Il dibattito sul
ruolo dell’industria del settore manifatturiero nei processi di crescita delle economie e sulle politiche economiche necessarie al suo rilancio attribuisce un ruolo chiave allo sviluppo delle
nuove tecnologie digitali.
L’integrazione di queste ultime nei
processi produttivi – dall’automazione dei processi di fabbrica alla progettazione assistita fino all’utilizzo dei dati (in tempo reale) per la programmazione della produzione e la definizione degli ambiti di mercato – modifica in modo significativo la condotta strategica e operativa delle imprese, con impatti importanti sulla
struttura dell’industria e la creazione e distribuzione del valore lungo le filiere.
Gli effetti positivi dell’introduzione delle
tecnologie digitali non sono tuttavia uniformi tra le diverse tipologie di imprese, al netto della diversa permeabilità settoriale alle tecnologie. La marcata eterogeneità che ha contraddistinto la reazione delle imprese alle passate crisi assume connotati e intensità ancora più evidenti nel caso di adozione di tecnologie digitali, più impegnative e costose di altre forme di riorganizzazione strategica e competitiva. Ragionare su
chi reagisce alla crisi, come si muove e su quanto intensa sia la modificazione dei comportamenti delle imprese può essere utile per valutare alcune implicazioni del paradigma digitale.
In un quadro di apparente stazionarietà delle dinamiche industriali, sia nazionali sia regionali, il cluster di imprese di dimensioni intermedie mostra una
capacità di risposta più significativa – in termini comparati – di quella delle aziende collocate agli estremi della distribuzione dimensionale, cioè le micro e le imprese molto grandi. La
dimensione intermedia, in altre parole, sembra essere quella che più efficacemente coniuga la capacità di penetrazione in nicchie – molte volte mondiali – con la flessibilità della struttura organizzativa e la dotazione di risorse interne all’impresa.
In chiave dinamica, l’accento competitivo sembra favorire chi aspira a
percorsi di crescita significativa, spesso entro ristretti ambiti di mercato, investendo sulla generazione di competenze interne in grado di gestire le tecnologie nuove e i modelli organizzativi digitali.
Chi è più strutturato è avvantaggiato
Un’indagine in corso su un ampio campione di imprese manifatturiere e di servizi con sede nelle Marche fornisce alcune indicazioni sui percorsi di risposta del sistema delle imprese ai
nuovi scenari competitivi.
Innanzitutto, la gran parte dei progetti di adozione delle tecnologie digitali è sviluppata da imprese a
elevato livello di strutturazione, dotate di risorse umane e finanziarie in quantità sufficiente per gestire i
processi di riorganizzazione. Viceversa, le piccole aziende non sembrano ancora riuscire a beneficiare appieno delle potenzialità offerte dalle
nuove tecnologie, per loro natura scalabili facilmente anche verso la minore dimensione d’impresa. Ne deriva una lettura dei processi di adozione filtrata da una prospettiva strategica che vede le imprese più piccole caratterizzate da un
approccio passivo nella collaborazione di sistema e con un ruolo ancora prevalentemente produttivo nell’ambito della catena di fornitura.
In secondo luogo,
l’adozione di tecnologie digitali interessa in larga parte le fasi a monte del processo produttivo – cioè progettazione e produzione, mentre le fasi a valle (commerciale e servizio) hanno un peso minore. La collaborazione digitale si sviluppa prevalentemente in senso longitudinale e lungo la catena di fornitura, con rapporti più frequenti con fornitori e clienti e minore interazione con le società di ricerca e consulenza e i produttori di ricerca scientifica. Il quadro che ne risulta sottolinea il
connotato manifatturiero che ancora distingue molte delle adozioni osservate nel panel: se da un lato questo costituisce un naturale esito del processo di specializzazione dei produttori, dall’altro il permanere generalizzato di queste pratiche rischia di smorzare il potenziale innovativo che le tecnologie possono avere quando applicate nelle fasi commerciali e di servizio.
In terzo luogo – e ancora connesso con la dimensione d’impresa – le modalità di adozione delle tecnologie digitali sembrano privilegiare le
applicazioni verticali (una o poche tecnologie su specifici ambiti produttivi) a scapito delle applicazioni trasversali (più tecnologie in diversi ambiti), più ridotte e limitate a pochissimi casi. In questo secondo caso, tuttavia, la performance competitiva post-adozione evidenzia risultati significativamente migliori per le imprese più attive, che conseguono livelli di performance superiore al confronto di impese simili per dimensione e collocazione settoriale.
Infine, la
produzione di dati – come aspetto qualificante della effettiva applicazione di tecnologie digitali in azienda – è appannaggio delle imprese di dimensione più elevata. Nella classe dimensionale delle imprese con meno di 50 addetti,
solo un’impresa su cinque produce e tratta dati da usare nel processo produttivo, mentre la stessa pratica è osservata in almeno
quattro imprese su cinque in quelle con oltre 250 dipendenti. Anche se prevedibile, tale evidenza conferma ulteriormente il diverso ruolo – attivo e passivo – che la generazione e il trattamento di dati a fini produttivi assume nelle imprese in relazione alla loro dimensione e al loro percorso di crescita.
Tecnologie digitali e modelli di business
Connesso a quanto appena richiamato è il ruolo delle tecnologie digitali come fattori abilitanti
l’adozione di nuovi modelli di business. Nella survey, circa il 10% delle oltre 500 imprese contattate ha dichiarato di aver introdotto negli ultimi due anni un modello di business significativamente cambiato rispetto al precedente e questo grazie all’uso delle tecnologie digitali. La disaggregazione dimensionale delle imprese – e la loro ripartizione in industria e servizi – non evidenzia particolari segnali di polarizzazione, confermando come la relazione di tali tecnologie con l’innovazione nei modelli di business costituisca un fattore abilitante legato più a motivazioni strategiche e imprenditoriali che a fattori di scala e organizzativi. È evidente, invece, la
maggiore capacità reddituale delle imprese che si avviano su questi percorsi, accanto alla loro considerevole capacità innovativa segnalata da una quota media di brevetti e trademark più che doppia rispetto alla media delle imprese che non mutano il modello di business.
Seppure contenuti, questi numeri segnalano la presenza di un
percorso di evoluzione qualitativa in atto, trainato da imprese che guardano alla competizione con un approccio rinnovato e basato sull’utilizzo strategico di strumenti tecnologici. In tale scenario, che si affianca e si integra con il più vasto processo di diffusione delle tecnologie digitali nel sistema manifatturiero, è auspicabile che si sviluppino iniziative miranti ad agevolare la
transizione del sistema da un focus sulle competenze produttive a un assetto basato sulla capacità di rete di trasferire e utilizzare le informazioni rilevanti.
Questo passaggio potrebbe costituire una potente leva di accelerazione della
riconfigurazione dei sistemi produttivi a matrice manifatturiera sui quali è basata una larga parte della capacità competitiva del nostro Paese.