Le
competenze digitali sono in crescita anche negli ambiti delle
professioni tradizionali: le chiedono le aziende e milioni di lavoratori sono coinvolti. La vera sfida adesso è
crearle e consolidarle. Sono queste
le conclusioni della quarta edizione
dell’Osservatorio delle Competenze Digitali – condotto dalle principali associazioni ICT in Italia
AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia con il supporto di
CFMT, Confcommercio, Confindustria e in collaborazione con
MIUR e AGID – che ha esteso l’osservazione alle professioni non informatiche, quelle in cui si colloca il grosso degli occupati e dei candidati all’assunzione.
L’analisi si è avvalsa delle
elaborazioni di Big data contenute in
540mila ricerche di personale via Web,
per 239 figure professionali, avvenute nel 2017, e di ulteriori rilevazioni e focus group per i settori dell’industria, del Commercio e dei Servizi.
Gli
effetti della digitalizzazione vanno ben oltre la creazione di nuove professioni: il
peso delle competenze digitali cresce in tutte le aree aziendali di tutti i settori con un’incidenza media del 13,8% ma con punte che sfiorano il 63% per le competenze digitali specialistiche nelle aree
core di Industria e il 41% nei Servizi. La
vera sfida però risiede nel
soddifare la domanda che arriva dal mercato: sia rinnovando i percorsi scolastici ed universitari, sia riconvertendo le skill di chi già lavora a tutti i livelli.
Non basta più guardare al
gap di specialisti ICT, ora bisogna anche guardare alla capacità di rispondere alla
crescente domanda di abilità digitali
nelle professioni tradizionali. In tutti i settori e in tutte le funzioni aziendali, le
posizioni di maggior responsabilità richiedono competenze digitali, non per creare applicazioni o gestire sistemi, ma per servirsene con efficacia.
Comunicare, vendere, produrre, amministrare, gestire il personale…sono tutte funzioni in cui ormai sono richieste queste skill. Alla sfida di
investire in know how specialistici, si aggiunge così quella di
adeguare i percorsi formativi e
sostenere l’aggiornamento digitale di milioni di lavoratori attraverso la
formazione continua.
Abilità digitali: irrinunciabili in tutti i mestieri
Il
Digital Skill Rate (il peso delle skill digitali, abbreviato in DSR) nei più diversi mestieri
continua a crescere e si sta affermando come una
componente imprescindibile anche nelle
professioni non informatiche, sia per le attività caratteristiche dell’azienda (
core) che per quelle di supporto e management.
È
nell’industria che il fenomeno
è più evidente: il DSR va dal 20% medio per le professioni di supporto e management al 17% medio per le figure
core, con
punte più elevate nella produzione, progettazione, ricerca e sviluppo, nel marketing e nella gestione delle risorse umane.
Rispetto al 2014, nel 2017 si è riscontrato un
incremento del DSR del 4% per le professioni dell’area di
supporto e management e del
2% per quelle dell’area core. Un
andamento simile, seppure meno marcato, è nei settori dei
servizi e del commercio. Nei servizi, il DSR medio va dal 14% per le figure di supporto e management al 13% per le figure professionali
core, ove il
DSR è cresciuto del 3% dal 2014 al 2017. Nel commercio, l’indicatore presenta valori medi del 13% per le figure di supporto a management e del 12% per quelle
core.
Cresce la richiesta di competenze digitali più avanzate
L’osservazione si è estesa anche ai diversi tipi di
competenze digitali richieste:
applicate (capacità di usare strumenti e software nei processi operativi e decisionali),
tecniche ICT (vicine alle specialistiche, su soluzioni e piattaforme tecnologiche),
di base (per l’uso quotidiano di strumenti informatici)
e di brokeraggio informativo (utilizzo di strumenti informatici per lo scambio di informazioni e la comunicazione). Significative le differenze riscontrate nei diversi settori.
Le skill digitali di base pesano per il 41% nell’industria, il 49% nei servizi e il 54% nel commercio;
gli applicativi per il 40% , il 25% il 21%;
quelli di brokeraggio per il 12% , il 16% e il 20%;
quelli Tecnici ICT per il 7%, il 10% e il 4% rispettivamente.
Separando le skill di base dalle altre – definite skill avanzate – si nota come
la domanda di queste prevalga solo nel commercio, mentre nell’
industria e nei servizi prevalgano quelle avanzate, viste come fattori di una più evoluta professionalità. E questo si accentua per le attività più tipiche dell’azienda (
core) ove la rilevanza media delle skill avanzate sale al 63% nell’industria e al 41% nei servizi.
Maggior competizione per assicurarsi profili qualificati
Da un altro
studio di settore, effettuato da
McKinsey, che ha compreso più di 3mila imprenditori di sette Paesi, Italia compresa, sono emerse
due tendenze importanti. Da qui al 2030, si accentuerà la
battaglia tra le aziende per
reclutare i lavoratori più altamente qualificati e contemporaneamente
diminuiranno i posti di lavoro oggi retribuiti con salari intermedi, perché le competenze cognitive di base saranno meno richieste.
Uno dei risultati più significativi della ricerca è stata la proiezione
sulla domanda di competenze tecnologiche, sia quelle avanzate, come la programmazione, sia quelle digitali di base, che
aumenterà del 55% nei prossimi 12 anni.
