Elisa-sedApta Group, raddoppio del fatturato ed espansione internazionale
La notizia è ufficiale: Elisa ha acquisito il 100% di sedApta Group. In attesa della finalizzazione (che avverrà a fine ottobre 2024), è stata comunicato l’esito dell’operazione che vede l’operatore di telecomunicazioni finlandese da 2,2 miliardi di euro di fatturato (dato 2023) rilevare il rimanente 81% delle quote del software provider operante a livello internazionale con sede in Italia dopo che tre anni fa ne aveva acquistato il 19%.
L’iniziativa si inserisce nella strategia di Elisa per lo sviluppo dei servizi digitali a livello internazionale. Da quanto si apprende, infatti, sedApta è entrata a far parte di Elisa IndustrIQ (la divisione software di Elisa) per rafforzare la presenza presso la clientela del settore manifatturiero in Italia, Francia e Germania.
A seguito dell’operazione, pubblichiamo la più recente intervista a Giorgio Cuttica, CEO di sedApta, che nel numero di Sistemi&Impresa di Maggio 2024 nell’articolo di Dario Colombo dal titolo “Produrre e pianificare con consapevolezza. E con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale” spiegava le attività del software integrator, in particolare approfondendo il ruolo dell’AI.
Produrre e pianificare con consapevolezza e con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale
“Umbre de muri, muri de mainé, dunde ne vegnì, duve l’è ch’ané…”. Sembrano riecheggiare questi versi di Fabrizio De André guardando il Terminal container di Genova, su cui si affaccia la sede di sedApta. Osservando il lavorio costante del Terminal San Giorgio, si possono vedere per davvero le “ombre di facce di marinai”, e verrebbe quasi da chiedere loro: “Da dove venite, dov’è che andate?”, proprio come domanda il cantautore genovese nella sua canzone Crêuza de mä.
Giorgio Cuttica, Amministratore Delegato di sedApta, non è un tipo che ama restare seduto: “Penso solo se sto in piedi”, dice accogliendo Sistemi&Impresa negli uffici della sua azienda, nata nel 2014 e ben presto diventata una protagonista dell’Industria 4.0 e della sua nuova declinazione 5.0, arrivando a superare quota 50 milioni di euro di fatturato (oltre il 60% è generato con aziende italiane, dati 2023) e dando lavoro a più di 500 persone. Nell’anno appena trascorso sono stati chiusi più di 400 progetti, la metà dei quali hanno riguardato nuovi clienti: alla collaborazione con le società di consulenza – per le quali sedApta fornisce la soluzione tecnologica – si affianca quella con i partner ai quali proporre tecnologia e supporto consulenziale.
A raccontare la storia dell’azienda nell’anno del decennale – il nome sedApta deriva da un’iscrizione in latino che Ludovico Ariosto pose sulla sua dimora, che in sintesi significa: “Piccola, ma ben progettata” – è anche un murales che si snoda sulle pareti della sede genovese e che svela come la realtà ligure sia oggi un gruppo internazionale (oltre a Genova, in Italia ha uffici a Savona, Torino, Napoli, Milano, Bologna, Mantova e Vicenza; ed è presente anche in Germania, Francia, Regno Unito e Brasile) con esperienze in Manufacturing Operation Management e Supply Chain Management come fornitore e implementatore di software: con referenze nei mercati Discrete, Process, Food & Beverage e Fashion & Luxury, sedApta offre una suite di soluzioni integrate per la pianificazione, l’esecuzione e l’ottimizzazione a tutti i livelli della Supply Chain.
Seguendo le orme dei peripatetici – i membri della scuola aristotelica, che s’intrattenevano a discutere nel peripato, cioè quella parte del giardino del liceo di Atene in cui Aristotele era solito tenere le sue lezioni – Cuttica non solo preferisce camminare per pensare, ma pure per rispondere alle domande si fa agevolare dal movimento. E così ne approfittiamo per conoscere gli spazi della sede, che ospita anche il competence center e l’Academy. C’è una fermata obbligatoria alla quale l’Amministratore Delegato di sedApta tiene in modo particolare: davanti al disegno di Elisa, l’Intelligenza Artificiale (AI) introdotta dall’azienda dopo l’acquisizione, nel 2019, del 19% da parte dell’omonima azienda finlandese di telecomunicazioni e servizi digitali.
