Breton, imparare a uscire dalla zona di comfort
Pioniere nello sviluppo di tecnologie e materiali avanzati (la fondazione risale al 1963), Breton è un gruppo internazionale, multi settoriale, specializzato nella progettazione e produzione di macchine e impianti industriali d’avanguardia per la lavorazione della pietra naturale e della ceramica, di pietra composita, di metalli, di fibra di carbonio, di materiali plastici, e di additive manufacturing di grandi dimensioni a base di polimeri termoindurenti.
Se tante altre aziende hanno atteso il Piano Industria 4.0 per l’evoluzione dell’impresa, in questo caso l’orientamento verso approcci data driven e successivamente l’uso e lo sviluppo di soluzioni AI era già iniziato tempo prima e oggi l’impresa si confronta con il 5.0: “La Smart factory del futuro vede nella tecnologia un fattore abilitante a favore per l’essere umano; ciò significa che sarà ‘umanocentrica’, le macchine serviranno ad agevolare il lavoro delle persone e non viceversa”, ragiona Federico Milan, Software Product Manager e Digital Innovation Manager di Breton.
È in questo nuovo contesto che si trova a operare la funzione IT: “Si tratta di un lavoro sempre in evoluzione perché richiede di adattarsi a cambiamenti che corrono a una rapidità senza precedenti. Basti pensare alla diffusione di ChatGpt: la crescita dell’AI è esponenziale, ma sono sicuro che il bilancio tra perdita di posti di lavoro a causa della tecnologia e la crescente richiesta di nuove professionalità sarà positivo”, prosegue il manager.
La centralità dell’essere umano
L’essere umano continuerà dunque a essere centrale nonostante la continua crescita di tecnologie e dell’AI perché – è il ragionamento di Milan – ripercorrendo la storia passata vediamo come il progresso tecnologico ha permesso, per esempio, di sostituire l’energia animale prima con il vapore e poi con l’elettricità, e ogni nuova rivoluzione ha creato innovativi spazi nella società. Oggi stiamo entrando con diritto nell’era del dato – è utile riprendere la citazione di Tim O’Reilly, fondatore di O’Reilly Media: “We’re entering a new world in which data may be more important than software” – in cui si enfatizza l’importanza del dato che, contestualizzato, diventa informazione e questa permette di acquisire nuova conoscenza nel contesto di interesse: “Dobbiamo renderci conto che i dati non interessano alle macchine, ma alle persone. Le nuove informazioni derivanti dalle macchine abilitano a migliorare il lavoro e questo avviene grazie a decisioni supportate dalla nuova conoscenza acquisita. È un circolo virtuoso, dove l’essere umano, attore centrale del processo, trarrà beneficio dalla continua generazione di dati che diventano nuove informazioni. L’AI è uno strumento: come una lente di ingrandimento permette di vedere dettagli altrimenti non osservabili a occhio nudo, quindi abilita nuove informazioni. L’AI in questo contesto smette di far paura, diventa uno strumento evoluto a supporto delle decisioni”.
Secondo Milan, quindi, il lavoro dell’IT è andare alla fonte del dato, capirne lo scopo finale ed epurarlo da tutto ciò che non serve. Ma è anche fondamentale che in questa nuova era di collaborazione tra macchine e persone si metta mano a una opportuna regolamentazione: “Questa è la ragione per la quale la strada per digitalizzare le nostre aziende è all’inizio; ci saranno ostacoli, ma anche soddisfazioni”, dice il manager.
Per affrontare il cambiamento, serve concentrarsi sui percorsi scolastici e formativi dedicati ai giovani: “In azienda abbiamo bisogno di ragazzi che abbiano una solida istruzione, così da porter fornire la necessaria formazione; si tratta di due facce della stessa medaglia, complementari tra loro, perché se l’istruzione serve a creare consapevolezza e identità, a comprendere gli eventi, e l’ambiente che ci circonda e a essere trasversali; la formazione permette, invece, di diventare verticali e di entrare nell’operatività”. Dunque, gli IT di domani (ma pure di oggi) devono aver chiaro che il fine non è la tecnologia, ma la trasformazione dei processi mantenendo centrale l’identità dell’essere umano: “Le persone avranno bisogno di passione e curiosità, essere sempre pronte a confrontarsi con gli altri, imparare a uscire dalla propria comfort zone per allargare i ragionamenti, adottare un pensiero inclusivo e disruptive”.
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Dario Colombo, laureato in Scienze della Comunicazione e Sociologia presso l’Università degli Studi di Milano, è caporedattore della casa editrice Este. Giornalista professionista, ha maturato esperienze lavorative all’ufficio centrale del quotidiano online Lettera43.it dove si è occupato di Economia e Politica, e nell’ufficio stampa del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.