Agricoltura 4.0: l’IoT tra i vigneti di Frescobaldi
Se oggi possiamo ancora leggere la Commedia di Dante Alighieri, in parte, lo dobbiamo alla famiglia Frescobaldi. Nel 1302, infatti, il Sommo Poeta venne esiliato, vittima dell’inasprimento dei rapporti tra Guelfi e Ghibellini a Firenze e fu l’amico Dino Frescobaldi (poeta stilnovista a sua volta) a ospitarlo e a incaricare un conoscente comune di recuperare i primi sette capitoli dell’opera più importante della Letteratura italiana, supplicando Dante Alighieri di concluderla.
I marchesi Frescobaldi hanno scritto tante altre pagine importanti della storia e della cultura del nostro Paese (intrecciando i Medici e il Rinascimento, come banchieri e mecenati) e che hanno fondato l’omonima azienda vitivinicola, ancora oggi fiore all’occhiello del Made in Italy. Sembrerebbe che persino Michelangelo Buonarroti abbia scambiato opere d’arte per il vino dei Frescobaldi.
Prima azienda a testare in Italia metodi di produzione vinicola moderni, con l’innesto nel 1855 di vitigni Chardonnay, Cabernet e Merlot in Toscana, per volere dell’antenata Leonia degli Albizi che fece costruire la prima cantina ‘a gravità’, oggi è un Gruppo formato da diversi marchi – Tenuta Castiglioni, Castello Pomino, Castello Nipozzano, Tenuta Castel Giocondo, Tenuta Ammiraglia, Tenuta Remole – che fattura 100 milioni l’anno grazie anche ai sistemi informativi, come spiega Claudio Corgnati, CIO di Marchesi Frescobaldi: “L’azienda è cresciuta molto negli ultimi 20 anni perché abbiamo puntato sulla qualità e sull’innovazione”.
Il Gruppo ha una natura complessa. Ogni marchio, infatti, ha la sua lunga storia e la propria identità: “Sotto la stessa insegna, convivono aziende diverse e ognuna rappresenta un’eccellenza del territorio. La nostra mission è preservare le diversità e le peculiarità di tutti i prodotti, dalle uve ai vini, così come l’olio”. Sì perché Marchesi Frescobaldi non è solo vino, ma anche ‘oro verde’ con il marchio Laudemio, frutto di un Consorzio omonimo, nato nel 1986. L’olio Laudemio Frescobaldi viene prodotto con olive raccolte a mano e frante lo stesso giorno a temperatura controllata nel frantoio di proprietà.
Il nome lo deve a un’espressione medievale: laudemio, infatti, indicava la parte di raccolto riservata al signore, proprietario delle terre, ovvero la parte migliore del raccolto. “Dalla terra, alla tavola”, tutta la produzione è monitorata: “I sistemi informativi ci permettono di tenere sotto controllo l’intera filiera, dai terreni, passando per l’imbottigliamento, alla distribuzione in Italia e all’estero, fino ai cinque negozi che vendono i nostri prodotti e ai due ristoranti di cui siamo proprietari”.
Le tecnologie sono arrivate molto presto tra i filari dei vigneti, già nel 1996 quando in azienda è arrivato l’attuale Amministratore Delegato, Giovanni Geddes da Filicaja, che ha portato con sé un forte spirito innovativo: “Grazie alle sue idee, è iniziata la nostra più che ventennale collaborazione con Replica Sistemi che all’epoca era nata da poco, ma aveva già acquisito un’ottima competenza nel settore vitivinicolo. Motivo per cui l’abbiamo scelta. Oltre alla specializzazione, abbiamo trovato sempre una grande disponibilità nel seguire i nostri numerosi progetti. In questi anni siamo cresciuti insieme”.
Settecento anni e 30 generazioni, passate tutte dalla Tenuta di Castiglioni in Val di Pesa, a pochi chilometri da Firenze, oggi a guidare l’azienda c’è Lamberto Frescobaldi, 53 anni, soprannominato il ‘Marchese contadino’: “Nonostante i grandi numeri, la nostra è e resterà un’azienda a conduzione familiare, con una forte vocazione all’export”. L’etichetta dei marchesi toscani, infatti, è molto apprezzata fuori dai confini nazionali: “Distribuiamo il 40% di prodotti in Italia, il resto all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, in Germania e in Canada, ma arriviamo in 60 Paesi nel mondo”.
Marchesi Frescobaldi non esporta solo il vino, ma anche la cultura toscana ed è un biglietto da visita per il nostro Paese: “Uno dei fattori della nostra crescita, oltre alla qualità dei prodotti, è l’aver portato avanti una proficua attività di marketing affinché con le nostre bottiglie di vino viaggiassero anche le innumerevoli eccellenze del territorio. Sui mercati esteri facciamo squadra con le altre aziende italiane per promuovere il nostro Paese”.
Nel 2018 sarà avviato un progetto di IoT legato alla gestione dei vigneti: “Abbiamo dei sensori che rilevano le piogge e analizzano il terreno dal punto di vista biologico. Dopo avere introdotto l’uso dei droni, dal prossimo anno vogliamo connettere le tecnologie già presenti nella filiera agricola utilizzando l’IoT”. Anche l’imbottigliamento è direttamente gestito dall’azienda: “Soprattutto l’ultima parte della catena è automatizzata e anche se abbiamo già introdotto molti macchinari, non pensiamo che entreranno in azienda a stretto giro dei robot, soprattutto quelli collaborativi”.
Marchesi Frescobaldi utilizza delle bottiglie ‘speciali’, nate per tutelare l’ambiente, grazie alle quali è stato ridotto l’impiego di vetro, con la conseguente diminuzione del consumo di energia e acqua per il processo produttivo e di emissioni di anidride carbonica durante la produzione e il trasporto: “Grazie a queste nuove bottiglie prevediamo di ridurre l’emissione di anidride carbonica di oltre 350 tonnellate l’anno”, si legge sul sito dell’azienda toscana.
E se la produzione avviene all’interno dell’azienda, la distribuzione è stata affidata all’outsourcing: “Abbiamo avviato già da anni una partnership con un distributore che ci assicura la consegna in tutta Italia in massimo due giorni lavorativi”. Per gestire gli ordinativi già nel 1999 era stato introdotto in azienda un sistema informativo: “Non è solo una piattaforma di gestione, ma questo sistema ci consente di elaborare anche una resoconto statistico. Ora è in via di aggiornamento, affinché riesca a dialogare con gli altri sistemi presenti in azienda”.
In questo modo tutta la filiera è costantemente monitorata. In un’azienda così strutturata che dialoga molto con l’estero è fondamentale mantenere un altro grado di sicurezza: “Dal 2008 abbiamo deciso di esternalizzare la gestione della sicurezza informatica. La nostra banca dati, così come i service e le telecomunicazioni, è gestita da Var Group, una società di Empoli. Grazie ai loro sistemi, per esempio, ogni giorno abbiamo il backup dei dati dai nostri pc”.
Insomma, un’azienda pluricentaria che però viaggia verso l’innovazione, favorita anche dall’età media molto bassa dei dipendenti: “C’è molto turnover e questo ci consente di avere un’età media intorno ai 35 anni, in tutti i settori, dall’agraria, al commercio, dal marketing, all’imbottigliamento”.
Elisabetta de Luca, laureata in Lettere moderne all’Università “Federico II” di Napoli. Ha frequentato la scuola di Giornalismo di Napoli. Giornalista professionista. Collaboratrice e blogger per L’Huffington Post. Ha lavorato per testate cartacee e online, per la Rai e per Sky.
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