Supply chain manager, la formazione non è un gioco. O forse si?
Roberto Pinto – Università degli Studi di Bergamo
Tobias Mettler – Università di St. Gallen
Il tema della formazione continua, volta a migliorare il livello di qualificazione e di sviluppo professionale delle persone, assicurando al contempo alle imprese maggior capacità competitiva e di adattabilità ai continui cambiamenti tecnologici e organizzativi che caratterizzano il nostro tempo, è senza dubbio attuale e di grande interesse. Non solo per chi già lavora e necessita di tenersi aggiornato, ma anche per coloro che si affacciano per la prima volta sul mondo del lavoro uscendo da percorsi universitari che, in diversa misura, possono offrire opportunità di confrontarsi con il mondo esterno, con il mondo “reale”. In particolare questi ultimi, infatti, possono non avere quell’esperienza di lavoro necessaria ad affrontare un ambiente economico e di business globalizzato, esperienza che non può nascere spontaneamente dalla teoria, ma che necessita di un campo di prova, di una situazione che richieda – e permetta – di mettere in gioco abilità che vanno oltre il solo aspetto nozionistico. Sono necessarie delle competenze che difficilmente si possono formare “sulla carta” o attraverso il tradizionale metodo improntato allo studio e alla memorizzazione.
Allo stesso tempo, a causa della maggiore incertezza e volatilità, queste competenze, come la capacità di governare una supply chain ad esempio, sono diventate sempre più skill interessanti da inserire nel proprio curriculum, da presentare in occasione di colloqui di lavoro, dal momento che le aziende richiedono sempre più persone in grado di affrontare un ambiente mutevole e incerto. La teoria può insegnare come analizzare i rischi aziendali potenzialmente in grado di interrompere i flussi nella supply chain, come impostare un processo decisionale, come valutare e selezionare il giusto fornitore, come definire il giusto livello di flessibilità per realizzare una supply chain resiliente. Ma “conoscere” non vuol necessariamente dire “saper applicare”.
Allo stesso tempo, dobbiamo considerare come lo stile di apprendimento delle nuove generazioni sia molto diverso da quello delle precedenti generazioni. Già le attuali generazioni di studenti universitari, persone che saranno sul mercato del lavoro nel giro di pochi anni, non hanno probabilmente mai conosciuto un mondo senza personal computer e senza Internet. Al giorno d’oggi, gli studenti considerano come un dato di fatto l’avere a disposizione una varietà di strumenti di facile accesso che supportano una serie di compiti anche piuttosto complessi, dalla scrittura di un saggio al calcolo numerico complesso, e Internet, dove è possibile trovare fonti di informazione senza limiti, anche se non sempre verificate e genuine. Internet permette inoltre l’accesso a grandi insiemi di competenze “verticali” costituiti da comunità e forum specialistici online dove si possono ottenere le risposte che si stanno cercando. Ma anche in questo caso, avere l’informazione non implica la capacità decisionale e organizzativa per poterla utilizzare al meglio.
Da queste due osservazioni piuttosto generali – la necessità di formare persone con competenze specifiche nell’ambito del SCM dando loro la possibilità di sperimentare l’utilizzo del proprio bagaglio di conoscenze, e lo stile di apprendimento mutato, sempre più basato sull’interazione con un computer – la domanda su come impostare la formazione delle nuove leve emerge in modo ormai ineluttabile.
Lo scopo di questo articolo è quello di introdurre un possibile strumento metodologico a supporto di quanto sopra esposto. Negli ultimi anni, infatti, c’è stato un crescente interesse per i serious game, giochi il cui scopo esclusivo o principale non è l’intrattenimento, ma il trasferimento di una competenza o l’applicazione di un processo decisionale o operativo con uno scopo educativo e di formazione. Questo interesse verso i serious game può essere giustificato, almeno parzialmente, in vari modi. In particolare, limitandoci al campo del supply chain management e della formazione manageriale, l’interesse per i game è da ricondursi alla constatazione che aspetti interessanti e stimolanti sono spesso difficili da trasmettere in modo efficace in un ambiente puramente teorico, poiché gli studenti hanno bisogno di un modo per sperimentare direttamente le problematiche e le soluzioni coinvolte nella gestione di un sistema di produzione e distribuzione. Questo può essere particolarmente importante qualora i serious game vengano utilizzati nell’ambito delle prime “esposizioni” di uno studente alla pratica della gestione delle operations e della supply chain; cionondimeno, anche persone con esperienza possono ritrovare elementi positivi e di supporto alla propria formazione.
