Costruire la fabbrica del futuro: prospettive e sfide per l’uomo
Gli ultimi anni sono stati per l’industria manifatturiera italiana (e non solo) particolarmente ricchi di novità e di stimoli sul fronte dell’innovazione tecnologica. Non è esagerato parlare di una vera e propria ondata dirompente che ha posto le imprese di fronte a nuove sfide riguardanti i propri processi produttivi, nonché l’intera organizzazione e il modello di business, con inevitabili ricadute sulla sfera del lavoro.
Il rilievo di questa ondata è tanto elevato da far parlare di una quarta rivoluzione industriale: il termine “Industria 4.0” è così diventato ricorrente in ambito professionale, insieme con le numerose questioni sul futuro del lavoro.
La tecnologia – vista a fasi alterne come minaccia e panacea – porta con sé un potenziale di cambiamento radicale nel mondo del lavoro: in questo ambito il fattore umano svolge, in molti casi, un ruolo centrale sia nella produzione in senso stretto sia in tutte quelle attività ausiliarie che vi ruotano attorno, quali la manutenzione, la logistica e i trasporti.
Di fatto, le tecnologie caratterizzanti l’Industria 4.0 citate nel Piano Nazionale Industria 4.0 del 2016 a supporto degli investimenti innovativi da parte delle imprese (Internet of Things, Additive manufacturing, Advanced manufacturing solutions, ecc.) sono in grado di ricoprire svariati ruoli all’interno dei sistemi manifatturieri tradizionali, andando a concorrere alla realizzazione di fabbriche intelligenti e interconnesse, o Smart factory. In tale scenario, appare sempre più evidente che il lavoro dell’uomo all’interno della manifattura è destinato a subire una trasformazione su più fronti.
Il tema che emerge da questo contesto – e che in modo sintetico e semplicistico, ma allo stesso tempo efficace, possiamo identificare con il termine “Lavoro 4.0” – è di grande interesse per l’industria, in quanto soggetto direttamente interessato nella misura in cui impiega i lavoratori; per la società civile, composta dagli stessi lavoratori con le proprie istanze; e per il mondo accademico e della ricerca, in quanto il ruolo giocato dalle università nella formazione dei lavoratori di domani è cruciale e richiede uno sforzo nel comprendere quali saranno gli scenari futuri in cui si inseriranno i giovani che oggi percorrono il proprio corso di studi.
Le ricerche in corso permettono di evidenziare diversi aspetti della tematica, come per esempio il ruolo del lavoro dell’uomo all’interno della ‘fabbrica digitale’ con lo scopo di inquadrare questo fenomeno e di fornire un’analisi di quali saranno le ricadute nel tessuto industriale del territorio.
In questo articolo presentiamo alcuni risultati della ricerca in corso presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, dell’Informazione e della Produzione dell’Università degli Studi di Bergamo, ed emersi in occasione di un workshop cui hanno partecipato docenti universitari e imprenditori.
Sostenibilità sociale nella Manifattura e il Lavoro 4.0
In questi ultimi anni di grandi cambiamenti tecnologici emerge come prioritario lo sviluppo di uno scenario futuro di mondo digitale socialmente sostenibile, in cui la tecnologia è al servizio dell’uomo per migliorare la qualità della vita. Secondo uno studio del McKinsey Global Institute del 2018, nei contesti urbani la digitalizzazione ha contribuito ad aumentare dal 10% al 30% diversi indicatori di qualità della vita, in ambiti che spaziano dai Trasporti alla Sanità, dalla riduzione dell’inquinamento allo sviluppo economico.
Di fatto, anche nel mondo industriale, il tema della sostenibilità è di chiaro interesse per le aziende, in termini sia di sostenibilità economica sia di sostenibilità ambientale. Di più recente interesse è il concetto di sostenibilità sociale nei sistemi di produzione manifatturiera, che pone come obiettivo il soddisfacimento dei bisogni dei lavoratori presenti e futuri, in termini di sicurezza, inclusività, benessere fisico e psicologico, e formazione, legata alla progettazione di sistemi produttivi e luoghi di lavoro human centric (Pinzone et al., 2018).
