Accrescere la sicurezza in fabbrica e il valore d’impresa con l’ergonomia
È risaputo che la pianificazione e le politiche di gestione della produzione, anche quando svolte in modo rigoroso, non sono sufficienti per ottenere sistemi efficienti. A conferma di ciò, si stima che più del 65% dell’efficienza di un sistema produttivo venga perduta a causa di una progettazione non ottimale delle aree di fabbrica e che, grazie a una buona organizzazione fisica delle stesse, la spesa connessa alla programmazione delle attività operative e alla gestione dei materiali si possa ridurre di oltre il 40%. Oltre al miglioramento degli indici di efficienza, un ulteriore vantaggio legato a una buona (ri)progettazione delle aree di lavoro risiede nell’eliminazione dei colli di bottiglia, con un conseguente aumento dei volumi di produzione e una riduzione dei tempi ciclo.
In sostanza, un buon (re)design porta non solo a una migliore produttività, ma anche a un abbattimento degli stock intermedi e dei tempi di attraversamento, favorendo così una maggiore flessibilità ed efficienza del sistema produttivo. Proprio partendo da queste considerazioni, molte aziende hanno intrapreso negli anni progetti di riorganizzazione delle aree di lavoro nelle proprie fabbriche. Se i vantaggi ottenuti sono stati certamente buoni, in quei contesti dove l’attenzione è stata posta non soltanto in relazione all’ottimizzazione dei processi, ma anche alla riduzione dei sovraccarichi ergonomici, fisici e mentali, i risultati ottenuti sono stati ancora più significativi.
In altre parole, in quei contesti dove in ottica di lungimiranza ci si è adoperati per progettare un sistema produttivo volto ad assicurare la salute della forza lavoro, oltre all’integrità del patrimonio impiantistico, sono stati ottenuti vantaggi considerevoli, che non solo, come ampiamente anticipato, riguardano una maggiore produttività, tempestività ed efficienza, ma coinvolgono importanti benefici in ottica di sicurezza, salubrità, benessere e crescita dei lavoratori. Alcuni esempi di successo proposti in questo articolo ci spiegano come sia possibile integrare la dimensione ergonomica nella (ri)progettazione delle aree di lavoro.
L’ergonomia dell’ambiente di lavoro porta a vantaggi competitivi
Con “ergonomia”, parola derivante dalla composizione dei termini greci “érgon” (“lavoro”) e “nomos” (“legge”), si intende quella disciplina che ha come oggetto lo studio dei fattori antropometrici, fisiologici e biomeccanici dell’interazione dell’essere umano con i sistemi, in relazione alle componenti prevalentemente fisiche delle attività. Il fine ultimo è l’adattamento delle condizioni di lavoro alle esigenze delle persone, in rapporto alle loro caratteristiche e attività. Nata per studiare e far rispettare nella progettazione una serie di norme che tutelino la vita del lavoratore e che accrescano l’efficienza e l’affidabilità dei sistemi uomo-macchina, l’ergonomia in ambito industriale ha nel tempo allargato il proprio campo di applicazione, espandendo il proprio orizzonte da una dimensione prettamente fisica, ovvero focalizzata ad analizzare i fattori di rischio per l’insorgenza di disturbi o di malattie professionali per gli operatori, a una dimensione cognitiva, interessata a valutare gli effetti dell’ambiente sui processi mentali dell’individuo, quali percezione, attenzione e memoria. Attualmente l’obiettivo dell’ergonomia è quello di contribuire alla progettazione di oggetti, macchine, servizi, ambienti di vita e di lavoro perché rispettino i limiti dell’essere umano e ne potenzino le capacità operative. L’adozione di princìpi ergonomici non riguarda, quindi, soltanto l’adattamento delle attrezzature alle caratteristiche antropometriche e anatomiche degli individui, in funzione delle posture che essi assumono quando compiono le attività, degli sforzi e della movimentazione dei carichi e della relativa manipolazione di strumenti, ma si occupa anche dell’organizzazione e dell’ambiente del lavoro, del suo contenuto e delle modalità attuative, affinché questo risulti ‘a misura d’uomo’. In altre parole, la buona progettazione di un ambiente operativo secondo i dettami ergonomici non mira soltanto a evitare danni fisici e sovraccarichi ai lavoratori, contribuendo a ridurre notevolmente il rischio di infortunio e ad assicurare la creazione di una soluzione globale ai problemi legati alla sicurezza e al benessere fisico della persona, ma anche a salvaguardarne la sua psicologia, in quanto un soggetto che non riesce a svolgere in maniera efficiente ed efficace i propri compiti tende a interiorizzare e a vivere nel disagio. In tale contesto, un ambiente di lavoro ergonomico può portare a evidenti vantaggi competitivi e a cospicui risparmi, considerato che una postazione e/o un’area ottimizzata in questo senso consente di ottenere un contesto operativo affidabile, dove è possibile definire livelli di priorità corrispondenti all’ottenimento di benefici, in uno scenario in cui le scelte e i cambiamenti sono valutati nella loro dimensione sistemica e non affrontati in maniera casuale o disorganica.L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Giugno 2022 di Sistemi&Impresa.
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