In questa sede non vogliamo fornire proporre risposte preconfezionate o ricette pronte per l’uso, né tantomeno fornire una panoramica esaustiva sull’utilizzo dei serious game. Vogliamo però offrire una sintesi di alcuni aspetti secondo noi molto importanti da considerare, a supporto dell’utilizzo dei serious game in un contesto di formazione professionale di base e avanzata.
Serious game: le motivazioni
Giocare è un’attività connaturata ai processi di crescita e di sviluppo umano. È la prima forma di apprendimento che di solito sperimentiamo nella nostra infanzia, essendo dalla nascita dotati di un’attitudine innata alla sperimentazione di azioni e alla valutazione delle loro conseguenze. Poiché la natura e la tipologia di giochi che giochiamo cambiano nel tempo, nel tempo si è consolidato un consenso diffuso sul fatto che possiamo imparare concetti, competenze, conoscenze durante tutta la nostra vita attraverso il gioco.
Un gioco (o game) nell’accezione del termine che ci interessa è inteso come un “ambiente” artificiale – fisico o virtuale – appositamente progettato affinché i giocatori possano “vivere” in esso temporaneamente, definire e applicare strategie, prendere decisioni, con l’obiettivo di raggiungere gli obiettivi del gioco stesso, traendone soddisfazione sotto varie forme (dal semplice divertimento alla vittoria finale), acquisendo nel contempo esperienze (in generale, ma non esclusivamente, in termini di vittoria o sconfitta come esito delle proprie decisioni in rapporto alle decisioni degli altri) in modo interattivo, spesso attraverso il confronto con gli altri giocatori. Queste esperienze possono entrare a far parte della conoscenza del giocatore, il quale potrà in futuro attingere a questo bagaglio per prendere decisioni diverse o per intraprendere percorsi decisionali differenti.
I serious games sono giochi appositamente progettati con uno scopo educativo, uno scopo di formazione, o un incentivo al cambiamento di un comportamento, dove il lato edonistico (il piacere di giocare) viene utilizzato più come strumento per motivare al gioco che come fine del gioco stesso. In altre parole, la componente “seria” di un serious game è correlata alla finalità del gioco, cioè il motivo e l’obiettivo per i quali il game è stato concepito e sviluppato, mentre la componente di “gioco” è relativa al metodo utilizzato per realizzare lo scopo: un serious game è un gioco con uno scopo primario diverso da quello del puro divertimento. Esso è destinato a trasmettere messaggi ai fini di formazione, o per sviluppare determinate abilità e comportamenti trasferibili al mondo reale. Tutti questi scopi possono essere perseguiti utilizzando conflitti generati artificialmente, affinché i giocatori possano mettere alla prova le proprie abilità e le proprie competenze e conoscenze.
Esistono forme molto diverse di serious game, sia in termini di contenuti che in termini di modalità di erogazione: è possibile spaziare da giochi basati su semplici regole e sull’utilizzo di “carta e penna” ai giochi in stile board game (giochi da tavolo), fino a quelli più avanzati basati su simulazioni complesse al computer e capacità grafiche avanzate.
Una delle caratteristiche principali che rendono un serious game adatto ad un contesto di formazione è la capacità di generare emozioni (in genere divertimento, empatia, ma in alcuni casi anche frustrazione) che sembrano aprire canali diretti verso la nostra mente, permettendo una comprensione più rapida e più profonda delle nuove conoscenze, concetti e competenze, e una conservazione più a lungo nella nostra memoria. Usando i game invece di (o, a volte, più appropriatamente, in collaborazione con) metodi tradizionali si è dimostrato essere più efficace quando il risultato da raggiungere non è solamente di tipo nozionistico. Inoltre, al fine di avere successo o proseguire nel gioco, i giocatori di solito hanno bisogno di sviluppare una varietà di strategie e competenze applicando le nuove conoscenze acquisite nelle fasi di gioco precedenti. Pertanto, i giochi sono didatticamente validi in quanto richiedono al giocatore di imparare e ricordare le regole, meccaniche di gioco, e i processi decisionali, nonché di agire in ottica di problem-solving.
