Questa
rivoluzione industriale ha una caratteristica: la
disintermediazione. La connettività consente alle aziende di
dialogare direttamente con i clienti finali e questo apre nuovi scenari nell’ambito dello sviluppo dei prodotti e consente la
creazione di nuovi modelli di business. Si concretizza la cosiddetta
digitalizzazione dei processi in Up stream, una dimensione del tutto nuova, che consente al cliente di auto-configurare ciò che intende acquistare.
Il
passaggio da con-sumer a pro-sumer si è ormai concretizzato mandando in soffitta la produzione in serie. Il passaggio merita una riflessione legata proprio all’obiettivo del
Piano Calenda, entrato da poco nella fase 2 e di cui parleremo ampiamente nello speciale di Novembre. La rivoluzione nella quale siamo immersi non riguarda, solo, la digitalizzazione del contesto
manifatturiero e sarebbe un errore gravissimo circoscrivere al solo ambito produttivo gli impatti della digitalizzazione.
Stiamo assistendo a un
cambio che non riguarda le tecnologie produttive, ma il nostro, e più ampio, ecosistema sociale.
Cambia il modo di produrre, e nella storia dell’uomo si assistono a cambiamenti radicali. Dalla società basata sulla caccia, all’avvento dell’agricoltura, all’industrializzazione fino alle nostre
città che stanno diventando ‘smart’, l’uomo si trova oggi a interagire con prodotti che da inanimati si sono trasformati in
oggetti connessi.
Ecco perché questa
rivoluzione non riguarda solo il modo di produrre, ma riguarda tutti noi che, tra poco, abiteremo città popolate da auto che si guidano da sole,
ci confronteremo con robot abilitati a svolgere operazioni di primo soccorso e
vedremo droni sempre più utilizzati per progetti di agricoltura di precisione.
Queste sono le ragioni per le quali i
l 4.0 già pare superato da un paradigma ‘X.O’ dove la connettività abbatte definitivamente i muri delle aziende e la
sfida sarà creare nuovi modelli di
business. E per farlo
servono competenze, motivo per cui il
nuovo Piano Impresa 4.0 ha incluso una misura di incentivo, nella forma di
credito di imposta, sulla spesa incrementale in formazione focalizzata su una tecnologia 4.0.
Saranno le
competenze, o meglio la loro assenza all’interno delle nostre fabbriche, il principale freno al nostro sviluppo futuro. Il
Paese ha bisogno di un re-skilling di competenze a partire dai nostri leader, che devono acquisire nuove competenze digitali ma, soprattutto,
imparare a coesistere all’interno di un contesto che non rispecchia più le gerarchie alle quali eravamo abituati.
Ora che
i perimetri delle fabbriche non hanno più ragione di esistere, è necessario imparare a muoversi all’interno di
ambienti collaborativi che si alimentano dallo scambio di informazioni, di conoscenze e competenze.
La vera sfida sarà
imparare a interagire all’interno di ecosistemi di conoscenza dove sarà necessario sapere
interpretare le informazioni per metterle a valore. Questo nuovo mondo richiede la capacità di ragionare con un’ottica sistemica.
Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 sceglie di diventare imprenditrice partecipando all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige Sistemi&Impresa e pubblica dal 2008 su Persone&Conoscenze la rubrica che ha ispirato il libro uscito nel 2009 Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie pubblicato nel 2012.Le riflessioni sul lavoro femminile hanno trovato uno spazio digitale sul blog www.dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager.