“L’inevitabile non succede mai, perché succede sempre l’imprevedibile”. Nicola Costantino apre il suo intervento alla tappa di Bari di
FabbricaFuturo 2023 citando John Maynard Keynes. Gli eventi imprevedibili degli ultimi quattro anni li abbiamo chiari davanti a noi: pandemia, guerra russo-ucraina e il recente confitto tra Israele e Hamas. A questi si aggiungono altri pericoli – altrettanto evidenti – ma troppo spesso ignorati:
lo sviluppo delle tecnologie, l’Intelligenza Artificiale (AI) su tutte, e il cambiamento climatico. Quali le conseguenze sull’industria manifatturiera?
Prima di cercare delle risposte può essere utile allargare lo sguardo allo stato di salute della nostra società. Ci pensa il Censis a restituirci, ogni anno, un’istantanea e nel 2023 i termini utilizzati per definirci sono tutt’altro che rassicuranti:
l’Italia è un Paese di sonnambuli, inconsapevoli della fragilità del nostro sistema messo a rischio dall’inverno demografico. Il
57esimo rapporto Censis ci dice che nel 2040 solo una coppia su quattro avrà figli, nel 2050 ci saranno 4,5 milioni di residenti in meno e le persone in età lavorativa saranno calate di 8 milioni di unità.
Con questi numeri sarà difficile garantire la continuità del sistema produttivo. Ne siamo consapevoli? Pare di no. Il rapporto del Censis ha definito lo stato nel quale si trovano gli italiani come “ipertrofia emotiva”: siamo impauriti da eventi apocalittici e questo rende faticosa la progettualità per ricercare di soluzioni che invertano la rotta e si cercano ricompense immediate per rendere meno temibile il presente, senza ricercare strumenti per progettare il futuro. È questo il tempo dei ‘desideri minori’ e ciò spiega come il sacrificio per costruirsi una carriera perda di appeal.
Con queste premesse,
su quali basi sarà possibile garantire la sostenibilità del sistema? Che strumenti hanno le imprese per adattarsi a situazioni che cambiano in maniera, appunto, imprevedibile? Il primo suggerimento è di raggiungere una dimensione adeguata al proprio mercato di riferimento. Gianfranco Dioguardi ha sempre sostenuto che “
piccolo è bello, ma grande, a volte, è necessario”. Solo grazie a un percorso di crescita e acquisizioni è possibile avviare processi trasformativi che impattano sul nostro futuro, ma occorre raggiungere una dimensione adeguata per investire in tecnologia e ricerca, accedere a finanziamenti e risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
E servono competenze, ma i divari rischiano di rallentare un processo di digitalizzazione ostacolato da diversi fattori: culturali, infrastrutturali e di capacità progettuale
. Natura non facit saltus, ha scritto Linneo, ma il concetto era già stato anticipato da Leibniz. Riletta oggi, questa affermazione ci dice che non è possibile lavorare con le più moderne tecnologie, pensiamo all’AI, senza conoscere le piattaforme, che possiamo considerare datate, ma che sono largamente in uso nelle nostre organizzazioni. Il tema delle competenze, e del loro sviluppo, rappresenta dunque una questione chiave per la sostenibilità del nostro sistema manifatturiero e, per questo,
nel nostro progetto FabbricaFuturo intensificheremo il dialogo con le Its Academy.
Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 sceglie di diventare imprenditrice partecipando all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige Sistemi&Impresa e pubblica dal 2008 su Persone&Conoscenze la rubrica che ha ispirato il libro uscito nel 2009 Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie pubblicato nel 2012.Le riflessioni sul lavoro femminile hanno trovato uno spazio digitale sul blog www.dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager.