Smart Connected Product – L’impatto sul sistema aziendale
In uno scenario turbolento e dinamico come quello moderno, in cui le aziende mirano all’incremento del valore generabile dal proprio core business, puntando su outsourcing e forme di collaborazione sempre più spinte, si è reso ormai indispensabile controllare i diversi processi aziendali e gli spazi interfunzionali lungo tutta la value chain. Il mutare stesso dei prodotti (non più solo beni fisici, ma sempre più elementi olistici, tra cui molti servizi) sta generando un’infinità di informazioni da gestire e la conseguente crescita della complessità dei processi correlati, richiedenti uno sforzo di coordinamento ragguardevole. Tali mutamenti si riflettono inevitabilmente nella vita quotidiana delle imprese, demandando considerevoli investimenti in tecnologie informatiche strutturate e gerarchizzate, quali sono i sistemi ERP e PLM. In un certo senso, qualche cosa di simile è accaduto nella vita di ognuno di noi: siamo quanto mai inseriti in una serie di nuvole informative dalle quali facciamo quasi fatica a staccarci, avendo ormai intaccato i nostri stessi stili di vita.
Due tecnologie tra tutte stanno drasticamente cambiando le nostre abitudini: i social media (Facebook, YouTube, Twitter, Wikipedia, ecc.) e i numerosi device intelligenti di cui oggi giorno disponiamo e con cui interagiamo (smartphone, tablet, sensori e ricettori, ecc.). Il nostro è un mondo ormai fortemente connesso, in cui non solo le persone sono parte di un network potenzialmente globale, ma anche gli oggetti sono nodi della Rete. Le evoluzioni introdotte da queste tecnologie hanno impatto non soltanto sulla vita degli individui, ma anche su quella delle organizzazioni e sui processi in esse presenti. Tra tutti, il processo di innovazione è quello maggiormente investito, soprattutto perché è responsabile della creazione di nuovi prodotti (più o meno connessi) e servizi (più o meno social).
Non siamo i primi a renderci conto della trasformazione in corso, anzi. Un guru del management di caratura mondiale come Michael Porter (quello delle “5 forze” che tutti abbiamo studiato all’università negli ultimi 20 anni, vedi foto) ha speso gli ultimi quattro anni a occuparsi della trasformazione digitale in atto. I suoi due recenti articoli pubblicati su Harward Business Review How Smart Connected Products are transforming competition e How Smart Connected Products are transforming companies sono un ‘must-read’ per i decisori aziendali di tutto il mondo. La tesi di partenza di Porter, come quella di molti di altri, è che il mondo di oggi è sempre più conneso, anche a livello di beni e oggetti. L’esempio più semplice di oggetto connesso è lo smartphone che abbiamo in tasca, con cui possiamo accedere a Internet e a molti servizi, utilizzando la sensoristica installata (per esempio GPS, contapassi, ecc.). Smartphone, tablet, pocket PC sono solo un esempio degli oggetti connessi e intelligenti – Smart Connected Products – che compongono il paradigma impostosi negli ultimi anni, noto ai più con l’inglesismo di Internet of Things (IoT).
L’IoT, nato nei primi Anni 2000, è oggi una realtà affermata, con oltre 4 miliardi di oggetti connessi, in costante crescita. Secondo alcune stime, entro il 2020 (fonte Gartner, 2014) avremo oltre 25 miliardi di oggetti connessi in tutto il mondo. Anche grazie a questa crescita esponenziale, l’impatto economico che si stima di registrare nei prossimi anni sarà particolarmente cospicuo, superiore ai 6 miliardi di dollari. In questo contesto di grandi numeri e ingenti cifre, l’investimento in tecnologie IoT pare essere pressoché un passo obbligato per le aziende industriali, alla ricerca di leve competitive originali. C’è da aspettarsi che le aziende che non investiranno in queste tecnologie, rischieranno di vedersi erodere le proprie quote di mercato e, conseguentemente, ridursi ricavi e profitti, fino a vedere minata la propria sopravvivenza.
Gli Smart Product
Prima di tutto, occorre capire cosa si intende per prodotti smart, intelligenti e connessi. Cercando di schematizzare, è possibile definire gli Smart Connected Products come il risultato di tre elementi principali: • la componente fisica, che rappresenta le parti meccaniche ed elettriche del prodotto; • la componente smart, che rappresenta sensori, microprocessori, archiviazione dei dati, controlli, software (per esempio un sistema operativo integrato con un’interfaccia utente adeguata). La componente smart permette di aumentare le capacità e il valore dei componenti fisici; • la componente di connessione, che rappresenta porte, antenne e protocolli che con-sentono connessioni cablate o wireless con l’oggetto, amplificando le capacità e il valore della componente. Le funzionalità che tipicamente uno Smart Connected Product realizza sono una o più delle seguenti quattro abilità (Porter e Heppelmann, 2014): il monitoraggio, il controllo, l’ottimizzazione e l’autonomia. Come mostrato in Figura 1, tali funzionalità sono da considerarsi in ordine crescente (per esempio. non può esserci l’abilità di controllo senza il monitoraggio). Gli Smart Product richiedono un’adeguata infrastruttura tecnologica per essere utilizzati al massimo delle loro potenzialità. Quando parliamo di IoT, intendiamo descrivere una sorta di rete mondiale di oggetti (cose, ma anche persone) interconnessi in modo univocamente indirizzabile, basata su protocolli di comunicazione standard. In questa rete, i diversi attori interagiscono, scambiando dati e informazioni, reagendo autonomamente agli eventi, eseguendo processi che innescano azioni e creano servizi, anche senza intervento umano diretto. Con l’IoT, i componenti critici delle infrastrutture e dei servizi di amministrazione di una città, di un sistema di trasporti, o della gestione di utility energetiche possono essere oggigiorno resi più consapevoli, interattivi ed efficienti. Il numero di applicazioni abilitanti l’uso dell’IoT è enorme e dovrebbe crescere ulteriormente nei prossimi anni. Le applicazioni tipiche del mondo IoT si basano su quattro principali servizi, qui schematizzati: • servizi di riconoscimento identità, che consistono di due componenti principali (le cose, e il dispositivo di lettura, che leggono l’identità della cosa attraverso la sua etichetta). Le etichette possono essere sia attive (radiodiffusione delle informazioni grazie alla presenza di una potenza costante o di una batteria) o passiva (non avendo alcuna fonte di alimentazione necessitano di dispositivi esterni o meccanismi per trasmettere l’identità); • servizi di aggregazione delle informazioni, che si riferiscono al processo di acquisizione dati dai vari sensori, l’elaborazione dei dati e la trasmissione e comunicazione dei dati tramite l’IoT all’applicazione. In questo tipo di servizi le informazioni vengono raccolte e inviate attraverso la Rete a un’applicazione centrale per essere processate; • servizi collaborativi, che utilizzano dati aggregati per prendere decisioni, e sulla base di tali decisioni eseguire un’azione. L’IoT dovrebbe guidare allo sviluppo di servizi complessi che fanno uso di tutti i dati che possono essere raccolti dalla vasta rete di sensori e chiedere risposte alle informazioni raccolte per eseguire azioni; • servizi diffusi e ubiqui, che sono l’obiettivo finale dell’IoT. Un servizio diffuso non è solo un servizio collaborativo, ma vuole essere un servizio di collaborazione per tutti, tutto, in ogni momento, superando la barriera dei diversi protocolli tra tecnologie e unificando tutti gli aspetti della Rete. Gli Smart Product abilitati dalle tecnologie IoT stanno cambiando lo scenario dell’offerta economica e quindi della competizione, modificando il profilo di consumo e quindi i modelli di business. Oggetti connessi permettono… L’articolo completo è stato pubblicato sul numero di Settembre 2017 di Sistemi&Impresa. Per leggere l’articolo completo – acquista la versione .pdf scrivendo a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434419).IoT, Michael Porter, plm, smart connected products, social media, tecnologie manufacturing