Ma l’AI è solo l’ultimo tassello del percorso di trasformazione delle aziende verso il Demand driven Manufacturing, nel quale la produzione è guidata principalmente dagli ordini dei clienti confermati, piuttosto che dai forecast di vendita: in quest’ottica diventa fondamentale integrare le informazioni provenienti dalla domanda dei consumatori finali con quelle delle fabbriche e dei fornitori per permettere alle aziende di gestire in maniera dinamica la conversione tra il pianificato, il realizzato e il ripianificato. E per chiarire meglio il concetto, Cuttica ci fa accomodare nel suo ufficio, fornendoci un’ampia dimostrazione della soluzione software che dà concretezza al Demand driven manufacturing: la piattaforma è usata anche internamente in sedApta e funziona offrendo una panoramica di tutti i processi in corso che coinvolgono vari manager, i quali sono chiamati a confrontarsi e a svolgere specifiche azioni. E anche l’AI – chiamata “Elisa” – agisce come un manager umano. Ma andiamo con ordine prima di arrivare a uno degli ultimi tasselli del puzzle.
Riavvolgiamo il nastro: l’ultima volta che ci siamo incontrati era il 2021. Oggi le continue crisi hanno cambiato radicalmente il mondo di allora. Come sono trascorsi questi ultimi anni?
Siamo cresciuti molto e grazie al nuovo socio Elisa abbiamo diffuso la conoscenza dell’AI, oltre ad aver introdotto il percorso di Demand driven manufacturing, per produrre in funzione di ciò che il mercato richiede e al momento opportuno. La vera questione che abbiamo affrontato riguarda la necessità per le aziende manifatturiere di uscire dalla ‘logica a silos’, secondo la quale ogni funzione agisce in modo autonomo rispetto alle altre: per esempio l’Ufficio Acquisti compra senza considerare le eventuali necessità e problematiche della Produzione; oppure il Commerciale che spesso dice di ‘sì’ a ogni richiesta dei clienti, senza sapere che, paradossalmente, in questo modo rischia di danneggiare l’azienda stessa. Poi abbiamo completato la nostra suite con il modulo per il monitoraggio dei trasporti, rispondendo così alle nuove problematiche geopolitiche più attuali.
A proposito di geopolitica, quanto le questioni di attualità hanno influito sulla vostra evoluzione?
Essendo nati nel 2014, ci siamo sviluppati già con la proposta di Demand driven manufacturing e nonostante siano passati 10 anni, ancora oggi ci sono grandi gruppi manifatturieri che non si sono dotati di soluzioni end-to-end e quindi c’è un vasto mercato da coprire. Siamo partiti dal Manufacturing Operations Management (MOM) – la definizione delle politiche e delle regole necessarie per mantenere livelli elevati di produzione e far sì che i processi avvengano in modo coordinato – e dal fatto che Produzione e Pianificazione si incontravano solo una volta all’anno (il Fashion faceva eccezione, con almeno due incontri annui). Oggi, però, questo assetto non funziona più, perché le aziende possono monitorare la vendita dei prodotti da parte dei loro clienti e quindi sono in grado di orientare la produzione: le imprese sono quindi diventate configured to order. Ma per esserlo realmente serve un sistema che consenta ai manager dell’azienda di confrontarsi quotidianamente per decidere che cosa fare. È necessario organizzare l’impresa secondo lo scenario da affrontare, prendendo in considerazione gli indicatori che servono per prendere le decisioni.
In concreto che cosa significa?
Vuol dire raccogliere tutti i dati che potrebbero servire nel processo decisionale, facendo grande attenzione a questo aspetto perché se dovesse mancare qualcosa allora sarebbe un rischio per l’azienda. Su questa base di dati si svolgono le analisi e poi si coinvolgono tutte le persone – vuol dire ascoltare chi si è occupato di approvvigionamento, chi deve gestire la produzione, la funzione del Personale, ecc): solo da questo confronto e con tutte queste informazioni si decide. Ma attenzione perché solo una parte di dati può essere raccolta dalle persone – la cosiddetta ‘pancia del manager’ – il resto è automatizzato. Dunque è poi possibile verificare il risultato della scelta e capire se è realmente efficace. E qui entra in gioco, ancora, la tecnologia che fornisce gli scenari ‘alternativi’. In questo modo le aziende possono prendere decisioni consapevoli.
