All’estero con le expertise italiane. La strategia win-win di Sinfo One
Anche nel 2016 la software house che offre servizi di system integration prosegue l’espansione fuori dall’Italia. Puntando su ERP, PLM e EPM.
La sfida? Affrontare la complessità organizzativa delle aziende straniere.
di Dario Colombo
Uno sguardo oltre confine per ampliare il business, ma soprattutto per cercare (e vincere) nuove sfide. È destinato a essere un anno decisivo il 2016 per Sinfo One, la software house di Parma che fornisce servizi di system integration, dopo gli ottimi risultati del 2015 (10 nuovi clienti, 13 milioni di fatturato, di cui 2 all’estero, e crescita del 28% rispetto al 2014). Oggi, come sei mesi fa, il tema resta l’internazionalizzazione (l’estero rappresenta per l’azienda oltre il 15% e nel 2016 la previsione è il 20%): imperativo dell’anno appena trascorso e pure di quello che si è appena aperto. D’altra parte, il motto è lo stesso da sempre. “Non si molla mai”, amano ripetere in azienda, come puntualizza il Direttore Generale Paola Pomi che non si stanca dievidenziare come sul lavoro (e non solo) servano “perseveranza e passione”. E la vocazione a non accontentarsi mai di Sinfo One si riflette anche sulla squadra di volley della VBC Casalmaggiore Pomì, sponsorizzata per il quarto anno consecutivo dall’impresa parmense. Come l’azienda della famiglia Pomi, anche la Pallavolo Rosa non ha intenzione di fermarsi alle vittorie in patria. Dopo la cavalcata dalla A2 fino allo storico scudetto della stagione 2014-15, infatti, le ragazze del volley oggi si confrontano con i top team europei nella Champions League (al momento in cui scriviamo, la VBC Casalmaggiore Pomì è in testa al campionato italiano e si gioca la qualificazione della più prestigiosa competizione continentale).
Nel 2015 ci siamo lasciati parlando di internazionalizzazione, un tema che resta attuale nella vostra strategia anche nel 2016?
Per quest’anno la nostra strategia resta quella di puntare per i progetti internazionali sulla nostra competenza verticale legata al settore Food&Beverage (F&B) all’interno del quale possiamo offrire ai clienti un servizio di consulenza non solo tecnica e tecnologica, ma soprattutto di processo e di organizzazione. Considerato quindi come punto fermo il tema delle competenze, l’obiettivo è di andare a proporci sul mercato con campagne ed eventi mirati avendo come testimonial i nostri clienti.
Quali sono le nuove sfide da affrontare?
Come detto il nostro obiettivo è quello di affacciarci sul mercato internazionale viste le ristrettezze di quello nazionale: è una scelta che di certo ci ha aperto importanti orizzonti. A giugno 2015 abbiamo iniziato ad affrontare una sfida molto affascinante: esportare le nostre soluzioni oltre confine confrontandoci con organizzazioni e culture diverse dalla nostra. Il mercato internazionale può dare visibilità, eco e una marginalità che l’Italia non riusciva a darci. In Germania abbiamo un cliente del F&B che vale 12 bilioni di euro: abbiamo affrontato una sfida molto complessa a livello organizzativo.
Come è stato possibile rivolgersi all’estero ottenendo subito successi?
La nostra strategia è basata sul lancio di prodotti già testati in Italia: il mercato nazionale è molto complesso, dal punto di vista del marketing e quindi delle promozioni, ma pure da quello delle regole di mercato (in particolare GD/DO, Normal Trade e Horeca). Si tratta di un grado di complessità che all’estero non è così spinto. Quindi abbiamo scelto di creare expertise nel nostro Paese per poi esportarle. All’estero, di contro, ci sono problemi organizzativi all’interno della aziende che per le nostre realtà sono sconosciute, perché si tratta di imprese ben più grandi delle nostre. Insomma, è una strategia di vittorie che si influenzano l’una con l’altra: un marketing Italia contro estero winwin che cavalchiamo con successo.