I serious game forniscono una piattaforma per l’apprendimento attivo: in questo senso, i giocatori imparano facendo, piuttosto che esclusivamente attraverso l’ascolto o la lettura, beneficiando di una partecipazione attiva e dello sviluppo di nuovi tipi di comprensione basati su altri canali rispetto a quello esclusivamente visivo e auditivo. I serious game consentono il passaggio da un concetto di apprendimento basato sulla lettura e memorizzazione ad un concetto di apprendimento basato sulla capacità di trovare e utilizzare le informazioni. Inoltre, come detto i giocatori di solito provano piacere e divertimento nel gioco, e queste esperienze emotive possono intensificare l’esperienza di apprendimento.
Un vantaggio ulteriore insito nell’utilizzo dei serious game consiste nel permettere ai giocatori di sperimentare situazioni che sarebbero altrimenti impossibili nel mondo reale per motivi di sicurezza, costi, tempi, e simili. Si pensi ai simulatori di volo, o ai simulatori per le pratiche mediche e operatorie.
In sintesi, è possibile sintetizzare tre motivazioni principali alla base del crescente uso di serious game nella formazione professionale: (1) utilizzano azioni piuttosto che spiegazioni per trasmettere i concetti, creando maggior motivazione personale e soddisfazione per il raggiungimento degli obiettivi del game, (2) possono adattarsi a diverse situazioni, eventualmente anche accomodando diversi e molteplici stili di apprendimento e abilità, e (3) favoriscono i processi decisionali di problem-solving in un ambiente protetto e sicuro.
Sviluppo di un serious game
I requisiti fondamentali per un serious game efficace sono la definizione di compiti relativamente ardui (ma non impossibili), la definizione di obiettivi specifici di miglioramento, il feedback continuo e l’opportunità di ripetere l’esperienza di gioco più volte, magari in contesti differenti. Cionondimeno, per quanto l’utilizzo di un serious game possa apparire molto appetibile in un contesto di formazione, non possiamo non menzionare, almeno superficialmente, le difficoltà e gli ostacoli a tale pratica.
Uno dei principali problemi che può essere necessario affrontare nel corso dello sviluppo di un serious game, al di là della definizione dei contenuti del gioco, è rappresentato dalla decisione circa il livello di dettaglio al quale il gioco dovrebbe essere realizzato. Nella nostra esperienza, il gioco dovrebbe essere il più semplice possibile, in modo da permettere ai giocatori di comprenderne facilmente le regole e le dinamiche, nonché per favorirne lo sviluppo e la realizzazione pratica. Allo stesso tempo, però, il gioco non deve essere banale o non rappresentativo affatto della realtà, per evitare di indurre i giocatori a pensare di non poter ottenere alcun beneficio dal giocare una situazione completamente fittizia.
A tale proposito, la progettazione di una simulazione software molto dettagliata consentirebbe un ottimo ambiente per lo sviluppo di un game, ma presumibilmente i costi sarebbero molto alti in termini di tempo e di risorse necessarie. D’altra parte, una rappresentazione sintetica ed essenziale del sistema, quasi metaforica, guadagnerebbe in semplicità e immediatezza, aiuterebbe a contenere i costi e i tempi di sviluppo, ma incorrerebbe nel rischio di essere incoerente o troppo superficiale rispetto alla realtà. Per questo motivo, la scelta del livello di dettaglio deve essere definita in coerenza con gli obiettivi del game, con l’ambiente e il contesto cui è destinato e, non ultimo, con le risorse a disposizione. Questo è probabilmente uno dei trade-off più ostici da superare.
Un altro aspetto da considerare durante la realizzazione di un serious game è la necessità di frequenti ricicli durante il processo di concezione e sviluppo, volti a testare le diverse versioni del gioco per identificarne le carenze e le debolezze. Quindi, oltre al livello di dettaglio citato in precedenza, anche questo aspetto può contribuire a rendere il processo di sviluppo lungo e costoso. Per tale motivo è necessario valutare il rapporto costi / benefici. In particolare, possiamo affermare che un elemento che gioca un ruolo molto importante nella valutazione di questo rapporto è rappresentato dalla longevità del gioco stesso, ossia dalla possibilità di replicare il gioco in più occasioni con gruppi diversi, oppure la possibilità di replicare il game con gli stessi partecipanti ma avendo la possibilità di modificarne gli obiettivi e la dinamica, per raggiungere di volta di volta scopi diversi.
Una grande sfida consiste nel dimostrare la reale efficacia ed efficienza dei serious game come strumenti educativi. La questione dell’efficacia si riferisce al modo in cui possiamo isolare e misurare il reale effetto di apprendimento attraversi il game. Si tratta di una questione molto importante, in quanto rilevante ai fini della valutazione del suddetto rapporto tra costi e benefici. Non possiamo entrare qui nel merito della questione, che attiene più ad ambiti pedagogici. Ciononostante, è importante tenere presente questo aspetto.
Il ruolo della tecnologia nello sviluppo dei serious game non può passare inosservato. Come già in parte accennato, alcune tipologie di gioco dipendono dalle tecnologie ICT disponibili, in larga misura, e l’evoluzione di tali tecnologie ha radicalmente cambiato il modo di giocare oggi. Pertanto, lo stesso concetto di gioco può essere realizzato in diversi modi in tempi diversi (o con interessamento di risorse diverse), aprendo le possibilità di giochi multipli che affrontano la stessa situazione. La tecnologia può anche contribuire ad accomodare diversi stili di apprendimento, attraverso la fornitura di supporti adeguati alle diverse esigenze.
Un altro ostacolo è rappresentato dalla difficoltà nel convergere verso un processo standard e unificato per la concezione e sviluppo di un serious game: sebbene esistano alcune proposte in termini di framework di riferimento, nella maggior parte dei casi lo sviluppo del game è fortemente situazionale, dipendente dallo specifico contesto e obiettivo che si vuole raggiungere.
Nonostante tutte queste difficoltà, via via superabili anche in funzione dell’abbattimento delle barriere tecnologiche e la possibilità di accedere a risorse a costo sempre più contenuto, a nostro avviso rimane valida la posizione dei serious games come alternativa, o meglio, come complemento, ai tradizionali metodi di formazione.
Alcuni esempi di serious game
Le origini di ciò che abbiamo definito come serious game sono databili agli inizi della storia: gli uomini hanno sempre usato giochi per dimostrare il loro valore e, indirettamente, per trasmettere conoscenze e competenze. Anche gli scacchi possono essere considerati un antenato dei moderni serious game in una certa misura, poiché permettono lo sviluppo di competenze strategiche che avrebbero potuto essere utili per condurre battaglie sul campo reale.
Il “fenomeno” dei serious game non è recente. La disamina dei serious game disponibili in ambito manageriale porterebbe via molto tempo; solo per citare un esempio, un articolo scientifico del 2007 menzionava l’esistenza di oltre 200 game nel solo ambito operations management. Possiamo quindi solo limitarci ad alcuni esempi tra quelli più noti o più significativi.
Tra gli esempi probabilmente più conosciuti in ambito manageriale possiamo menzionare il beer game, game di simulazione sviluppato negli anni ‘60 da Jay Forrester per replicare e analizzare alcuni principi di base della gestione della supply chain. Nel gioco, che può essere realizzato sia attraverso un supporto fisico di carta e penna sia attraverso un software, l’unica comunicazione tra i giocatori è costituita dagli ordini di acquisto da valle verso monte, e il conseguente flusso di prodotti verso valle. La dinamica del game è studiata in modo da generare il cosiddetto effetto bullwhip, un ben noto problema di coordinamento nelle catene di fornitura secondo il quale la domanda espressa a valle si amplifica come ci si muove verso monte nella catena di approvvigionamento. L’assenza di comunicazione verbale tra i giocatori e la dinamica stessa del game sono alla base dell’effetto bullwhip, anche se spesso i giocatori ascrivono, almeno in un primo momento, i problemi a cause esterne nel tentativo di spiegare dove le loro decisioni falliscano nell’ottenere i risultati desiderati. Nonostante alcune critiche mosse al game in varie fasi, specialmente relative alla sua effettiva rappresentatività di una supply chain moderna (si ricordi quanto discusso in precedenza circa il livello di dettaglio), esso è probabilmente uno dei più noti e giocati nell’ambito dei corsi di formazione in supply chain management grazie alla relativa semplicità di realizzazione e all’efficacia nel trasmettere i concetti di coordinamento e visibilità, essenziali per il buon funzionamento di una filiera.