Pensa che le crisi abbiano contribuito a generare maggiore consapevolezza di questi aspetti in azienda?
La geopolitica ha chiarito, per esempio, che se c’è una turbativa sui trasporti, allora l’intera Supply chain ne risente: le aziende ormai sono consapevoli che le previsioni potrebbero non bastare più. Tuttavia, le stesse crisi hanno frenato gli investimenti nell’IT, soprattutto sui software previsionali. Il Piano 4.0 ha aiutato molto le imprese – anche quelle che forniscono soluzioni tecnologiche – e altrettanto farà il 5.0, seppure concentrato sull’Energy management. Che poi si traduce nella gestione della Supply chain e della Produzione in chiave sostenibile: per esempio, se un’azienda è in grado di effettuare un ordine di materiali in modo coordinato con le necessità di ogni funzione, potrà disegnare rotte o usare modalità di trasporto a minor impatto ambientale. Oppure si potrebbe decidere di produrre utilizzando un macchinario più sostenibile che ci metterà più tempo e occuperà più a lungo gli operatori, ma l’azienda potrà rispettare i parametri di sostenibilità. Ovviamente per prendere queste decisioni, serve un’adeguata consapevolezza dell’impatto delle scelte.
Nella precedente intervista ci eravamo concentrati proprio sulla consapevolezza: crede che sia aumentata la capacità delle aziende di guardare l’organizzazione dalla collina come faceva Napoleone Bonaparte in battaglia per guidare le sue truppe?
C’è la consapevolezza che serve un sistema che consenta, a chi è sulla collina, di avere tutte le informazioni per guidare l’azienda e quindi per comunicare a Giuseppe Garibaldi (la metafora per indicare chi agisce sul campo, ndr) che guida il battaglione in azione, come creare le condizioni migliori per raggiungere l’obiettivo. Purtroppo c’è ancora la tendenza a gestire e a ottimizzare la propria funzione e a farlo meno con una visione dall’alto e più ampia.
In che modo l’AI agisce nella vostra suite di collaborazione?
Elisa agisce come un manager umano, con la differenza che può svolgere attività che le persone non sono in grado di fare. Per esempio ha accesso a tutte le informazioni che può condividere quando necessario. Ci si rivolge all’AI ponendole domande in linguaggio naturale ed Elisa è coinvolta esattamente come gli altri manager: risponde alle diverse questioni, fornisce dati e partecipa al processo decisionale.
È a questo punto della conversazione che Cuttica ci fa entrare nel suo ufficio. Chi si aspetta la stanza presidenziale ne resterà deluso: a parte la foto dei suoi due Labrador retriever e il grande schermo mobile con il quale ci mostra la suite di sedApta, nulla farebbe intendere che si tratta dello spazio riservato all’Amministratore Delegato. E così, seduto alla sua scrivania, Cuttica dimostra le potenzialità del software, aprendo e gestendo progetti reali, spiegando come funziona un quotidiano flusso di lavoro e illustrando anche l’intervento di Elisa che risponde a domande, fornisce informazioni e consente di potenziare il flusso di lavoro: è toccare con mano il funzionamento della control tower, concretizzando quel concetto di collinetta dalla quale, come novelli Napoleone, i manager possono gestire con reale consapevolezza i processi aziendali.
Crede che sia immaginabile implementare questo processo di lavoro nelle aziende padronali nelle quali la decisione è in capo, spesso, a una sola persona?
Non è detto che l’azienda padronale sia l’esempio peggiore di organizzazione. La suite consente di disegnare flussi di lavoro molto flessibili e ogni imprenditore può decidere ciò su cui intervenire, per contribuire al processo decisionale: può centralizzare la decisione oppure renderla condivisa… L’azienda padronale non è il limite; il vero limite è pensare che i processi non debbano essere migliorati. Non tutte le aziende hanno la consapevolezza che il processo aziendale è un’enorme basilica che si regge su vari pilastri e che se anche uno di questi manca, allora il tetto rischia di cadere. Quelle che un tempo erano le aziende che funzionavano per inerzia – per intenderci, le imprese ‘business as usual’ – non esistono più perché andrebbero incontro a troppi rischi e si perderebbero le opportunità del mercato, che è mutevole per definizione. Ma per affrontare i rischi, serve un’organizzazione: è questa la differenza tra le aziende che ‘vincono’ e quelle che ‘perdono’.
Qual è la sua opinione sul 5.0?