In quest’ottica, i sistemi manifatturieri moderni possono essere considerati, a buon diritto, sistemi socio-tecnici nei quali crescente è l’esigenza di migliorare l’interazione tra i vari attori per garantirne l’efficienza e la competitività. Tuttavia, le tecnologie innovative, che nel giro di pochi anni pervaderanno le fabbriche del futuro (e in parte il concetto di Industria 4.0 stesso), molto spesso sono state associate all’ipotesi di scenari distopici in cui le macchine e i robot prenderanno definitivamente il posto degli operatori, realizzando così quell’idea di fabbriche a luci spente che già da qualche decennio è stata teorizzata.
Ma è proprio vero che i robot si impossesseranno di tutti i complessi ruoli che ricoprono oggigiorno gli uomini nelle fabbriche? Assolutamente no. Anzi, la dicotomia ‘uomo vs. macchina’ può essere ampiamente superata se si intravedono le potenzialità del binomio ‘uomo più macchina’.
Infatti, se si osservano le molteplici attività che oggi l’essere umano compie all’interno di un qualsiasi sistema produttivo, è possibile innanzitutto identificare diverse tipologie di attività e distinguere, per esempio, operazioni routinarie e non routinarie, così come azioni fisiche (o manuali) o cognitive. Possono quindi essere considerate routinarie-cognitive tutte le attività di gestione delle scorte o di pianificazione degli approvvigionamenti, mentre sono non routinarie manuali le attività di assemblaggio di prodotti one-of-a-kind ad altissima personalizzazione e specializzazione.
Sulla base di una tale semplice classificazione, diverse fonti sostengono l’ipotesi che l’automazione potrà facilmente sostituire tutte quelle attività ripetitive e routinarie, mentre sarà altamente improbabile che azioni cognitive e non ripetitive possano essere ricoperte da macchine o robot, almeno nel breve e medio periodo (McKinsey Global Institute, 2017).
Alcuni dati supportano questo trend: l’area delle mansioni ripetitive – siano esse cognitive o meno – è quella che maggiormente è stata aggredita dall’automazione e dalla digitalizzazione, in generale con una conseguente riduzione di posti di lavoro. Al contempo, sono cresciuti in misura più che proporzionale le mansioni di tipo non routinario, cognitive o manuali.
Al di là dell’esempio precedente, non c’è un consenso diffuso a livello internazionale su come la robotica, l’automazione e la digitalizzazione impatteranno sul numero di posti di lavoro, con stime che variano anche sensibilmente tra diverse organizzazioni (l’Oecd, Organisation for economic co-operation and development, ipotizza una riduzione di posti di lavoro del -9%, mentre l’Ilo, International labour organization del -60%).
Ciò che è certo è che in alcuni casi l’automazione diminuirà notevolmente la presenza di forza lavoro; in altri casi, invece, la tecnologia aumenterà il livello di complessità dei sistemi di produzione, non andando però a intaccare il numero complessivo di posti di lavoro, ma anzi concorrendo alla creazione di nuove figure professionali, ampliando così l’offerta lavorativa per le nuove generazioni. In questo senso, la tecnologia è vista come elemento complementare all’uomo – più che sostitutivo – nell’esecuzione di processi complessi e ad alto valore.
Pertanto, promuovere lo sviluppo di un sistema produttivo socialmente sostenibile è il primo passo per far sì che le trasformazioni digitali siano una concreta opportunità di sviluppo per le imprese, in grado di sfruttare al massimo le potenzialità delle risorse produttive. Ripensare i sistemi manifatturieri in ottica human-centered permetterà di utilizzare le tecnologie digitali a potenziamento delle capacità uniche e insostituibili dell’uomo, che continuerà a ricoprire un ruolo fondamentale nelle fabbriche del futuro.
L’articolo completo è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2019 di Sistemi&Impresa.
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Gli autori appartengono all’Università degli Studi di Bergamo
fabbrica futuro, industria 4.0, Tecnologie produzione