Nel tentativo di superare le limitazioni del beer game, il Lean Leap Logistics Game (LLLG), ispirato al beer game stesso, introduce ulteriori elementi di realismo, al fine di fornire una miglior rappresentazione della realtà. In particolare, il LLLG include un maggior numero di livelli della supply chain, due differenti tipi di prodotti, tempi di setup, aspetti di qualità e capacità di processo. A differenza del beer game, non viene introdotta alcuna variazione nella domanda. Tuttavia, il sistema quasi invariabilmente sperimenta una amplificazione del segnale di domanda: è sufficiente che solo un giocatore prenda una decisione non allineata con quella degli altri affinché l’intera filiera sperimenti un sostanziale oscillazione. Il game introduce la comunicazione tra i giocatori in un secondo momento (all’inizio è vietata, come nel beer game), permettendo ai giocatori di verificare come tale possibilità influenzi le proprie scelte e i risultati ottenuti. Il risultato è solitamente un significativo miglioramento dell’affidabilità delle consegne e delle prestazioni in generale.
Un altro esempio di game, più orientato all’ambito logistico e operations management, è rappresentato dal Logistic Game® sviluppato presso l’Università degli Studi di Padova. Esso consiste nell’applicazione, attraverso fasi successive, di una serie di decisioni che influenzano le prestazioni del sistema attraverso il dimensionamento del parco macchine e dei relativi impianti di movimentazione. Nel game, infatti, viene richiesto di riprogettare il sistema di produzione di un’azienda, mantenendo invariato il processo produttivo che consiste di tre sottosistemi principali: un sistema di produzione, un sistema di movimentazione dei materiali e un sistema di assemblaggio, ottimizzando i flussi fisici e informativi e minimizzando l’utilizzo di risorse. Il modello di simulazione sottostante il game permette ai giocatori di avere un feedback realistico rispetto alle scelte di dimensionamento prese. Il processo decisionale è un processo iterativo in cui ad ogni passo i giocatori acquisiscono esperienza, possono condividerla con gli altri e, utilizzando i dati di input disponibili, definire nuove strategie eventualmente rivedendo le decisioni prese in precedenza.
Questi tre brevi esempi sono a nostro avviso molto significativi, seppure limitati all’ambito del supply chain management. Ovviamente, esistono molti altri game orientati allo sviluppo di altre capacità, dalla negoziazione alla gestione dei progetti.
Conclusioni
In molti ambiti della formazione (si pensi al campo dell’ingegneria in generale e, per quello che ci riguarda, agli ambiti della gestione d’impresa) vi è la necessità di testare, in un vero e proprio ambiente simil-industriale, la capacità delle persone di affrontare decisioni strategiche reali ei loro effetti.
In conclusione, non è nostra intenzione postulare l’adeguatezza dei serious game a qualsivoglia contesto di formazione. Infatti, non ci sono ancora conclusioni definitive a riguardo, sebbene molte indicazioni esistenti in letteratura in materia di apprendimento basato sul gioco dimostrano che i serious games possono accelerare l’apprendimento, aumentare la motivazione, nonché sostenere lo sviluppo di capacità e di pensiero cognitivo.
Particolarmente interessante, dal nostro punto di vista, risulta essere la possibilità di utilizzare i serious game come una forma di “coproduzione” di conoscenza, che potrebbe superare le barriere tradizionali tra la componente accademica e la componente pratica nel trasferimento di conoscenza.
Sicuramente, come discusso nell’introduzione, le nuove generazioni di nativi digitali richiederanno strumenti didattici differenti; la grande sfida è quella di dimostrare l’efficacia ed efficienza dei serious game come strumenti educativi e pedagogici.
Non ci resta che iniziare a giocare!
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