Si è riscontrata una forte
correlazione tra skill digitali e soft skill, cioè quelle abilità trasversali un po’ a tutti mestieri che
connotano comunque una più evoluta professionalità: apertura al cambiamento, conoscenza dell’inglese, problem solving, team working, pensiero creativo, capacità di parlare in pubblico, di gestire il tempo e di comunicare con i clienti. La presenza delle soft skill è infatti uguale o maggiore rispetto alla media di settore nelle professioni con DSR più elevato, con rispettivamente 35% nel commercio, 36% nei servizi e 35% nell’industria.
Eleadership in crescita, ma non ancora pervasiva
Il
percorso verso una maggiore consapevolezza dell’impatto del digitale sul valore del business
non è ancora completato in diversi ambienti del management italiano, per motivi di ordine anagrafico, legislativo o semplicemente culturale. Nello studio effettuato da McKinsey quasi il 20% delle aziende interpellate è risultato essere preoccupato dal livello di conoscenze e competenze digitali del proprio team esecutivo, giudicate insufficienti per far fronte ai nuovi paradigmi 4.0.
Ne risulta che è ancora
troppo elevata la quota di aziende ed enti in cui
la transizione al digitale è ancora a un livello troppo basso nella scala delle priorità strategiche rispetto all’effettiva urgenza, malgrado la quota crescente di competenze digitali richieste nelle funzioni direttive e manageriali.
Ricerca, fidelizzazione dei talenti e riconversione al digitale
Un ulteriore zoom ha riguardato
cinque settori molto specifici: industria meccanica, industria della moda, dettaglio moda, hospitality (alberghi e ristorazione) e nel pubblico. Riguardo le necessità e le tendenze a reperire o formare competenze digitali sono state riscontrate molte differenze: nell’
industria meccanica, ove l’indice medio di pervasività del digitale
(DSR) nelle professioni è del 26%, cresce la necessità di competenze digitali nelle direzioni.
La funzione del personale, anche in ottica Industria 4.0, è sfidata a
sostenere la ricerca e la formazione di competenze in linea con l’innovazione digitale, a diffondere la cultura digitale in tutte le aree e modernizzare l’approccio alla ricerca e ritenzione dei talenti anche puntando sui canali Web e sull’immagine.
L’indice DSR risulta essere mediamente
più basso nel settore moda: si chiedono competenze digitali per le figure a più elevata professionalizzazione (nel 59% dei casi). Il reperimento, il mantenimento e la conversione al digitale avviene nei modi più svariati: dalla formazione strutturata al training on the job, ma
solo per un numero limitato di figure, poiché il problema del settore oggi è quello della forte carenza di figure base per le attività di fabbrica.
La ricerca di competenze digitali attraverso
contratti part time e consulenze esterne la fa da padrone nel
piccolo dettaglio moda (aziende con meno di 10 addetti).
Tuttavia,
nelle realtà più avanzate, che spesso fanno capo a manager giovani, l’
attitudine al digitale è una marcia in più per contribuire al successo dell’impresa, e si creano posizioni e percorsi per le risorse da avviare all’attività di gestione del sito web del negozio, dei social, della vendita on-line.
Il digitale è percepito come una
necessità irrinunciabile nell’hospitality, e soprattutto nel
settore alberghiero, discriminante fondamentale nella selezione naturale del settore, che opera sempre più su piattaforme on-line.
Anche in questo caso, le
competenze digitali evolute sono spesso incluse in
servizi esterni o
consulenze. Tuttavia, le competenze legate all’uso e alla comprensione delle potenzialità del digitale sono
richieste per più della metà delle figure manageriali, che sono anche quelle su cui si concentrano formazione e politiche di ritenzione.
Nel s
ettore pubblico si è guardato sia agli enti che alle società IT
in house (di regioni, province autonome ed enti locali). L’evoluzione digitale attuata sta
sollecitando sia gli enti che le società IT
in house ad adeguare le skill tecnologiche e manageriali già presenti e a curare i meccanismi di attrazione e ritenzione dei talenti.
La dirigenza è l’ambito professionale in cui è più richiesta la disponibilità di competenze digitali. Il reperimento di queste poggia principalmente sulla riconversione al digitale degli addetti già attivi nelle strutture.
La criticità maggiore è il
blocco del turnover all’interno del settore pubblico e l’impossibilità, stanti gli attuali vincoli normativi, ad offrire condizioni retributive ai giovani talenti che siano competitive con quelle di mercato.
Ambiti prioritari di intervento
Tutte le evidenze dello studio portano a vedere il
digitale come componente indispensabile e sempre più importante in tutti i mestieri, nuovi e di sempre. È dunque importante che tutti possano
adeguare e arricchire il portafoglio di conoscenze e competenze, così come anche è importante che le aziende possano reperire profili sempre più aggiornati in chiave digitale.
A questo riguardo, l’Osservatorio ha identificato almeno
quattro ambiti su cui impostare nuove iniziative e rafforzare quelle già esistenti. Il primo riguarda il
rinnovo dei percorsi di formazione in ottica digitale a tutti i livelli: dalla scuola secondaria all’università, dalla riconversione professionale alla formazione del management.
Viene consigliato inoltre di
ridurre l’eterogeneità nella domanda di competenze digitali nelle professioni, a livello settoriale, funzionale o territoriale.
E, in conclusione, di sostenere la
piena valorizzazione delle opportunità di lavoro legate a competenze digitali non specialistiche, anche nei settori non tecnologici e spingere le capacità di eleadership e Change management nei ruoli dirigenziali e in tutte le imprese, perché è il management che deve stimolare l’innovazione.