Alimentare e macchinari per imballaggio si salvano, manifatturiero è K.O
“La Fabbrica intelligente è una macchina che sfrutta tutte le tecnologie più avanzate di comunicazione e raccolta dati per il controllo dei processi, sia materiali sia organizzativi, per essere il più sostenibile possibile, riducendo gli scarti e le emissioni e aumentando allo stesso tempo la competitività. La fabbrica del futuro sarà in grado di analizzare in modo continuativo le performance per progettare nuovi processi di miglioramento e adotterà modalità più intelligenti nella relazione, non solo con gli stakeholder tradizionali, ma anche con il territorio” osserva Roberto Massini, Ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari Università degli Studi di Parma.
Ma quanto ancora siamo lontani dalla Fabbrica del Futuro?
Il settore alimentare ha tenuto molto più di altri sotto la mannaia di questa crisi. Di certo non ha registrato una forte flessione come quella di altri mercati, che hanno perso anche il 30% nel 2012, ma non sta crescendo. In Italia il consumo di prodotti alimentari è in recessione. Nel 2012 il tasso di produttività è calato dell’1%.
Il calo della produzione è solo uno dei problemi all’interno di uno scenario complesso. L’industria alimentare soffre oggi di una perdita di valore aggiunto sui prodotti e quindi di un calo della redditività. La vendita di prodotti più poveri e la maggiore pressione da parte della grande distribuzione trasforma il mercato inaridendolo in quantità e qualità. Il margine unitario di prodotti a basso valore aggiunto ha fatto in modo che la dinamica della redditività abbia subìto un brusco calo. I prodotti innovati nel comparto food – come quelli salutistici o quelli che richiedono packaging particolari – continuano a crescere del 3-4%. Questa iniezione di fiducia ha dato una boccata d’ossigeno all’intero comparto, consentendo all’agroalimentare di soffrire meno del mondo manifatturiero nel suo complesso.
GDO, promozioni inutili per la ripresa degli acquisti
“Il settore del food è ‘orbo in terra di ciechi’ – commenta su Fabbrica Futuro Luigi Pelliccia, Capo Ufficio Studi e Ricerche Socio-Economiche Federalimentare –. Ha perso quasi 3 punti percentuali dal picco pre-crisi del 2007, rispetto al -22% di perdita che sta registrando oggi il manifatturiero”.
Le promozioni della grande distribuzione non riescono più a incrementare le vendite: il consumatore ormai si è abituato a questa larga fascia di incentivi e comprime soprattutto alimentari e trasporti, usa meno l’automobile e risparmia sulla spesa al supermercato. “Sono le ‘zone quotidiane’ a poter essere maneggiate sotto lo tsunami delle bollette e delle tasse, e magari della cassa integrazione – spiega Pelliccia –. Le minori entrate e la maggiori uscite sono le leve essenziali di questa trasformazione. Ricadute fortissime anche su altri generi. Ma perdere anche solo un punto nel settore alimentare vale molto più che la perdita di svariati punti nell’automotive, perché l’auto può essere acquistata un anno dopo, un bel vestito anche, ma il cibo è un prodotto che consumiamo tutti i giorni. Risparmiare su quello denota ormai che si è inciso sulla carne viva del consumatore”.
Ucima, crescono i mercati asiatici
Uno degli anelli della filiera alimentare che da anni registra una costante crescita è quello delle macchine da imballaggio. L’Italia mantiene la sua leadership in questo settore posizionandosi al secondo posto dopo la Germania, con il 24,9% di market share globale di produzione. (Fonte: UCIMA)
È l’Europa che compra meno macchinari per l’imballaggio dei prodotti alimentari. Se nel 2001 rappresentava il mercato di riferimento per i costruttori, nel 2012 ha visto una flessione di quasi 10 punti sotto il peso delle ‘tigri asiatiche’, domani al centro nel business dell’imballaggio.
I mercati che per l’Italia rappresentano un potenziale di sviluppo nel commercio di macchinari sono oggi India, Nigeria, Vietnam, Turchia e Cina.
Se è vero che il settore cresce nei Paesi in via di sviluppo molto più che in Europa, grande importanza acquisisce il tema della ‘rete’. “È opportuno mettere insieme le forze in una sorta di federazione che riunisce i costruttori di macchinari per il food, proprio come fanno i tedeschi” commenta con noi Luciano Sottile Vice presidente coordinatore del Centro Studi UCIMA – Unione Costrutturi Italiani Macchine per il Confezionamento e l’Imballaggio. “In questo modo si riuscirebbe a confrontarsi con politici e istituzioni rappresentando un fatturato di decine di miliardi di euro. Noi siamo un piccolo esempio di cosa si possa fare in questa direzione. Siamo nati dall’unione di Acimac e Ucima, due associazioni che si sono integrate in sola struttura. Quello che ci auguriamo è arrivare in breve a dare vita a una ‘Federmacchine’ operativa che si muova facendo sentire le esigenze del sistema alimentare”.
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