Carioca, rilanciare un marchio partendo dal Made in Italy
Fu il personaggio Disney José Carioca, un pappagallo brasiliano amico di Paperino, comparso per la prima volta nel 1942 nel lungometraggio Saludos amigos (e successivamente nel più celebre I tre caballeros), a ispirare il nome Carioca, divenuto l’iconico brand di pennarelli realizzati da Universal, azienda produttrice di articoli di cancelleria fondata da Alessandro Frola nel 1956 a Settimo Torinese (fino al 1964 il nome dell’impresa era “Continental”). Per un prodotto dedicato ai bambini, la scelta ricadde appunto su un cartone animato e fu creata ad hoc la scritta con lettere grosse e colorate.
Come lo stesso brand, anche la scritta è rimasta per lungo tempo impressa nella mente di grandi e piccini, tanto che quasi 60 anni dopo la sua nascita (1965), a seguito della prematura morte del fondatore e della liquidazione della società, Zico Holding della famiglia Toledo ha scelto di rilanciare Universal puntando sul brand Carioca, che dal 2016 dà anche il nome all’azienda. “Erano i pennarelli che usavo quando ero bambino; e un’intera generazione ha disegnato con Carioca. Voglio provare a rilanciarla”, aveva dichiarato a La Repubblica Enrico Toledo, Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda nei giorni successivi all’acquisizione del marchio. Una promessa poi mantenuta dalla famiglia Toledo, che ora guida la quinta azienda produttrice di pennarelli d’Europa.
Ogni giorno 1 milione di pennarelli
Rinata dalle proprie ceneri, Carioca ha mantenuto la sua sede alle porte di Torino, all’interno di quel distretto industriale impegnato nella produzione degli strumenti per la scrittura: proprio qui, infatti, intorno alla metà degli Anni 50, il chimico Luigi Barosso inventò la penna a feltro di lana, che sarebbe poi diventata il più ben noto pennarello. A essere precisi, però, la paternità del prodotto è degli Usa, che lo brevettarono nel 1910, ma soltanto nel 1953 è avvenuta l’esplosione sul mercato (anche grazie all’esperimento italiano), quasi contemporaneamente all’esperimento della Tokyo Stationery Company, che progettò una moderna fibra penna con punta. Erano oltre 200 le aziende attive nella produzione di articoli di scrittura e altra cancelleria attorno al capoluogo piemontese, e ora sono rimaste appena una decina. A incidere su questo ridimensionamento, l’affermarsi dei competitor del Far East (su tutte, India e Cina), ma fortunatamente il mercato del colore ha tenuto testa in Italia e oggi sono oltre 1 milione i pennarelli prodotti ogni giorno nello stabilimento di Settimo Torinese.
A un primo sguardo, il complesso industriale di Carioca si mimetizza tra gli altri, ma per chi percorre l’autostrada Milano-Torino non è difficile identificarlo: sulla facciata a vetri svettano le grandi lettere colorate con il nome dell’azienda, la cui mission non è cambiata nel tempo: sviluppare la creatività di bambini e ragazzi. Carioca accoglie clienti e visitatori in un salone grande e luminoso che assomiglia a un piccolo paradiso per le personalità più artistiche: sedie e tavolini con astucci pieni di articoli di cancelleria ai quali è possibile sedersi e disegnare, mentre lungo le pareti sono esposti, in bella vista, i pennarelli che hanno fatto la storia del brand, come gli iconici Jumbo (i ‘pennarelloni’ dalla grossa impugnatura). Anche gli uffici sono luminosi e colorati, e capita spesso di trovare le citazioni di personaggi famosi scritte sui muri. Accanto a una delle tante stanze per meeting e riunioni, per esempio, c’è la frase: “Todo lo que puedes imaginar es real” dell’artista Pablo Picasso (“Tutto ciò che puoi immaginare è reale”), lo stesso che affermava che “tutti i bambini nascono artisti”.
Un’anima fortemente commerciale
Da sempre i pennarelli Carioca hanno dato forma e colore alle fantasie dei più piccoli: la nuova proprietà, però, ha ridefinito di estendere l’offerta dei prodotti fino ai pre-adolescenti. Il motore del rilancio è stata l’area Marketing-commerciale: il nuovo Top management ha puntato proprio sulla solida reputazione del brand, diventata la pietra d’angolo su cui fondare e pianificare il nuovo corso imprenditoriale. D’altra parte, il fondatore aveva largamente investito sulla comunicazione per diffondere il marchio, alla costante ricerca di soluzioni d’impatto: negli Anni 70, per esempio, il brand Carioca era reclamizzato dal cowboy Carioca Jò, figura che compariva sulle confezioni del brand ed era divenuto protagonista della pubblicità di Argo Bruciatori durante il fortunato programma Rai Carosello. Ma l’innovazione di Frola stava anche nell’aver legato le campagne pubblicitarie all’attualità, così da entrare nella memoria collettiva: in questa direzione andava la scelta di associare la penna multicolore Carioca a un missile diretto sulla Luna, negli anni della conquista allo Spazio.
Oggi Carioca impiega circa 150 addetti tra Produzione e uffici e ha chiuso il 2022 con un fatturato di 37,6 milioni di euro (+12% rispetto al 2021). Il risultato è frutto delle scelte strategiche e manageriali della famiglia Toledo, che per risollevare l’azienda ha scelto di restare nel Torinese, ricentrando la produzione in Italia (dal 1963 Universal aveva un secondo stabilimento a Barcellona), puntando anche sull’espansione all’estero e sui nuovi canali di vendita, come l’ecommerce. Nel 2019, infatti, Carioca ha consolidato la propria presenza in Cina, accogliendo nuovi soci cinesi (che detengono il 15% delle azioni) e avviando la vendita sul territorio con player locali.
“Esportiamo per l’85%, su un mercato di 86 Paesi, in 16 dei quali siamo la marca di riferimento”, evidenzia Giorgio Bertolo, Direttore Generale di Carioca, che ci apre le porta dell’azienda. “In Italia e in Spagna (che, con la Grecia, rappresentano i tre principali mercati) la vendita è diretta, mentre gli altri Paesi sono presidiati attraverso l’intermediazione di altri distributori”. Carioca, inoltre, continua a produrre penne attraverso il marchio “Corvina”, che in Russia è talmente riconosciuto e affermato da essere utilizzato come sinonimo, appunto, di “penna”.
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Classe 1996, Martina Midolo scrive di cultura d’impresa e si occupa di social media. Per FabbricaFuturo conduce il podcast Storie dell’Italia che produce.
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