Quali sono le soluzioni che volete proporre?
Si tratta di soluzioni che abbiamo notatoavere maggior interesse rispetto al momento storico attuale. Quelle che portiamo all’interno delle aziende F&B sono essenzialmente l’Enterprise resource planning (Erp), il Product Lifecycle Management (PLM) e l’Enterprise Performance Management (EPM). Specie all’estero, sulle grandi realtà multinazionali, l’ERP è diventato una commodity, ma è comunque richiesta ampia copertura, flessibilità, apertura della piattaforma tecnologica. Quindi per noi la soluzione è basata su Oracle JD Edwards EnterpriseOne.
Sul tema PLM quali sono le novità proposte?
Per il PLM la soluzione deve permettere di governare un processo di continuo cambiamento. Si dice: “Il futuro non è più quello di una volta”. E questa affermazione vale anche per le aziende; in particolare la velocità richiesta dal mercato e la necessità di efficienza ed efficacia sempre maggiori sono le sfide dei nostri clienti. In particolare se prima ci si focalizzava sulla sempre più puntuale esecuzione delle attività di gestione dell’ordinario, ora ci si deve concentrare anche sul corretto e innovativo portafoglio prodotti: questo vale in tutti i mercati e in particolare in quello alimentare, dove i consumatori diventano ogni giorno più esigenti e più informati. Gestire quindi tutta la vita dei prodotti – dal concept, allo scaffale, al ritiro dal mercato – con una vita media dei prodotti in continua diminuzione è l’indispensabile prerogativa di un’impresa vincente.
A fronte di un mercato in cui il consumatore evolve in modo sempre più repentino e delle normative sempre più stringenti, come si può rendere il processo di PLM decisivo?
Essere ricettivi e pro-attivi agli stimoli circostanti permette ai nostri clienti di ottenere un vantaggio competitivo sui propri competitor. Gestire centralmente tutte le specifiche di prodotto creando un’unica versione della verità, cooperare sui progetti di innovazione con una piattaforma collaborativa, aprire ai fornitori strategici la possibilità di inserire e aggiornare le specifiche tecniche degli ingredienti è la chiave per rendere il processo di PLM veloce e sicuro. La nostra soluzione, basata sulla piattaforma Oracle Agile, consente di gestire a 360 gradi il ciclo di vita del prodotto (dall’ideazione fino al lancio e al ritiro dal mercato), con la possibilità di raccogliere le specifiche dei clienti (nel caso di prodotti Prival Label) e collaborare con fornitori.
Poi c’è l’EPM con soluzioni che sono destinate a portare una decisiva rivoluzione…
Lato EPM abbiamo messo in atto una piattaforma innovativa sviluppata sulla base delle richieste dei clienti del mercato italiano, ma che allo stesso tempo può essere posizionata all’estero, come già sperimentato in chiave PLM. La soluzione è nata dalle esigenze di due grandi clienti del nostro Paese del settore F&B, tuttavia non si tratta di una proposta ad hoc per una singola realtà: può servire a tutti i player del settore CPG. La piattaforma è in grado di integrare i dati di sell-in con quelli di sell-out: una scelta che permette di raccogliere le informazioni sui prodotti e riconoscere l’efficacia delle attività promozionali. È fondamentale per sapere dove sono stati fatti i maggiori investimenti e capire quali azioni serve compiere per ottimizzare gli sforzi di marketing.
Si diceva che nel 2015 la scelta di internazionalizzazione è stata dettata (anche) dal mercato italiano in sofferenza: il 2016, però, sembra meno cupo. È quindi lecito attendersi un cambio di strategia?