Il 5.0 si concentra maggiormente sui target imposti dall’Unione europea. Ci sono tre temi su cui le aziende oggi sono chiamate a confrontarsi, il cui obiettivo è renderle più competitive e non solo più sostenibili: rimettere le persone al centro della Manifattura, facendole collaborare insieme; introdurre l’AI in produzione per far lavorare meglio le persone stesse; utilizzare gli incentivi per rendere le aziende più sostenibili, senza però scadere in strategie avulse dal contesto. Le tecnologie 4.0 sono ancora attuali e il 5.0 ne è un’evoluzione ragionevole. Di certo la questione ‘nuova’ riguarda l’AI: credo fortemente nel suo potenziale all’interno di flussi orchestrati.
L’ultima volta ci diceva che “non è mai troppo tardi” per aggiornare l’azienda; crede che ora è superato quel tempo limite?
Resto dell’idea del Maestro Alberto Manzi: “Non è mai troppo tardi”. È chiaro che chi è stato rapido nel capire le potenzialità del 4.0 ed è stato altrettanto veloce nell’intuire il potenziale del 5.0, allora avrà avuto vantaggi e altri ne avrà nell’immediato futuro. Chi inizia ora il percorso di cambiamento avrà dei gap da colmare, ma ritengo che siano recuperabili, anche perché non tutte le imprese che hanno cavalcato il 4.0 lo hanno fatto in modo da renderlo realmente efficace. Quindi, paradossalmente, anche chi ha fatto scelte precoci potrebbe non aver raccolto tutte le opportunità e si ritrova oggi con margini di miglioramento.
Qual è lo stato di digitalizzazione delle aziende italiane?
La media degli imprenditori italiani continua a pensare che il software sia un male necessario: se si acquista un macchinario si ha un miglioramento immediato della produzione, ma se si compra una soluzione tecnologica non c’è un riscontro in termini concreti. La Manifattura Usa dovrebbe rappresentare un esempio virtuoso, perché sono molto competitive in quanto capaci di grande resilienza. In Europa l’Italia è seconda solo alla Germania.
Qual è il bilancio dell’Academy di sedApta?
Con l’Academy siamo in grado di far vivere ai clienti una concreta esperienza di Demand driving manufacturing integrata che non è certo facile replicare in altri spazi. L’Academy consente di creare quell’ambiente nel quale clienti e partner possono toccare con mano i vantaggi dell’integrazione tra Supply chain e Produzione. Poi l’Academy prosegue le sue attività di formazione – per i clienti, i partner e il personale di sedApta – e la collaborazione con l’università. Con l’ateneo di Genova abbiamo ospitato otto studenti del terzo anno di Ingegneria Gestionale per la realizzazione della tesi e fare sperimentazione in azienda: in questo modo hanno potenziato le loro competenze e compreso come funziona, dall’interno, un’organizzazione. Nel 2024 ne ospiteremo altri sette. Abbiamo scelto gli studenti di Ingegneria Gestionale perché è il corso di laurea che offre il giusto compromesso tra la conoscenza dei processi industriali e le competenze informatiche.
Quali sono le attese per il 2024?
È un anno complicato, anche perché gli incentivi sul 5.0 non sono ancora partiti e i clienti affrontano una fase riflessiva. Il 2024 è quindi un anno di consolidamento della grande crescita proseguita fino al 2023, dopo le importanti acquisizioni fatte nel 2021 e 2022 di NextChain (la nuova società costituita da MBO Partners e Atomos Hyla, che propone una nuova generazione di soluzioni digitali per la Supply chain evoluta) e del Gruppo C.HI (costituito da Cyrius Consulting, Cyrius do Brasil e BSP Consulting e offre vasto portfolio di servizi per ICT). Ora l’obiettivo è creare le basi per la nuova crescita, con l’obiettivo di arrivare al raddoppio di fatturato e di persone nell’arco di sette-otto anni: sarebbe un grande traguardo, se penso che nel 2014 siamo partiti in due persone e ora puntiamo a superare quota 1000 addetti (e 100 milioni di euro di fatturato). Sono molto orgoglioso anche degli investimenti in Ricerca e Sviluppo: abbiamo circa 90 persone impegnate in questo ambito – la stragrande maggioranza in Italia – ed è la miglior risposta a chi dice che nel nostro Paese ci sono pochi investimenti in R&D.