Pastiglie Leone, nella fabbrica del futuro la sfida è collaborare in modo nuovo
Coniugare unicità, artigianalità e storicità alle esigenze produttive per restare al passo con i tempi: questo l’obiettivo del percorso di trasformazione intrapreso dall’azienda dolciaria piemontese Pastiglie Leone, fondata da Luigi Leone nel 1857 ad Alba. Nel 2018 l’organizzazione – con i suoi 10 milioni di fatturato e 70 dipendenti – passa nelle mani di Luca Barilla (vicepresidente dell’omonimo gruppo), di Michela Petronio e dei suoi figli.
Investire nella storica azienda dolciaria piemontese è una scelta che Luca Barilla e la sua famiglia fanno a titolo personale, con la volontà di sviluppare e valorizzare il marchio nel rispetto della tradizione anche attraverso l’inserimento di alcuni collaboratori strategici con un’esperienza passata in Barilla come l’Amministratore Delegato Massimo Pozzetti e il direttore dello stabilimento Silvano Scaccaglia. “La sfida di Pastiglie Leone oggi è mantenere gli archetipi che hanno reso celebre il brand e crescere, lanciando nuovi prodotti e arrivando alle nuove generazioni”, spiega Silvano Scaccaglia, Operation Director di Pastiglie Leone, che a inizio aprile 2022 ha partecipato alla tappa di Torino di FabbricaFuturo, il progetto multicanale della casa editrice ESTE, focalizzato sulla narrazione e l’analisi dei megatrend del settore manifatturiero.
Gestire le difficoltà di approvvigionamento e prezzi
L’identità del marchio Pastiglie Leone passa, da sempre, dal packaging. Dalle lattine tascabili in metallo alle più recenti confezioni in cartone riciclabile, in fatto di confezionamento l’impresa è sempre stata all’avanguardia. La produzione, però, risente delle incertezze economiche dei mercati internazionali. Gli ostacoli riguardano il fatto che la stampa e la realizzazione delle confezioni sia in parte realizzata all’estero: “Registriamo ritardi, il tempo medio di fornitura è raddoppiato, passando da tre a sei mesi. Sentiamo l’esigenza di riportare alcune produzioni in Italia, ma nel nostro Paese si è perso parte del know how legato ad alcuni settori, per esempio quello della stampa su latta,” spiega il manager. Per quanto riguarda, invece, la produzione delle pastiglie composte al 95% da zucchero, è necessario fare i conti con l’aumento dei prezzi della materia prima, causato dal conflitto sui confini Est dell’Europa: lo zucchero ha registrato un aumento superiore al 50%. Sempre come conseguenza della guerra in Ucraina è la diminuzione delle coltivazioni di barbabietole da zucchero, sacrificate per produrre internamente più cereali. “La nostra filiera dello zucchero è italiana, ma è ugualmente impattata dalla situazione economica europea e mondiale. Avevamo previsto gli incrementi nei prezzi, ma abbiamo dovuto rivedere ulteriormente i budget, perché non ci aspettavamo aumenti di questa portata”, ammette Scaccaglia.Coniugare la digitalizzazione 4.0 con la produzione artigianale
Lo zucchero è l’ingrediente principale di un processo produttivo che è ancora quello tradizionale, messo a punto dal fondatore nel 1857. Anche il cioccolato Leone nasce da soli tre ingredienti e con un processo produttivo lento, che vede in funzione le tecnologie di un tempo (per esempio la lavorazione artigianale su pietra). Le nuove tecnologie devono essere introdotte con cautela in un’azienda che vuole mantenere alto il suo livello di artigianalità: “Rappresentiamo il classico esempio di azienda familiare italiana chiamata a coniugare qualità e tradizione con le nuove richieste del mercato. Un percorso di transizione che passa necessariamente per un processo di digitalizzazione, anche per governare una continua crescita delle referenze. Sperimentiamo nuove forme di governo e occorrono tecnologie robuste che supportino un’evoluzione ormai avviata”, conferma Scaccaglia. Automazione di attività di movimentazione e sistemi per il controllo di qualità come visioni elettroniche si stanno sempre più sostituendo al lavoro delle persone, sgravandole da compiti prettamente fisici. In produzione si sta passando progressivamente dal rapporto diretto 1 a 1 tra attività e operatore a una modalità di lavoro che ha come obiettivo la gestione del processo nella sua interezza. Prendendo a prestito un parallelo calcistico, da una gestione a uomo a una gestione a zona: “La sfida non è gestire l’interazione degli esseri umani con la macchina, ma fare in modo che i team governino i processi su tutta la linea di produzione. Le persone devono accettare un nuovo modulo di gioco. La complessità non deriva dalla tecnologia, bensì dalla diversa modalità di interagire ‘sul campo’. Per questo occorrono nuovi modelli di leadership”, commenta il manager. Per supportare le persone in questo percorso di trasformazione , l’azienda ha iniziato un percorso di formazione, che vede il personale coinvolto in due fasi: la prima, teorica, in aula, per apprendere elementi concettuali fondamentali; la seconda focalizzata sui percorsi formativi quotidiani in fabbrica, in modo che ognuno possa mettere in pratica ciò che ha appreso a livello teorico. Il futuro dello storico brand piemontese non passa solo dalle tecnologie, ma dal personale e dai modelli di leadership, nuovi ingredienti da conciliare con quelli della tradizione.L’intervista integrale è pubblicata sul numero di Marzo 2022 di Sistemi&Impresa.
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Giornalista professionista, Cecilia Cantadore ama raccontare storie di persone e imprese. Dopo la laurea magistrale in Culture e Linguaggi per la Comunicazione all’Università degli Studi di Milano, è entrata nel mondo dell’editoria B2B e della stampa tecnica e professionale lavorando per riviste specializzate. Scrive di cultura aziendale, tecnologia, business e innovazione, declinando questi macro temi per le testate cartacee e online con cui collabora come freelance. Dedica il suo tempo libero alla musica, ai viaggi e alle camminate in montagna.
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