Dalle Piccole e Medie Imprese (PMI) italiane ci sono buoni segnali di ripresa: mi riferisco non solo al settore F&B, che grazie agli ottimi servizi offerti ai clienti ha comunque tenuto mercato, ma anche al manifatturiero. Oggi la sfida si è spostata sul post vendita: costruire correttamente gli impianti e proporre un buon prodotto non basta più per restare sulla cresta dell’onda. La sfida è la gestione delle commesse in modo oculato, perché si rispettino tempi e costi preventivati, e al di là della consegna della commessa riuscire a garantire un servizio al cliente di ottimo livello. Le aziende Italiane hanno imparato a fare di questo servizio un punto distintivo (ma anche la fonte di marginalità) della propria offerta, diversificandosi così dalla competition che magari riesce ad avere costi leggermente minori, ma che poi non garantisce il corretto funzionamento e utilizzo del prodotto finale.
Il vostro motto è che lo “sforzo deve essere indirizzato a perseverare fino a quando non si è trovata la soluzione migliore per il nostro cliente”. Proviamo ad aggiornarlo rispetto alle nuove sfide?
Potremmo attualizzarlo dicendo che “noi non si molla mai”, perché dobbiamo avere orecchie e cervello sempre accesi per trovare la soluzione ottimale destinata al cliente basandoci anche sul budget e sul tempo a disposizione. Insomma, ci vuole perseveranza e passione.
Nel 2015 avete inserito 21 nuove figure, avete intenzione di proseguire con le novità?
Anche nel 2016 abbiamo in programmadi inserire 10-15 nuove risorse. Purtroppo, però, il progetto di inserimento è molto difficile. Avere talento non basta, perché la vita del consulente è una sfida continua che si rinnova a ogni progetto: offriamo percorsi di crescita, ma serve chi vuole impegnarsi a raggiungere l’obiettivo di certo sfidante. Lato ERP cerchiamo figure sia neo laureati che persone già in possesso di skill adeguati con circa 8-10 anni di esperienza. La stessa cosa non è possibile farla per il PLM in ambito alimentare (sul quale non abbiamo la possibilità di attingere a figure già skillate sul mercato nazionale). Per quanto riguarda i neolaureati ci rivolgiamo ai giovani ingegneri informatici, elettronici o gestionali, oppure a laureati in economia. Ovviamente, conditio sine qua non, è parlare un inglese fluente.
In estate si augurava che il Governo mantenesse l’impegno “ambizioso” di raggiungere i 50 miliardi di euro di export del food entro il 2020. A che punto siamo con quella promessa?
La locomotiva è partita, ma il mercato ha bisogno di imprese che facciano network. Purtroppo le associazioni di categoria del food sono ancora arroccate e questo atteggiamento crea una pericolosa diffidenza. Credo serva una proposta dell’intero food Italia per posizionarsi e presentarsi all’estero, altrimenti è difficile raggiungere l’obiettivo dei 50 miliardi entro quattro anni.
Nel vostro ‘piccolo’ voi state però provando a fare rete.
Noi elaboriamo già soluzioni con un network di clienti per avere una visione più chiara e nitida della situazione del mercato: abbiamo quindi una visione interna e una esterna. Certo, non è stato facile mettere a rete i diversi clienti, perché all’inizio c’era chi aveva remore ad aderire, ma quando i clienti hanno visto il valore aggiunto ottenibile si sono ricreduti: solo con il confronto con aziende dello stesso settore si può crescere. E mettere a fattor comune un numero di clienti di uno stesso settore consente di portare valore a tutti.
Successi in ambito lavorativo, ma pure sportivo. E la VBC Casalmaggiore Pomì sembra andare nella stessa direzione di Sinfo One: dopo la vittoria dello scudetto in Italia, ora tenta la scalata all’Europa.
In realtà è il business che cerca di prendere spunto dallo sport. Nel volley sponsorizziamo una squadra di giovani talenti che hanno fatto della coesione in campo l’arma per vincere un campionato di grandi squadre contro ogni pronostico. Anche noi cerchiamo di dare il massimo quando serve. E ogni giorno è necessario dare il massimo. In campo c’è bisogno di umiltà, coraggio, ma pure competenze. Le stesse caratteristiche sono fondamentali sul mercato, a patto di ricordarsi di capitalizzare gli errori affinché il gioco della partita successiva sia migliore rispetto a quella precedente.
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