
Secondo l’Indice Fortis-Corradini – elaborato dalla Fondazione Edison – l’Italia è risultata prima, seconda o terza economia al mondo per attivo commerciale con l’estero in quasi 1.000 prodotti. Tra i più importanti vi sono: calzature in pelle, macchine per imballaggio, attrezzature frigorifere per supermercati, pasta, occhiali, elicotteri, yacht di lusso, pelli conciate, tubi in acciaio, pompe per liquidi, pomodori lavorati, mele. Tra i secondi posti vi sono: vini e spumanti, rubinetti e valvole, mobili, lavori in acciaio e alluminio, bulloneria, navi da crociera, forni e cucine, uva, ecc.
Dai dati della ricerca le evidenze mostrano che il futuro del manufacturing targato Italia è l’export, come testimoniano sempre più le quote di fatturato consolidato oltreconfine dalle medie imprese.
Il fenomeno della globalizzazione e della contestuale decrescita del vecchio continente ha consentito lo sviluppo di nuovi mercati emergenti, secondo l’Osservatorio GEA-Fondazione Edison . Oltre a Brasile, Russia, India e Cina, l’Italia si avvicinerà presto a nuove economie, quelle dei ‘Next 11’: Brasile, Hong Kong, Arabia Saudita, Messico, Algeria, Corea del Sud, India, Tunisia, Egitto, Libia e Israele. Secondo le stime, sono addirittura 22 i Paesi che rappresentano per l’Italia il futuro dell’export e che promettono di generare un mercato dal valore complessivo di 25,2 miliardi di euro. Tra questi: Singapore, Sudafrica, Thailandia, Marocco, Albania, Indonesia, Venezuela, Argentina, Taiwan, Cile, Kuwait, Kazakistan, Giordania, Colombia, Iraq.