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Persone e tecnologia, l’innovazione secondo Mep

Produzione_persone

Era il 1966 quando un brillante geometra friulano realizzò la prima staffatrice al mondo: la macchina che taglia e piega il ferro e l’acciaio per creare, appunto, la staffa, una forma chiusa di giunzione come unità elementare nelle armature delle costruzioni che entra nell’Edilizia per dare forza e sostegno al cemento e al calcestruzzo armato. Attorno alla forza di questo brevetto nasce l’azienda Macchine elettroniche piegatrici (Mep), una realtà fortemente tecnologica – a oggi presente in 138 Paesi del mondo – e il cui fatturato, per più del 92%, è realizzato all’estero.

“Dobbiamo molto al territorio in cui siamo nati: il Friuli-Venezia Giulia. La nostra comunità e il distretto industriale a cui apparteniamo rappresentano uno spazio umano e sociale eccellente nell’applicare nuove conoscenze, tecnologie e forme organizzative e aziendali di sviluppo economico. È un luogo in grado di attrarre competenze, mantenendo il forte registro morale del ‘fogolâr furlan’, il focolare domestico attorno al quale ci si riunisce, che trascende la famiglia in senso stretto e si estende alla comunità, alla cultura (relazionale, civica, tecnica e umanistica) come valore vitale da custodire al pari della salute della civiltà”, ha raccontato Vito Rotondi, CEO Managing Director di Mep, secondo cui il successo dell’azienda è dato da un modello di governance olistico-educativo-maieutico, capace di mettersi in ascolto delle persone.

Il manager è intervenuto nel corso della tappa di Treviso di FabbricaFuturo, il progetto multicanale promosso dalla casa editrice ESTE (editore del nostro web magazine), di cui Fabbricafuturo.it rappresenta la testata di riferimento per i contenuti.

L’azienda come piattaforma

Quello che, secondo Rotondi, ha fatto la differenza per un’azienda come Mep è la capacità di vedere il futuro sulla scorta degli apprendimenti e la cultura dell’adattabilità dei modelli del passato all’imprevisto, imprevedibile e mutevole futuro. Le conoscenze dalla formazione e gli apprendimenti dall’esperienza (disciplinate dalla cultura) permettono di fissare lo sguardo ‘oltre’ solo all’interno di un’azienda cosiddetta ‘ambidestra’ o, in altre parole, in un’azienda intesa come piattaforma multifunzionale, integrata e umano-sostenibile: inclusiva, intelligente, competitiva, civile.

Un’organizzazione ambidestra è in grado di conciliare stabilità ed efficienza con l’innovazione. “Questo modello implica la capacità di integrare tutte le funzioni, fondamentale per garantire la continuità, elemento alla base della resilienza: affrontando la pandemia da Covid-19 e fronteggiando la guerra Russia-Ucraina, abbiamo preservato il nostro business, e questa è la base da cui partire per innovare. La piattaforma è il substrato elementare, la sovrastruttura della tecnologia che ne assorbe tutte le potenzialità e le declina sulle risorse aziendali”, ha specificato il CEO Managing Director.

A questi fattori, come si accennava in precedenza, l’impresa friulana affianca la dimensione di una governance olistica. Per costruire il futuro di un’azienda, secondo il manager, non basta guardare alle ‘buone pratiche’ (Good labour practice, Good manufacturing, Ricerca e Sviluppo) e neppure imporre asetticamente Best practice; esse si devono conciliare con le capacità di ascolto dei propri lavoratori per valorizzarne il know how.

“La digitalizzazione è una grandissima opportunità di crescita, un propizio e irreversibile modello di sviluppo; ma si configura come uno strumento, un dispositivo della cultura e in quanto tale va sviluppato in funzione delle competenze degli operatori e delle operatrici, delle loro ambizioni, soddisfazioni, frustrazioni e del patrimonio di conoscenze intangibili che essi custodiscono sia faber sia cogitans”, ha aggiunto Rotondi.

Investire nel valore umano per avviare l’Umanesimo digitale

La forte identità tecnologica di Mep è innegabile, ed è imprescindibile dalla componente umana. Gli scenari futuri ci parlano di Society 5.0 e di Umanesimo digitale: prospettive in cui la digitalizzazione è in funzione delle persone, le quali ricoprono una posizione centrale nell’impresa, nella società, nell’ambiente e nel lavoro.

Per Rotondi è fuorviante pensare che la dignità umana ostacoli il profitto o il raggiungimento dei risultati: “In azienda abbiamo lavoratori fantastici, che quando ascoltano il rumore della macchina tuttora rilevano una diagnosi migliore di qualunque alternativo modello digitale. È l’umano che migliora il digitale, realizza con il medesimo il progresso per entrambi e genera la crescita della tecnologia”. Ciò che garantisce la crescita alle migliori competenze in una società civile, altrimenti diseguale, è la conoscenza; dunque, dal 2016, l’azienda friulana ha investito nella Mep Business School, una scuola di formazione calata sui propri prodotti, con un’offerta formativa non solo tecnica e tecnologica, ma trasversale: culturale, umanistica, inclusiva.

“Dobbiamo assicurare la massima formazione, intesa anche come ‘apprendimento operativo’. All’interno dell’azienda, per esempio, abbiamo una scuola per saldatori: i giovani che arrivano dall’Istituto tecnico devono diventare i migliori al mondo nel campo; senza tale spinta all’apprendimento la distanza tra l’obiettivo e il risultato è destinata a rimanere infinita”, ha commentato l’Amministratore Delegato.

In un momento in cui è ricorrente pensare all’imprevedibilità, il motto di Rotondi è che “il futuro si impara”. Investire sulle persone e sulle loro competenze significa dotarle di strumenti per attraversare il cambiamento. E non subirlo.

Macchine elettroniche piegatrici, Mep, Umanesimo digitale, Vito Rotondi


Martina Midolo

Classe 1996, Martina Midolo scrive di cultura d’impresa e si occupa di social media. Per FabbricaFuturo conduce il podcast Storie dell’Italia che produce.